Serafin
ha risposto ieri sul GdV all'onorevole Crimì del PD e chiede
all'onorevole di far parte del tavolo con loro , gli industriali e i
sindaci che insieme comapatti stanno chiedendo sia a Roma e sia in
Regione che i soldi per il reparto concia e bacino siano restituiti
(serafico?)
lunedì 29 febbraio 2016
domenica 28 febbraio 2016
ISDE Veneto emette un comunicato stampa sull'inadeguatezza della commissione PFAS
Blog di Vincenzo Cordiano
domenica 28 febbraio 2016
ISDE Veneto emette un comunicato stampa sull'inadeguatezza della commissione PFAS
Dopo
la recente pubblicazione del verbale della seduta del 13 gennaio u.s. della
Commissione tecnica che si occupa della contaminazione delle falde acquifere e
della catena alimentare da PFAS in Veneto, il Coordinamento delle sezioni
provinciali venete dell'associazione medici per l'ambiente-ISDE Italia
onlus, condivide le preoccupazioni e perplessità della responsabile della
commissione.
Nel verbale
si mettono in luce gravi lacune nella gestione dell’emergenza rappresentata
dalla contaminazione delle acque da PFAS, che riguarda circa 350.000 persone di
60 comuni veneti. Affiorano chiaramente difficoltà e inadeguatezze in seno alla
stessa Commissione mista Regione Veneto-Istituto Superiore di Sanità nell’affrontare
e governare il grave inquinamento ambientale. Nessuno dei Membri della Commissione, tranne uno,
pare si sia mai occupato prima del 2013
in modo specifico di PFAS. Per questo motivo nell'autunno 2014 la nostra
associazione aveva chiesto, senza ricevere ad oggi risposta alcuna,
l'inserimento nella suddetta commissione di esperti indipendenti come il professor Tony Fletcher, della
London School of Hygiene and Tropical Medicine, Londra.
In considerazione della
gravità della situazione venutasi a creare, il Coordinamento Regionale Veneto ISDE,
ribadisce la propria disponibilità a
collaborare con le istituzioni suggerendo qualificati membri dell’associazione di
comprovata competenza ed esperienza da inserire nella commissione e ripropone
il nome del professor Fletcher, che fece parte del gruppo di esperti
indipendenti nominati dal tribunale dell’Ohio per gestire il caso PFAS
provocato dalla Dupont.
ISDE Veneto
chiede pertanto alla Commissione tecnica regionale di adoperarsi per un' azione più intensa e decisa contro l'inquinamento da PFAS, anche perché è inutile che le autorità regionali
manifestino da un lato preoccupazione
per l'esposizione di centinaia di migliaia
di persone ai PFAS con gli alimenti e l’acqua potabile e, dall' altro lato,
consentano l' innalzamento ope legis della loro dose soglia nelle acque potabili a giustificazione alla pochezza delle misure fino ad oggi intraprese per abbattere la loro concentrazione.
Né si può addossare la colpa a qualche
dirigente regionale lasciato solo e
senza risorse umane, economiche e
tecnologiche adeguate ad affrontare con
tempestività ed efficacia il problema.
ISDE Veneto chiede
un urgente intervento legislativo che
proibisca la produzione e la commercializzazione degli
alimenti contaminati da PFAS, a difesa della salute dei cittadini veneti e
delle altre regioni dove tali prodotti
vengono distribuiti e, per coerenza, provveda a sospendere il
rifornimento di acque “potabili” e destinate al consumo contenenti
concentrazioni di PFAS fra le più alte al mondo identificando fonti di
approvvigionamento alternative.
Vicenza,
29/2/2016
Vincenzo
Cordiano, Referente regionale per il Veneto e Presidente della sezione di
Vicenza dell’Associazione Medici per l’Ambiente-ISDE (International Society of
Doctors for Environment) Italia onlus
Giovanni
Beghini, Presidente della sezione di Verona dell’Associazione Medici per
l’Ambiente-ISDE Italia onlus
Francesco
Causin, Presidente della sezione di Treviso dell’Associazione Medici per
l’Ambiente-ISDE Italia onlus
Bruno Franco
Novelletto, Presidente della sezione di Padova dell’Associazione Medici per
l’Ambiente-ISDE Italia onlus
Vediamo di capirci qualcosa su chi tutela la salute dei cittadini colpiti dall'inquinamento da Pfas -28 febbraio 2016
Allora
vediamo di capirci qualcosa su chi tutela la salute dei cittadini
colpiti dall'inquinamento da Pfas. La commissione tecnica regionale
ammette che la situazione non è sotto controlo. L'istituto superiore di
Sanità ha secondo i ben informati i dati ma non li divulga con la solita
scusa che si prestano a molteplici letture da chi non ha una cultura
scientifica. insomma si rischia di creare allarmismo secondo L'Iss. bene
di fronte a tutto ciò oggi il serafico Serafin sull'inserto
salute del Il Giornale di Vicenza avvisa i cittadini/e che lui e
l'ente che amministra è la vedetta della salute anche per quanto
riguarda i Pfas. Riportiamo testualmente quanto scritto sull'inserto
salute del Il Giornale di Vicenza:" ben 57.000 determinazioni di Pfas su
varie matrici, sia per conto di clienti interni che esterni, applicando
il metodo accreditato secondo UNIISO/TEC17025 ( isomeri lineari
ramificati). Controlli condotti in collaborazione con le Università di
Padova e Venezia, ai quali è seguita una dettagliata relazione riportata
in due articoli divulgati da due riviste scientifiche. Proprio
sull'argomento Pfas, Acque del Chiampo è stata chiamata a relazionare in
diversi convegni e il laboratorio AdC è stato chiamato a partecipare a
un circuito interconfronto dal Jrc ( Joint Research Centre), laboratorio
di riferimento dell'Unione Euroopea con il patrocinio e su richiesta di
Accredia. Un tavolo che ha messo di fronte diversi attori e che ha
dato risultati molto soddisfacenti. Diversi laboratori internazionali
provenienti dall'Unione Europea, Canada, Cina, Taiwan ed altri paesi
hanno avuto modo di scambiare informazioni su un tema così delicato che
riguarda da vicino la sicurezza dell'acqua potabile anche in provincia
di Vicenza. L'occasione ha anche permesso al laboratorio di Acque del
Chiampo di distinguersi essendo stato l'unico come emerge dal report del
confronto, ad eseguire questa determinazione analitica seguendo un
metodo ufficiale. Non solo, su richiesta dell'Iss ( Istituto Superiore
di Sanità), Acque del Chiampo ha partecipato in qualità di esperto al
gruppo di lavoro incaricato di revisionare i Metodi analitici di
riferimento per le acque destinate al consumo umano ai sensi del del
Decreto legilsativo 31/2001. Metodi chimici, con l'inserimento del
metodo per la determinazione dei composto perfluoro alchilici. Il gruppo
è costituito, oltre che da Acque del Chiampo, da ISS, CNR, ARPAV,
ARPAP.....". dopo questa notizia non ci resta altro che ringraziare L'Ad
di Acque del Chiampo che sta vigilando sulla nostra salute, e pensare
che fino a poco tempo fà per lui i Pfas erano innocui e che non è mai
morto nessuno per averli ingeriti nel corso degli anni.
Emergenza Pfas in Veneto. Il Sivemp: «Scaricabarile inaccettabile. Gestione del rischio inappropriata»
Emergenza Pfas in Veneto. Il Sivemp: «Scaricabarile inaccettabile. Gestione del rischio inappropriata»
La
pubblicazione del verbale di un incontro tecnico in Regione, arrivato
misteriosamente in questi giorni alla stampa, getta, se fosse possibile,
una luce ancora più inquietante sulla gestione dell’emergenza da
contaminazione da Pfas in Veneto. Una delle emergenze ambientali e
sanitarie, va ricordato, più gravi degli ultimi anni e che coinvolge un
territorio vastissimo tra le province di Verona, Vicenza e Padova.
