Agli esami del sangue al Fracastoro si presenta solo il 70% dei convocati
Gianni Bertagnin
«L’acqua dell’acquedotto di San Bonifacio, per quanto riguarda
l’inquinamento da Pfas, oggi ne registra la presenza sotto i 5
nanogrammi: quindi non solo è perfettamente potabile ma è anche buona,
sicuramente migliore di quella minerale conservata nelle bottigliette di
plastica lasciate al sole». Questa la «sentenza», così riassunta dal
sindaco Gianpaolo Provoli, a conclusione del Consiglio comunale
straordinario di San Bonifacio dedicato al problema Pfas dopo che nel
sangue di alcuni cittadini di Lobia, che si erano sottoposti ad analisi
di laboratorio, sono stati rinvenuti valori di Pfas da zona rossa, anche
se il paese non vi rientra. Al Consiglio, come abbiamo riferito ieri,
sono intervenuti il direttore dell’Arpav Nicola Dell’Acqua, i
rappresentanti dell’Ulss 9 Linda Chioffi (Servizio igiene alimenti) e
Luciano Marchiori (Servizio prevenzione) e i tecnici di Acque Veronesi
Massimo Carmagnani ed Enzo Venturini, accompagnati dall’avvocato Paola
Briani. I cittadini che si sono sottoposti ad analisi del sangue sono
stati un adulto di 43 anni e una ragazzina di 16. L’inconciliabilità del
caso di Lobia con i dati rassicuranti dell’acqua pubblica è una
contraddizione che giustifica la richiesta di ulteriori controlli anche
sulla popolazione di San Bonifacio, fuori dalla zona rossa ma contigua.
Richiesta che è stata avanzata all’Ulss sia dal Consiglio che dal
sindaco stesso, per uno screening a campione, tra cittadini di vari
quartieri e di diversa età. L’Ulss si è resa disponibile e all’inizio
dell’anno prossimo darà una risposta precisa. L’ospedale Fracastoro di
San Bonifacio del resto già controlla 10 cittadini dell’area rossa al
giorno, cifra che salirà fino a 100. Attualmente però solo il 70 per
cento dei convocati si presenta al controllo del sangue. Il direttore
Dell’Acqua ha detto che l’Arpav «è a disposizione per qualsiasi altro
controllo e analisi con il suo laboratorio, ma posso confermare che
l’acqua di San Bonifacio è perfetta. Comunque per precauzione
continuiamo a studiare ogni aspetto del problema e assicuro che la
nostra attenzione è altissima». Marchiori ha dichiarato che l’Ulss
seguirà il caso di Lobia per «fare una strada insieme», per capire.
«Anzi, con il Piano che partirà all’inizio dell’anno prossimo non solo
sarà seguita la popolazione a rischio ma questa sarà seguita anche in un
percorso terapeutico per i prossimi 10 anni». Alle domande
sull’inquinamento degli alimenti prodotti nelle zone rosse, Chioffi ha
risposto ricordandto le centinaia di analisi già effettuate, dalle quali
è risultato nessuna presenza di Pfas nei vegetali «e solo qualcosa nel
mais di qualche zona del Vicentino e nel fegato di suini e avicoli o
nelle uova allevate a terra».