L’immagine che esce da quel verbale è sconcertante: in un clima di
improvvisazione assistiamo a rimpalli di responsabilità anche da parte
di chi, in prima persona, è stato appositamente incaricato di coordinare
la gestione di questa emergenza. Il Sivemp, come sindacato dei
veterinari pubblici, segue la vicenda Pfas con attenzione e senso di
responsabilità sin dalle sue avvisaglie, nel maggio 2013, quando il
ministero della Salute informò la Regione Veneto circa la presenza
nell’acqua di sostanze perfluoralchiliche in concentrazioni definite
"preoccupanti" in punti di erogazione pubblici e privati in numerosi
comuni veneti. Per questo motivo siamo francamente attoniti di fronte alle affermazioni contenute nel verbale. La discussione sarebbe avvenuta il 13 gennaio 2016 e appare focalizzata sui risultati del monitoraggio sulle matrici alimentari disposti dalla Regione con delibera di Giunta n. 1570 del 26 agosto 2014 e terminati, per disposizione dello stesso provvedimento (presentato dall’assessore Luca Coletto), oltre sei mesi prima, il 30 giugno 2015. Peraltro i risultati di quelle analisi furono inviati dalla Regione, all’inizio del novembre 2015, al consigliere regionale Andrea Zanoni che li aveva richiesti e la notizia uscì sui giornali. Non solo, in precedenza, in un incontro in Regione il 30 settembre, i dati erano stati presentati ai responsabili dei servizi delle Ulss coinvolte nell’emergenza. Pertanto dovevano essere conosciuti. Stupisce quindi che, a distanza di tanto tempo, la coordinatrice della commissione tecnica regionale Pfas sembri non conoscerne le caratteristiche tecniche e gli esiti. Tanto più che i servizi veterinari e i Sian delle Ulss hanno eseguito quei campionamenti nei tempi e con le modalità stabilite dalle disposizioni impartite proprio della coordinatrice della commissione! Appare infine quantomeno singolare che il tavolo tecnico regionale, a cui si riferisce il verbale, non abbia trattato invece degli esiti del biomonitoraggio disposto con la delibera regionale 565 del 21 aprile 2015 per rilevare la concentrazione di Pfas nel sangue della popolazione residente nelle zone esposte. Analisi di grande rilevanza che hanno coinvolto 600 persone residenti in 14 comuni. Ebbene i risultati di quello studio, molto attesi, nonostante le richieste di alcuni amministratori pubblici di prenderne visione, sono a tutt’oggi secretati. Per quale motivo? I cittadini veneti hanno diritto di conoscerli. Anche nell’incertezza i gestori del rischio, infatti, sono tenuti a comunicare ciò che è stato fatto, ciò che si sta facendo, ciò che si intende fare. Il vuoto informativo favorisce la distorsione del “rischio-Pfas”. I veterinari pubblici del Veneto respingono, quindi, con forza le insinuazioni sulle presunte inadempienze da parte dei servizi dei Dipartimenti di prevenzione delle Ulss. Non accettano in alcun modo il gioco allo scaricabarile che emerge da quel verbale e richiamano tutte le parti in causa, a partire proprio da quelle istituzionali, a un doveroso senso di responsabilità, nel momento in cui è più forte la preoccupazione per la salute pubblica. 27 febbraio 2016 |
Intervento del Consigliere Raffaele Colombara in Consiglio comunale di Vicenza sulla prevenzione fatta dalla nostra regione sui pfas.
Intervento del Consigliere Raffaele Colombara in Consiglio comunale di Vicenza sulla prevenzione fatta dalla nostra regione sui pfas. Sei tutti noi grazie! https://www.facebook.com/raffaele.colombara/posts/10208748684734354?fref=nfhttps://www.facebook.com/raffaele.colombara/posts/10208748684734354?fref=nf
Raffaele Colombara
una sola domanda:
MA CHI CI TUTELA?
Un nuovo, gravissimo, capitolo nella vicenda dell’inquinamento dell’acqua contaminata dai Pfas (sostanze impermeabilizzanti presenti per esempio in Goretex e Teflon).
MA CHI CI TUTELA?
Un nuovo, gravissimo, capitolo nella vicenda dell’inquinamento dell’acqua contaminata dai Pfas (sostanze impermeabilizzanti presenti per esempio in Goretex e Teflon).
Ieri ho denunciato in Consiglio Comunale questo vero e proprio
disastro, gestito con assoluta mancanza di responsabilità da parte di
chi di dovere.
Da un verbale della commissione regionale sull'inquinamento delle acque datato 4 febbraio, emerge che la Regione "NON HA DATO SEGUITO AD AZIONI DI TUTELA DELLA SALUTE PER LE PERSONE CHE HANNO MANGIATO E STANNO MANGIANDO ALIMENTI CON CONCENTRAZIONI CRITICHE”;
al momento “NON C’È UN PIANO DI CONTROLLO SUGLI ALIMENTI VALIDO E UTILIZZABILE”;
“LA POPOLAZIONE HA CONTINUATO AD ASSUMERE ALIMENTI CON CONCENTRAZIONI CRITICHE DI PFAS".
Oggi ho chiesto con un’interpellanza al Consiglio Comunale che
- l’amministrazione si attivi urgentemente per ottenere ufficialmente il verbale del tavolo tecnico del 13 gennaio;
- che si faccia chiarezza sulle procedure di monitoraggio convocando la dottoressa Francesca Russo, dirigente del settore Igiene e sanità pubblica della Regione Veneto;
- invito infine l’amministrazione ad attivarsi in sede di Conferenza dei sindaci dell’ULSS 6.
Da un verbale della commissione regionale sull'inquinamento delle acque datato 4 febbraio, emerge che la Regione "NON HA DATO SEGUITO AD AZIONI DI TUTELA DELLA SALUTE PER LE PERSONE CHE HANNO MANGIATO E STANNO MANGIANDO ALIMENTI CON CONCENTRAZIONI CRITICHE”;
al momento “NON C’È UN PIANO DI CONTROLLO SUGLI ALIMENTI VALIDO E UTILIZZABILE”;
“LA POPOLAZIONE HA CONTINUATO AD ASSUMERE ALIMENTI CON CONCENTRAZIONI CRITICHE DI PFAS".
Oggi ho chiesto con un’interpellanza al Consiglio Comunale che
- l’amministrazione si attivi urgentemente per ottenere ufficialmente il verbale del tavolo tecnico del 13 gennaio;
- che si faccia chiarezza sulle procedure di monitoraggio convocando la dottoressa Francesca Russo, dirigente del settore Igiene e sanità pubblica della Regione Veneto;
- invito infine l’amministrazione ad attivarsi in sede di Conferenza dei sindaci dell’ULSS 6.
nuova iterpellanza di Colombara: nuovo gravissimo capitolo nella vicenda inquinamento acqua Pfas
Colombara: nuovo gravissimo capitolo nella vicenda inquinamento acqua Pfas
Di Redazione VicenzaPiù | Venerdi 26 Febbraio alle 15:52 | 0 commentiPFAS e inquinamento dell’acqua: la Regione "non ha dato seguito ad azioni di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno mangiando alimenti con concentrazioni critiche”; al momento “non c’è un piano di controllo sugli alimenti valido e utilizzabile”; “la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di Pfas". Procedure non idonee dal punto di vista legale e scientifico; scarsa trasparenza verso i cittadini; una sola domanda: ma chi ci tutela? I cittadini hanno diritto di conoscere la verità da parte della Regione Veneto.
Nuovo, gravissimo, capitolo nella vicenda dell’inquinamento dell’acqua contaminata dai Pfas (sostanze impermeabilizzanti presenti per esempio in Goretex e Teflon). Due anni fa l’allarme; poi, gli interventi di filtraggio, le rassicurazioni, gli esposti, fino alle analisi che mettono in evidenza una diffusione dei pfas anche in uova, carni e ortaggi a Creazzo. Inquinamento a Km Zero. L'area ha raggiunto i 180 chilometri e interessa una cinquantina di Comuni veneti tra cui venti vicentini.
Secondo quanto riportato in questi giorni da alcuni quotidiani nazionali e locali che fanno riferimento ad un documento della riunione del tavolo tecnico regionale sui Pfas, svoltasi lo scorso 13 gennaio, "è emerso che “parte della popolazione veneta è stata esposta ed è esposta ai Pfas” e che “non è stato dato seguito ad azioni di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno mangiando alimenti con concentrazioni critiche”, (uova e i pesci). I protocolli finora utilizzati per il controllo degli alimenti contaminati “vanno reimpostato ex novo” in quanto al momento “non c’è un piano di controllo sugli alimenti valido e utilizzabile”. Insomma, la situazione dell’inquinamento da Pfas è tutt’altro che sotto controllo, soprattutto se si considera che gli alimenti contaminati dai cancerogeni sarebbero prodotti anche da “allevamenti che hanno la produzione e la distribuzione sul territorio nazionale” e vengono quindi commercializzati in altre regioni italiane.
Lo scorso 9 novembre l’assessore regionale veneto alla Sanità, Luca Coletto, aveva dichiarato che i dati relativi alle analisi del sangue della popolazione e degli alimenti erano già “all’attenzione degli esperti del più elevato interlocutore scientifico d’Italia che è l’Istituto Superiore di Sanità”. Nella riunione tecnica del 13 gennaio emerge però una realtà diversa: l’unico riscontro formale nelle mani delle autorità sanitarie sulla situazione degli alimenti sarebbero i dati forniti lo scorso 6 novembre su richiesta del consigliere regionale del Pd Andrea Zanoni, “attraverso una tabella sintetica non firmata né datata”, mentre i risultati non sarebbero stati inviati all’Iss in forma validata, bensì – è l’espressione attribuita tra virgolette nel verbale al direttore della Sezione prevenzione e sanità pubblica, Giovanna Frison – “in qualche modo”."
Sempre secondo un quotidiano, "nel corso del tavolo tecnico si è verificato anche un duro scontro tra il dirigente del settore Igiene e sanità pubblica, Francesca Russo, e della sezione Veterinaria, Giorgio Cester: al centro della discussione i tempi con cui sono state effettuate e condivise le analisi sui campioni di alimenti: “I campioni sono stati prelevati in un arco temporale lungo, che va da novembre 2014 a giugno 2015 ed i risultati si sono avuti tutti insieme a settembre 2015” senza tenere in considerazione che il referto relativo a una sostanza nociva per la salute “deve essere fatto subito dopo il campionamento perché potrebbe comportare la necessità di provvedimenti urgenti”. Durante questo tempo, prosegue la dottoressa Russo, “la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di Pfas".Tutto ciò premesso
SI CHIEDE ALL'AMMINISTRAZIONE
- che si attivi urgentemente per ottenere ufficialmente il verbale n°44221/4 febbraio 2016 della riunione del tavolo tecnico regionale sui Pfas, che si è svolta lo scorso 13 gennaio, nel quale sarebbe emerso che “la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di Pfas" e che “non è stato dato seguito ad azioni di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno mangiando alimenti con concentrazioni critiche di Pfas";
- A questo ultimo riguardo, chieda con forza
- se vi siano altre informazioni e dati non ancora resi noti;
- di
conoscere quali direttive, e da chi, siano state date alla
Direzione del settore Sanitario della Regione per definire le
procedure con cui le ULSS devono affrontare la questione (monitoraggi
ecc.);
- quali azioni concrete e indifferibili la Regione intenda porre in essere;
- che,
una volta ottenuto il verbale, convochi, anche in apposita seduta di
Commissione consiliare, la dottoressa Russo, dirigente del settore
Igiene e sanità pubblica della Regione Veneto, per approfondire i
contenuti della relazione e più in generale i diversi aspetti di un
tema che tocca molto da vicino la salute dei nostri cittadini.
- che
si attivi in sede di Conferenza dei Sindaci dell’ULSS 6, affinché
anche in quella sede venga affrontata la questione e da quella sede
partano richieste precise alla Regione su quello che si sta rivelando
come un vero e proprio disastro, gestito con assoluta mancanza di
responsabilità da parte di chi di dovere.
Vicenza, acqua e alimenti inquinati da Pfas: "Fenomeno non sotto controllo"
Vicenza, acqua e alimenti inquinati da Pfas: "Fenomeno non sotto controllo"
„
Redazione
“
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„
Vicenza, acqua e alimenti inquinati da Pfas: "Fenomeno non sotto controllo"
Il
verbale della riunione tra le istituzioni regionali, il cui contenuto è
riservato ma rivelato da Il Fatto Quotidiano, esprime particolare
preoccupazione sul fenomeno dell'inquinamento da Pfas che colpisce molti
comuni del Vicentino, Padovano e Veronese: "Nessuna azione intrapresa,
c'è rischio che si diffonda"
Redazione
- Vicenza, acqua e alimenti inquinati da Pfas: "Fenomeno non sotto controllo"
„La salute 400mila veneti, tra vicentini, padovani e veronesi, è a rischio a causa del consumo di alimenti contaminati da Psaf, sostanze perfluoroalchiliche potenzialmente cancerogene e in grado di interferire con il sistema endocrino. A confermarlo c'è il verbale della riunione del tavolo tecnico regionale sui Pfas, che si è svolta lo scorso 13 gennaio e il cui contenuto è rimasto riservato ma del quale è venuto in possesso Il Fatto Quotidiano.
Il documento evidenzierebbe che gli stessi funzionari della direzione Tutela ambiente della Regione considerano il fenomeno “non sotto controllo”. Sempre nel verbale si legge che, secondo quanto comunicato dal direttore della sezione Veterinaria e sicurezza alimentare, "parte della popolazione veneta è stata esposta ed è esposta ai Pfas” e che “non è stato dato seguito ad azioni di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno mangiando alimenti con concentrazioni critiche”, ovvero le uova e i pesci. Anche i protocolli finora utilizzati per il controllo degli alimenti contaminati “vanno reimpostato ex novo” – chiedono nel corso della riunione i funzionari dell’Arpav – inquanto al momento “non c’è un piano di controllo sugli alimenti valido e utilizzabile”.
In parole povere, una vera e propria emergenza che, nonostante le denunce di cittadini, comitati e, negli ultimi mesi anche delle Amministrazioni ed altri enti territoriali, resta ancora sotto silenzio. “E’ passato quasi un anno dall’inizio della procedura e ci giungono notizie che il biomonitoraggio sia concluso – sottolineano gli esponenti veneti del Movimento 5 Stelle - e che i risultati siano disponibili presso l’Istituto Superiore di Sanità ed il Ministero della Salute”. “Abbiamo protocollato la richiesta al Ministero della Sanità chiedendo che tali risultati siano resi pubblici nel più breve tempo possibile – commentano i 5 Stelle - vista la gravità della situazione che vede coinvolti 350.000 veneti, 4 province, 180km quadrati di territorio ed il fatto che la catena alimentare risulta essere già contaminata da queste sostanze”.
La richiesta è stata sottoscritta dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, dal vicepresidente della commissione ecomafie Stefano Vignaroli; dai deputati Francesca Businarolo, Alberto Zolezzi, Mattia Fantinati e Arianna Spessotto; dai senatori Enrico Cappelletti, Gianni Girotto e Giovanni Endrizzi; dai consiglieri regionali veneti Jacopo Berti e Manuel Brusco; dal sindaco di Sarego Roberto Castiglion e dalla consigliera comunale di Montecchio Maggiore Sonia Perenzoni. Tutto il Movimento 5 Stelle vuole che i risultati siano pubblici, che sia tutelata la salute dei cittadini e che si inizi a parlare seriamente di bonifica del territorio.
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“La Regione porti il fascicolo PFAS in Procura”, questo l’invito che il consigliere regionale del PD, Andrea Zanoni, rivolge alla Giunta
IL
consigliere regionale Zanoni dopo lo scoop del Fatto Quotidiano sui
Pfas, in un comunicato stampa denuncia che da tempo sta chiedendo alla
Giunta regionale di attivarsi presso l'Istituto Superiore di Sanità per
avere i dati del biomonitoraggio. Consigliere Zanoni, dieci e lode per
il suo impegno su questo tema, ma ci consenta di farle notare che l'On.
Sbrollini del Pd ha dichiarato pubbblicamente, non più di un mese fà il
suo impegno presso i ministri competenti su questa vicenda e che
dai ministri ha avuto riscontri positivi. Dove sono questi riscontri
positivi? Chieda all'On. Sbrollini quali azioni politiche intenda porre
in essere perchè i verbali della commissione tecnica regionale sui
pfas, pubblicati dal Fatto Quotidiano siano resi pubblici:
'(Arv)
Venezia 25 feb. 2016 - “La Regione porti il fascicolo PFAS in
Procura”, questo l’invito che il consigliere regionale del PD, Andrea
Zanoni, rivolge alla Giunta con un’interrogazione presentata
oggi.Secondo quanto riportato ieri dal “Fatto Quotidiano”, - scrive
l’esponente democratico…
consiglioveneto.it
Spiraglio sui fondi concia << il ministero ci incontrerà>>
Per
riavere i 23 milioni che servono per l'accordo di programma scaduto nel
2015 per nuove tecnologie meno inquinanti per la concia e per il Fratta
Gorzone, fiume superinquinato , le cui acque tossiche vengono poi
usate anche per l'agricoltura, Crimì parlamentare del PD ha chiesto e
ottenuto un incontro con il governo. Vediamo se i soldi torneranno e
intanto il Pd di Arzignano con una nota di Piero Magnabosco fanno notare l'inconsistenza delle argomentazioni del sindaco di Arzignano , Gentilin.
“Pfas”, verbale esplosivo contro la Regione Veneto di Marco Milioni
“Pfas”, verbale esplosivo contro la Regione Veneto
I test sugli alimenti contaminati sarebbero stati eseguiti senza un metodo scientifico. E mancano anche le comunicazioni ufficiali sui risultati
È esplosivo il verbale che il 4 febbraio scorso è giunto sulla scrivania del segretario generale della sanità veneta, Domenico Mantoan. Il documento, inviato da Francesca Russo direttrice del settore igiene e sanità pubblica,
spiega senza mezze misure che le analisi condotte sino ad oggi dalla
Regione Veneto e dalle sue agenzie sulla presenza dei pericolosissimi pfas negli alimenti, hanno un valore prossimo allo zero. Lacune, contraddizioni e scaricabarile: queste le evidenze che emergono dal carteggio-bomba.
TOSSICITA’
Nel 2013 esplode il caso dei cosiddetti pfas, sostanze derivate dal fluoro impiegate in molti settori industriali. Queste sostanze, che sono altamente tossiche poiché interferiscono col sistema ghiandolare, vengono trovate in primis, ma non solo, lungo l’asta fluviale e lungo il sistema di falda dell’Agno Guà Fratta, fra le province di Verona e Vicenza. I primi riscontri come sorgente inquinante parlano della Miteni (in foto), una notissima azienda chimica di Trissino nel Vicentino. Ma nel frattempo si accendono le luci anche su altri comparti industriali, a partire dalla concia e dalla farmaceutica. Pur non essendoci limiti di legge precisi circa la presenza nell’ambiente di tali sostanze, il problema assume nei mesi un peso via via crescente. Ci sono addirittura alcune segnalazioni alla autorità giudiziaria. Infatti vengono anche impugnate avanti alla magistratura amministrativa le soglie di tolleranza adottate dall’Istituto Superiore di Sanità e a cascata dalla Regione Veneto. Nel frattempo sempre la Regione, con tanto di rassicurazioni fornite dall’assessore alla sanità Luca Coletto, aveva avviato una campagna di monitoraggio che andasse oltre il vaglio sulla contaminazione delle acque, prendendo in esame lo stato di salute degli alimenti. Il tutto avviene sotto la regia di una commissione ad hoc, la “Commissione tecnica regionale pfas” coordinata dalla Russo e che vede tra i componenti di punta Giovann Frison (direttore prevenzione e sanità pubblica) e Giorgio Cester (direttore sezione veterinaria e sicurezza alimentare).
ACCUSA
La riunione materialmente si è tenuta il 13 gennaio. Il verbale porta la data del 4 febbraio 2016 e il protocollo è il 44211. Vvox può anticiparne in esclusiva la copia integrale che, allegati a parte, consta di 6 pagine. Nel documento (alcuni brani del quale sono già finiti sul Fatto Quotidiano peraltro) le parole della Russo suonano come un vero e proprio j’accuse nei confronti della sezione sicurezza alimentare. Specialmente là dove la dirigente chiede come mai alle istituzioni pubbliche che si stanno interessando della materia, Istituto Superiore di Sanità in primis, «non siano stati trasmessi ufficialmente i rapporti di prova che rappresentano il riscontro oggettivo e legalmente valido dei risultati analitici dei controlli, base necessaria per qualunque intervento istituzionale». Anche perché, si lamenta sempre la Russo, tali informazioni sarebbero state inviate mediante una tabella «sintetica non firmata né datata». Un altro passaggio investe il direttore della sezione veterinaria, vale a dire il dottor Cester: «… non si comprende la motivazione» per cui «i campioni» sugli alimenti siano stati «prelevati in un arco temporale lungo che va da novembre 2014 a giugno 2015» mentre i risultati si sono avuti «tutti insieme a settembre 2015 senza tenere in considerazione il fatto che il referto relativo alla sostanza che può nuocere alla salute deve essere fatto subito dopo il campionamento perché potrebbe comportare la necessità di provvedimenti urgenti o di modifiche nel programma di campionamento stesso (…) Un tempo durante il quale la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di pfas». In sequenza c’è un’altro rilievo, quello di Arpav, che fa presente che la mancanza «di un sistema organizzato e integrato di banche dati… rende estremamente complesso… applicare… gli strumenti di analisi… necessari… richiesti dalla normativa».
DIFESA
Dal canto suo Cester informa di avere trasmesso all’Iss i rapporti di prova «delle analisi sugli alimenti» condotti dall’Istituto Zooprofilattico regionale, noto anche come Izsve. Introduce il suo intervento rimarcando come «altre priorità come la diossina» richiedano attenzione spiegando poi che «ogni azienda Ulss coinvolta» abbia condotto «campionamenti a modo proprio senza stilare per ogni campione la scheda anagrafica» ad esso riferibile. Ma nella sua prolusione Cester afferma anche che le delibere regionali di riferimento (la 2611 del 30 dicembre 2013 e la 168 del 20 febbraio 2014) prevedevano l’obbligo di compilare appositi questionari per contestualizzare i risultati acquisiti, ma che tali questionari non siano stati «compilati dalle Ulss che hanno effettuato i prelievi» sugli alimenti. Infine, Cester dichiara «di non avere mai i rapporti di prova dei singoli alimenti» presi a campione, e ribadisce «che non avrebbe fatto comunque nulla per la mancanza di valori di riferimento ministeriali». Ammette che «i campioni sono stati analizzati tutti alla fine perché l’Izsve non aveva finanziamenti ad hoc, per cui i campioni sono stati congelati e poi analizzati». Si tratta di un passaggio delicatissimo che segue ad una domanda specifica della Russo, la quale si era chiesta come mai il direttore della Sezione alimentare, anche nel suo ruolo di ufficiale di autorità regionale competente «a seguito delle informazioni sui dati da lui stesso definiti critici sugli alimenti non abbia dato seguito ad azioni conseguenti». A pagina 5 del verbale l’ultimo botta e risposta tra Russo e Cester: quest’ultimo, incalzato dai colleghi affinché chiarisca se i campioni testati siano ancora rintracciabili, risponde pacificamente che non è stata data alcuna indicazione e che «non è in grado di garantire che i campioni non siano già stati eliminati». Poi afferma che gli alimenti più contaminati sono «pesci e uova» e che è preoccupato dal fatto che ci siano sul territorio allevamenti che si occupano di produzione e distribuzione «di tali alimenti a livello nazionale». Al che la Russo domanda a Cester se sia consapevole del «conseguente danno economico e di immagine che ne può derivare per la Regione Veneto».
SCONTRO
Un altro alto funzionario regionale in distacco da Arpav presso il settore sanità pubblica, la dottoressa Marina Vazzoler, definisce «poco spiegabile la ragione per cui i campioni e i risultati non siano stati trasmessi alla Regione». Così parte l’ennesima frecciata all’Istituto zooprofilattico quando si precisa che non è spiegabile che un ente strumentale regionale come l’Izsve «non avesse effettuato subito le analisi visto che trattasi di emergenza di sanità pubblica». L’altra bordata arriva dal direttore del settore ambiente, l’ingegnere Fabio Strazzabosco, il quale denuncia che non si è dato seguito ad azioni «di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno magiando alimenti con presenza di concentrazioni critiche… Non siamo in grado di avere – tuona Strazzabosco – un piano di controllo sugli alimenti valido… la tabella dei risultati senza contesto, spiegazioni e ufficialità… si presta ad interpretazioni scientifiche errate».
CASO POLITICO
E che quello dei derivati del fluoro, i cosiddetti pfas, sia un caso nazionale lo si era capito quando due anni e mezzo fa si delinearono i contorni del bacino potenzialmente colpito dalla contaminazione. Un bacino di 300-400mila persone. Sono gli stessi alti funzionari a rendersi conto che il monitoraggio sin qui condotto rischia di essere un flop. Sul fronte politico, a parte il consigliere regionale del Pd Andra Zanoni, sono addirittura i vertici del M5S, a partire dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ad aver chiesto accesso agli atti per conoscere quali siano le evidenze in possesso dell’Iss. Interpellato, l’assessore all’ambiente, il leghista Giampaolo Bottacin, non prende posizione. Lo stesso dicasi per il suo collega alla sanità Coletto e per il governatore leghista Luca Zaia. Si attende risposta anche dai dirigenti menzionati nel verbale.
TOSSICITA’
Nel 2013 esplode il caso dei cosiddetti pfas, sostanze derivate dal fluoro impiegate in molti settori industriali. Queste sostanze, che sono altamente tossiche poiché interferiscono col sistema ghiandolare, vengono trovate in primis, ma non solo, lungo l’asta fluviale e lungo il sistema di falda dell’Agno Guà Fratta, fra le province di Verona e Vicenza. I primi riscontri come sorgente inquinante parlano della Miteni (in foto), una notissima azienda chimica di Trissino nel Vicentino. Ma nel frattempo si accendono le luci anche su altri comparti industriali, a partire dalla concia e dalla farmaceutica. Pur non essendoci limiti di legge precisi circa la presenza nell’ambiente di tali sostanze, il problema assume nei mesi un peso via via crescente. Ci sono addirittura alcune segnalazioni alla autorità giudiziaria. Infatti vengono anche impugnate avanti alla magistratura amministrativa le soglie di tolleranza adottate dall’Istituto Superiore di Sanità e a cascata dalla Regione Veneto. Nel frattempo sempre la Regione, con tanto di rassicurazioni fornite dall’assessore alla sanità Luca Coletto, aveva avviato una campagna di monitoraggio che andasse oltre il vaglio sulla contaminazione delle acque, prendendo in esame lo stato di salute degli alimenti. Il tutto avviene sotto la regia di una commissione ad hoc, la “Commissione tecnica regionale pfas” coordinata dalla Russo e che vede tra i componenti di punta Giovann Frison (direttore prevenzione e sanità pubblica) e Giorgio Cester (direttore sezione veterinaria e sicurezza alimentare).
ACCUSA
La riunione materialmente si è tenuta il 13 gennaio. Il verbale porta la data del 4 febbraio 2016 e il protocollo è il 44211. Vvox può anticiparne in esclusiva la copia integrale che, allegati a parte, consta di 6 pagine. Nel documento (alcuni brani del quale sono già finiti sul Fatto Quotidiano peraltro) le parole della Russo suonano come un vero e proprio j’accuse nei confronti della sezione sicurezza alimentare. Specialmente là dove la dirigente chiede come mai alle istituzioni pubbliche che si stanno interessando della materia, Istituto Superiore di Sanità in primis, «non siano stati trasmessi ufficialmente i rapporti di prova che rappresentano il riscontro oggettivo e legalmente valido dei risultati analitici dei controlli, base necessaria per qualunque intervento istituzionale». Anche perché, si lamenta sempre la Russo, tali informazioni sarebbero state inviate mediante una tabella «sintetica non firmata né datata». Un altro passaggio investe il direttore della sezione veterinaria, vale a dire il dottor Cester: «… non si comprende la motivazione» per cui «i campioni» sugli alimenti siano stati «prelevati in un arco temporale lungo che va da novembre 2014 a giugno 2015» mentre i risultati si sono avuti «tutti insieme a settembre 2015 senza tenere in considerazione il fatto che il referto relativo alla sostanza che può nuocere alla salute deve essere fatto subito dopo il campionamento perché potrebbe comportare la necessità di provvedimenti urgenti o di modifiche nel programma di campionamento stesso (…) Un tempo durante il quale la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di pfas». In sequenza c’è un’altro rilievo, quello di Arpav, che fa presente che la mancanza «di un sistema organizzato e integrato di banche dati… rende estremamente complesso… applicare… gli strumenti di analisi… necessari… richiesti dalla normativa».
DIFESA
Dal canto suo Cester informa di avere trasmesso all’Iss i rapporti di prova «delle analisi sugli alimenti» condotti dall’Istituto Zooprofilattico regionale, noto anche come Izsve. Introduce il suo intervento rimarcando come «altre priorità come la diossina» richiedano attenzione spiegando poi che «ogni azienda Ulss coinvolta» abbia condotto «campionamenti a modo proprio senza stilare per ogni campione la scheda anagrafica» ad esso riferibile. Ma nella sua prolusione Cester afferma anche che le delibere regionali di riferimento (la 2611 del 30 dicembre 2013 e la 168 del 20 febbraio 2014) prevedevano l’obbligo di compilare appositi questionari per contestualizzare i risultati acquisiti, ma che tali questionari non siano stati «compilati dalle Ulss che hanno effettuato i prelievi» sugli alimenti. Infine, Cester dichiara «di non avere mai i rapporti di prova dei singoli alimenti» presi a campione, e ribadisce «che non avrebbe fatto comunque nulla per la mancanza di valori di riferimento ministeriali». Ammette che «i campioni sono stati analizzati tutti alla fine perché l’Izsve non aveva finanziamenti ad hoc, per cui i campioni sono stati congelati e poi analizzati». Si tratta di un passaggio delicatissimo che segue ad una domanda specifica della Russo, la quale si era chiesta come mai il direttore della Sezione alimentare, anche nel suo ruolo di ufficiale di autorità regionale competente «a seguito delle informazioni sui dati da lui stesso definiti critici sugli alimenti non abbia dato seguito ad azioni conseguenti». A pagina 5 del verbale l’ultimo botta e risposta tra Russo e Cester: quest’ultimo, incalzato dai colleghi affinché chiarisca se i campioni testati siano ancora rintracciabili, risponde pacificamente che non è stata data alcuna indicazione e che «non è in grado di garantire che i campioni non siano già stati eliminati». Poi afferma che gli alimenti più contaminati sono «pesci e uova» e che è preoccupato dal fatto che ci siano sul territorio allevamenti che si occupano di produzione e distribuzione «di tali alimenti a livello nazionale». Al che la Russo domanda a Cester se sia consapevole del «conseguente danno economico e di immagine che ne può derivare per la Regione Veneto».
SCONTRO
Un altro alto funzionario regionale in distacco da Arpav presso il settore sanità pubblica, la dottoressa Marina Vazzoler, definisce «poco spiegabile la ragione per cui i campioni e i risultati non siano stati trasmessi alla Regione». Così parte l’ennesima frecciata all’Istituto zooprofilattico quando si precisa che non è spiegabile che un ente strumentale regionale come l’Izsve «non avesse effettuato subito le analisi visto che trattasi di emergenza di sanità pubblica». L’altra bordata arriva dal direttore del settore ambiente, l’ingegnere Fabio Strazzabosco, il quale denuncia che non si è dato seguito ad azioni «di tutela della salute per le persone che hanno mangiato e stanno magiando alimenti con presenza di concentrazioni critiche… Non siamo in grado di avere – tuona Strazzabosco – un piano di controllo sugli alimenti valido… la tabella dei risultati senza contesto, spiegazioni e ufficialità… si presta ad interpretazioni scientifiche errate».
CASO POLITICO
E che quello dei derivati del fluoro, i cosiddetti pfas, sia un caso nazionale lo si era capito quando due anni e mezzo fa si delinearono i contorni del bacino potenzialmente colpito dalla contaminazione. Un bacino di 300-400mila persone. Sono gli stessi alti funzionari a rendersi conto che il monitoraggio sin qui condotto rischia di essere un flop. Sul fronte politico, a parte il consigliere regionale del Pd Andra Zanoni, sono addirittura i vertici del M5S, a partire dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ad aver chiesto accesso agli atti per conoscere quali siano le evidenze in possesso dell’Iss. Interpellato, l’assessore all’ambiente, il leghista Giampaolo Bottacin, non prende posizione. Lo stesso dicasi per il suo collega alla sanità Coletto e per il governatore leghista Luca Zaia. Si attende risposta anche dai dirigenti menzionati nel verbale.
Pfas Veneto, il documento: “Emergenza non sotto controllo” su alimenti contaminati da cancerogeni
Pfas Veneto, il documento: “Emergenza non sotto controllo” su alimenti contaminati da cancerogeni
Ambiente & Veleni
di Andrea Tornago | 24 febbraio 2016
È una delle emergenze ambientali e sanitarie più gravi degli ultimi anni. Coinvolge un territorio vastissimo tra le province di Verona, Vicenza e Padova, ma potrebbe estendersi a tutto il Paese attraverso la filiera alimentare. L’inquinamento da Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche (usate diffusamente per rendere impermeabili tessuti o rivestimenti, tra cui il Teflon e il Goretex) considerate cancerogene e in grado di interferire con il sistema endocrino, sta mettendo a dura prova il Veneto. Un documento inedito, di cui ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso, rivela la tensione con cui le istituzioni riunite presso la Regione Veneto stanno affrontando l’emergenza sanitaria relativa agli alimenti contaminati. Emergenza che gli stessi funzionari della direzione Tutela ambiente della Regione considerano “non sotto controllo”.
Nel corso della riunione del tavolo
tecnico regionale sui Pfas, che si è svolta lo scorso 13 gennaio, è
emerso che “parte della popolazione veneta è stata esposta ed è esposta
ai Pfas” e che “non è stato dato seguito ad azioni di tutela della salute
per le persone che hanno mangiato e stanno mangiando alimenti con
concentrazioni critiche”, ovvero – secondo quanto comunicato dal
direttore della sezione Veterinaria e sicurezza alimentare – le uova e i pesci.
Anche i protocolli finora utilizzati per il controllo degli alimenti
contaminati “vanno reimpostato ex novo” – chiedono nel corso della
riunione i funzionari dell’Arpav – inquanto al momento
“non c’è un piano di controllo sugli alimenti valido e utilizzabile”.
Insomma, la situazione dell’inquinamento da Pfas è tutt’altro che sotto
controllo, soprattutto se si considera che gli alimenti contaminati dai
cancerogeni sarebbero prodotti anche da “allevamenti che hanno la
produzione e la distribuzione sul territorio nazionale” e vengono quindi
commercializzati in altre regioni italiane.
Lo scorso 9 novembre l’assessore regionale veneto alla Sanità, Luca Coletto, aveva dichiarato che i dati relativi alle analisi del sangue della popolazione e degli alimenti erano già “all’attenzione degli esperti del più elevato interlocutore scientifico d’Italia che è l’Istituto Superiore di Sanità”.
Nella riunione tecnica del 13 gennaio emerge però una realtà diversa:
l’unico riscontro formale nelle mani delle autorità sanitarie sulla
situazione degli alimenti sarebbero i dati forniti lo scorso 6 novembre
su richiesta del consigliere regionale del Pd Andrea Zanoni,
“attraverso una tabella sintetica non firmata né datata”, mentre i
risultati non sarebbero stati inviati all’Iss in forma validata, bensì –
è l’espressione attribuita tra virgolette nel verbale al direttore
della Sezione prevenzione e sanità pubblica, Giovanna Frison – “in qualche modo”.
Nel corso del tavolo tecnico si è
verificato anche un duro scontro tra il dirigente del settore Igiene e
sanità pubblica, Francesca Russo, e della sezione Veterinaria, Giorgio
Cester: al centro della discussione i tempi con cui sono state
effettuate e condivise le analisi sui campioni di alimenti: “I campioni
sono stati prelevati in un arco temporale lungo, che va da novembre 2014
a giugno 2015 ed i risultati si sono avuti tutti insieme a settembre
2015” senza tenere in considerazione che il referto relativo a una
sostanza nociva per la salute “deve essere fatto subito dopo il
campionamento perché potrebbe comportare la necessità di provvedimenti
urgenti”. Durante questo tempo, prosegue la dottoressa Russo, “la popolazione ha continuato ad assumere alimenti con concentrazioni critiche di Pfas”.
Sulla questione è intervenuto il capogruppo del M5S alla Regione Veneto, Jacopo Berti: “Siamo stati i primi a combattere contro questo disastro per salvare la vita a 400mila veneti – spiega Berti a ilfattoquotidiano.it
– Alla giustizia abbiamo già chiesto di punire i responsabili. Ora,
alla luce di queste carte, pretendiamo dalla Regione tutta la verità. È
passato un mese: se qualcuno ha insabbiato qualcosa ne pagherà le
conseguenze”.
Con una richiesta firmata oggi dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio
e da deputati e senatori del M5S, è stato chiesto all’Istituto
superiore di sanità di rendere noti i risultati del monitoraggio
effettuato sulla popolazione veneta per determinare la concentrazione di
sostanze perfluoroalchiliche nel sangue.
Brendola : Impianti per i perfluori Migliorie programmate
Copertura
dei filtri e allaccio alla fognatura , opere non certo propedeutiche a
quella che dovrebbe essere vita breve dei filtri.
Ancora sui 23 milioni per l'accordo di programma intervengono anche Crimi del PD e Sterle di FI Ci vuole la volontà di fare i progetti per riavere i soldi
Ancora
sui 23 milioni per l'accordo di programma intervengono anche Crimi del
PD e Sterle di FI Ci vuole la volontà di fare i progetti per riavere i
soldi
DERBY GENTILIN MAGNABOSCO di Giovanni Fazio
DERBY GENTILIN MAGNABOSCO
Rispondendo
a Piero Magnabosco, che lamenta giustamente l’assenza di ogni
strategia da parte della giunta per rilanciare la città abbandonata al degrado
e ferma, demograficamente ai livelli del 1971, mentre la popolazione invecchia,
Gentilin risponde:
“La città è sempre stata attrattiva, anche in anni di crisi
ha dato lavoro, reddito e benessere. Noi siamo operativi al massimo. Qualche esempio:
le nuove piscine costruite in tempo di crisi,
la viabilità rimodulata, la
riqualificazione di Castello, la valorizzazione turistica”.
Avrebbe fatto meglio a tacere. La nuova piscina
è un vero disastro, i bagni sono ormai inagibili e le pareti di cartongesso degli spogliatoi e delle docce sfondate.
Ma come
si fa, in questi tempi di penuria, a pagare 360 000 euro all’anno per 29 anni per un servizio
dequalificato!
Una piscina chiamata eufemisticamente “semi olimpionica” come definire un nano un semi alto.
Tutte le misure sono incongrue: la profondità della vasca non consente di effettuare addestramento SUB né nuoto sincronico; non consente nemmeno di allestire un trampolino per i tuffi.
Forse queste cose, vista la spesa spropositata e tutte le deroghe concesse alla ditta che ha costruito l’impianto, (stralciato l’obbligo di provvedere alla viabilità, pagato in vece sua la altissima fideiussione, tanto per citare due delle “facilitazioni” effettuate a spese del contribuente). La cosiddetta laguna, buona per il pediluvio o per le rane, avrebbe potuto essere una vasca per la pallanuoto.
Una piscina chiamata eufemisticamente “semi olimpionica” come definire un nano un semi alto.
Tutte le misure sono incongrue: la profondità della vasca non consente di effettuare addestramento SUB né nuoto sincronico; non consente nemmeno di allestire un trampolino per i tuffi.
Forse queste cose, vista la spesa spropositata e tutte le deroghe concesse alla ditta che ha costruito l’impianto, (stralciato l’obbligo di provvedere alla viabilità, pagato in vece sua la altissima fideiussione, tanto per citare due delle “facilitazioni” effettuate a spese del contribuente). La cosiddetta laguna, buona per il pediluvio o per le rane, avrebbe potuto essere una vasca per la pallanuoto.
Forse,
anche spendendo di meno, si sarebbe potuto dotare Arzignano di un impianto
sportivo che avrebbe potuto essere veramente promotore di attrazione verso la
nostra città.
Vantarsi di un obbrobrio non ha senso e non è
la risposta da dare a Magnabosco.
Inoltre l’abbattimento della vecchia piscina è stato un altro spreco, visto che con poca spesa avrebbe potuta essere trasformata in uno stadio per il volley; ma il sindaco non ci ha pensato.
Inoltre l’abbattimento della vecchia piscina è stato un altro spreco, visto che con poca spesa avrebbe potuta essere trasformata in uno stadio per il volley; ma il sindaco non ci ha pensato.
A
Castello, il rifacimento delle strade, da poco restaurate con criteri
urbanistici consoni alle caratteristiche medievali del posto, si può
considerare una spesa ingiustificata
visto che la viabilità era in ottimo stato, e una deturpazione, per quanto riguarda la circonvallazione del castello eseguita in asfalto.
Sono questi i meriti della amministrazione?
Sono questi i meriti della amministrazione?
Marciapiedi
sconnessi, attraversamenti pericolosi (chiedere alle mamme con carrozzelle),
elevatissimi livelli di inquinamento atmosferico, assenza di ambulatori medici in
varie parti della città, mancanza di trasporti pubblici decenti, interi quartieri,
tra cui Villaggio Giardino, abbandonati al degrado, assenza di cestini per le carte, mancanza di posacenere.
Nessuna politica di attenzione per gli anziani, assenza di spazi per i giovani, assenza di collegamenti con la stazione di Montebello, pessimi collegamenti con Vicenza, disinteresse per l’istituto conciario, assenza di una politica scolastica, disinteresse per la zona industriale (trasporti, mense, luoghi di relax) tanto per citare alcune delle cose cui dovrebbe interessarsi una amministrazione comunale.
Nessuna politica di attenzione per gli anziani, assenza di spazi per i giovani, assenza di collegamenti con la stazione di Montebello, pessimi collegamenti con Vicenza, disinteresse per l’istituto conciario, assenza di una politica scolastica, disinteresse per la zona industriale (trasporti, mense, luoghi di relax) tanto per citare alcune delle cose cui dovrebbe interessarsi una amministrazione comunale.
Mi limito alle osservazioni più evidenti che giustificano l’intervento in difesa della vivibilità della nostra città del consigliere Piero Magnabosco, definito dal sindaco “dilettante”,
Prima di dare definizioni “estrose” ai membri dell’opposizione il sindaco dovrebbe sforzarsi di capire il senso e i contenuti dei loro interventi.
Forse, tutto preso da se stesso come è, non si rende conto che anche i componenti dell'opposizione sono espressione della cittadinanza e che le loro osservazioni vanno attentamente ascoltate e non irrise, se non altro ,per rispetto dei cittadini che li hanno votati.
Giovanni Fazio
Petizioni dei no pfas anche su Vicenzareport
http://www.vicenzareport.it/2016/02/due-petizioni-per-porre-un-limite-ai-pfas-nelle-acque/
La seconda petizione dal titolo “Acquedotti liberi da Pfas e Pfoa” è
indirizzata al presidente della giunta regionale del Veneto e chiede che
gli acquedotti contaminati dalla presenza delle sostanze
perfluoroalchiliche vengano allacciati a fonti di approvvigionamento
esenti da sostanze inquinanti. I moduli delle due petizioni sono stati
inviati anche a tutte le amministrazioni comunali interessate
dall’inquinamento da Pfas, chiedendo loro di farle proprie, dando
un’opportuna pubblicità all’iniziativa e predisponendo uno spazio
comunale adeguato per la raccolta delle firme.
Il Coordinamento acqua libera dai Pfas auspica inoltre “che tutti i cittadini si attivino sottoscrivendo le due petizioni proposte, affinché la voce e la volontà di chi sta subendo gli effetti di questo disastro ambientale possa venire finalmente ascoltata da chi dovrebbe agire e non lo ha ancora fatto”. I moduli per la raccolta firme sono a disposizione di chiunque ne farà richiesta all’indirizzo mail info@nopfas.it. Da segnalare, sul tema Pfas, anche una iniziativa a Vicenza, collegata alle due petizioni di cui diciamo sopra. E’ del Consigliere comunale Raffaele Colombara che ha presentato una interpellanza chiedendo, fra le altre cose, che l’amministrazione del capoluogo berifo faccia proprie le due petizioni.
Ultime notizie
Due petizioni per porre un limite ai Pfas nell’acqua
Doppia iniziativa, in Veneto, del Coordinamento acqua libera dai Pfas, per sensibilizzare sia il governo centrale che gli enti locali sul problema della presenza delle sostanze perfluoroalchiliche nelle acque di falda. Si tratta di due petizioni, per le quali si vuole raccogliere il maggior numero di firme possibile e consegnarle poi ai Ministeri competenti ed alla Regione. La prima petizione, dal titolo “Mettiamo un limite ai limiti”, chiede, al ministro dell’ambiente ed a quello della salute, che vengano finalmente fissati dei limiti di legge alle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nelle acque, limiti che si chiede vengano uniformati ai valori più restrittivi vigenti nel mondo.
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Il Coordinamento acqua libera dai Pfas auspica inoltre “che tutti i cittadini si attivino sottoscrivendo le due petizioni proposte, affinché la voce e la volontà di chi sta subendo gli effetti di questo disastro ambientale possa venire finalmente ascoltata da chi dovrebbe agire e non lo ha ancora fatto”. I moduli per la raccolta firme sono a disposizione di chiunque ne farà richiesta all’indirizzo mail info@nopfas.it. Da segnalare, sul tema Pfas, anche una iniziativa a Vicenza, collegata alle due petizioni di cui diciamo sopra. E’ del Consigliere comunale Raffaele Colombara che ha presentato una interpellanza chiedendo, fra le altre cose, che l’amministrazione del capoluogo berifo faccia proprie le due petizioni.
Raccolta firme sulle due petizioni dei no pfas primo banchetto a Cologna Veneta
Raccolta
firme per le due petizioni sull'acqua inquinata dai pfas . Perla Blu ha
raccolto molte firme a Cologna Veneta -Bravissimi tutti quelli che
hanno firmato! Grazie a Piergiorgio e a chi lo ha aiutato e se qualcuno di qui ci aiuta raccogliamo anche a Lonigo nelle prossime domeniche
La regione ha ignorato il problema dei perfluori
La regione ha ignorato il problema dei perfluori di Cristina Guarda consigliere regionale lista Moretti oggi sul Gdv
I vecchi carboni dei filtri non ci sono più a Lonigo zona via dell'artigianato. Erano li da luglio 2015
Spariti i sacchi con i carboni dei filtri a Madonna di Lonigo! Che abbiano finalmente sostituito i filtri?
Fallisce l’azienda di Felice Maniero: vendeva acqua depurata ai Comuni
dal Corriere di Brescia
Faccia d’angelo, evasioni straordinarie,
droga, e gioco d’azzardo. Nel 1991, Felice Maniero, ordinò pure ai suoi
uomini di rubare le reliquie di Sant’Antonio a Padova. Missione
compiuta, ma solo in parte, perchè 71 giorni dopo, il 20 dicembre 1991,
lasciò le reliquie all’aeroporto di Fiumicino. Nel suo curriculum non
potrà inserire il fallimento d’azienda: la Anyaquae, società che vendeva
sistemi di filtraggio dell’acqua a tanti Comuni italiani (Nella
pratica: le «capannine» con l’acqua depurata) era intestata al figlio
illegittimo. Un bel successo, fino a che l’Asl ha scoperto che i
parametri di arsenico dell’acqua depurata che scendeva dalle sue
«capannine» erano fuori norma. Nessun Comune ha più firmato convenzioni
con la sua azienda e così è arrivato il fallimento.
Dalla Mala del Brenta al pentimento: Maniero è libero dal 2010
Alla guida della Mala del Brenta,
organizzazione di stampo mafioso creata e diretta da Maniero in persona,
«Felicetto» terrorizzò per tutti gli anni ‘80 il nord est con una banda
nata sul modello delle cosche. Cinquecento affiliati, traffici di droga
grazie a amicizie più o meno leggendarie con i vertici croati, furti,
rapine e una passione smisurata per la bella vita. Poteva permetterselo,
grazie alle sue imprese il portafoglio era gonfio di miliardi: dopo
essere evaso dal carcere di Fossombrone nel 1987, riesce a fuggire anche
dal penitenziario di Padova nel giugno 1994 corrompendo una guardia.
Amava anche l’arte: a Lugano trovarono nella sua disponibilità dei
Renoir e alcuni dipinti di De Chirico. Catturato nuovamente e per
l’ultima volta a Torino nel novembre 1994 (Memorabile il sorriso
sfoderato davanti ai fotografi, ai poliziotti avrebbe detto «Uffa,
ancora voi. Anche qui»), diventò collaboratore di giustizia e
contribuendo a smantellare la sua stessa banda tornò uomo libero nel
2010. Aveva cambiato nome: professione imprenditore. Di successo, manco a
dirsi.
Stabilitosi a Brescia in una bella villa di
Mompiano, ha diretto insieme al figlio illegittimo Alessandro Biselli
(Iscritto all’Aire, risiede a Siviglia in piazza Cabildo) la Anyaquae
srl, azienda di Roncadelle la cui sede legale è stata poi spostata a
Bolzano. Core business:sistemi per la depurazione delle acque, e fino
alla scoperta fatta dalla trasmissione di Rai 3, Report, nel giugno
2015, pochi sapevano che dietro la Anyaquae ci fosse l’ex boss. Il 17
febbraio 2016 il Tribunale di Brescia ha dichiarato il fallimento.
Chissà come l’ha presa Maniero, con quell’aria di impunità e il sorriso
leggendario. Grazie alla sua nuova identità, Felicetto e la sua Anyaquae
hanno venduto le casette per l’acqua a un buon numero di Comuni
italiani (Campi Salentina, Collepasso, Villa Castelli, Castelvetrano):
si dice che a scuola fosse tra i primi della classe, il suo sistema per
il filtraggio delle acque, brevettato, ha avuto un certo successo. Le
sue «capannine» pure, non che i depuratori venduti ai privati andassero
male. Nel 2011 si dedica al sociale: fornisce 30 pullman per il
trasporto dei disabili alla provincia di Bari. Il progetto si chiama
Solidaritybus, lui si fa fotografare con il presidente della Provincia
di Bari Francesco Schittulli e l’assessore Giuseppe Quarto. Un’immagine
mostra pure l’arcivescovo Francesco Cacucci consegnargli, al fianco di
Schittulli, una targa in segno di ringraziamento. «Proprio non avevano
idea di chi io fossi», spiegò Maniero al Corriere.
Il fallimento
Nel 2015 la svolta. Il suo nuovo nome è già
noto, ma la trasmissione Report di Rai 3 scopre che dietro all’Anyaquae
c’è Maniero. Poi arrivano le analisi sull’acqua e gli affari di Maniero
crollano. Difficile per un Comune fare affari con un boss , perlomeno
ufficialmente, ma sopratutto difficile vendere ancora un sistema di
filtraggio che l’Asl ha certificato come rischioso. I valori di arsenico
contenuti nell’acqua filtrata dalle casette comunali sono fuori norma:
Report torna all’attacco rendendo tutto pubblico e i suoi clienti, cioè i
Comuni stessi, strappano le convenzioni. A Fonte Nuova, 32mila abitanti
in provincia di Roma, ne è nata una bufera politica che è tutt’ora in
evoluzione. Il tramonto di Maniero l’imprenditore, invece, è già
segnato: il filtraggio non funziona, il nuovo nome è ormai pesante
quanto il vecchio e gli affari sono al minimo storico. Inevitabile il
fallimento, che vede come creditore richiedente la Legno Style srl,
azienda di proprietà di un falegname che nel 2012 ha costruito i mobili
per l’ufficio dell’Anyaquae. La fattura, trentamila euro, non è mai
stata versata. Il falegname, almeno lui, non si è fatto spaventare dal
cognome ed è andato fino in fondo.
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