lunedì 25 settembre 2017

Pfas. Zaia nomina Dell’Acqua (Arpav) coordinatore commissione Ambiente e Salute

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Pfas. Zaia nomina Dell’Acqua (Arpav) coordinatore commissione Ambiente e Salute

L’organismo ha assorbito le competenze della “Commissione Tecnica Pfas”. Dell’Acqua, la cui nomina è già operativa, ricoprirà l’incarico gratuitamente. Zaia: “Abbiamo affidato a un supertecnico l’intera questione della battaglia contro l’inquinamento da queste sostanze, che vede la Regione Veneto in prima fila sin dal primo giorno”.

18 SET - Il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ha nominato, con un proprio decreto, il Direttore Generale dell’Arpav Nicola Dell’Acqua Coordinatore della CCommissione “Ambiente e Salute”, organismo che dallo scorso giugno ha assorbito le competenze della “Commissione Tecnica Pfas”.

Dell’Acqua, la cui nomina è già operativa, ricoprirà l’incarico gratuitamente.

“Abbiamo così affidato a un supertecnico – commenta il Governatore – l’intera questione della battaglia contro l’inquinamento da queste sostanze, che vede la Regione in prima fila, sia con le strutture dell’ambiente che con quelle della sanità, sin dal primo giorno”.

“Arpav – aggiunge – diventa così il dominus dell’intera partita con il Direttore Dell’Acqua che, nello svolgimento del suo incarico, ha già dimostrato esperienza, efficienza e competenza”.

18 settembre 2017

La radio ne parla del 25/09/2017Per l'OMS i Pfas (sostanze perfluoro alchiliche, impermeabilizzanti usati nei tessuti tecnici e nelle pentole antiaderenti) sono potenzialmente cancerogeni.

Per La Radio ne parla questa mattina radio 1 anche Michela Piccoli all'inizio. Molto interessante : Per l'OMS i Pfas (sostanze perfluoro alchiliche, impermeabilizzanti usati nei tessuti tecnici e nelle pentole antiaderenti) sono potenzialmente cancerogeni. In Veneto, nella "zona rossa" tra Vicenza, Padova e Verona cresce l'allarme per la presenza elevata nel sangue degli adolescenti.
Sono intervenuti: Sara Valsecchi, ricercatrice IRSA-CNR; Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia; Luca Lucentini, direttore del reparto di Igiene delle Acque Interne all'Istituto Superiore di Sanità; Fabrizio Pane, presidente della Società Italiana di Ematologia; Luca Cecchi, direttore No Pfas di Lonigo (VI); Nicola Dell'Acqua, direttore generale ARPAV e coordinatore della Commissione Ambiente e Salute della Regione Veneto; Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Per l'OMS i Pfas (sostanze perfluoro alchiliche, impermeabilizzanti usati nei tessuti tecnici e nelle pentole antiaderenti) sono potenzialmente cancerogeni. In Veneto, nella "zona rossa" tra Vicenza, Padova e Verona cresce l'allarme per la presenza elevata nel sangue degli adolescenti.
radio1.rai.it

domenica 24 settembre 2017

Corriere della Sera: Pfas, i rischi per la salute sono reali

Pfas, i rischi per la salute sono reali

Prodotti dagli anni Sessanta nella piana veneta fra Padova, Verona e Vicenza, sono
stati versati per decenni nelle acque superficiali delle campagne e da lì sono percolati
nelle falde contaminando un’area molto estesa, che comprende 21 Comuni

Mappa della contaminazione: la zona barrata a nord e arancio è all’origine della contaminazione, la zona rossa è quella di massima esposizione sanitaria, la gialla è area di attenzione, la verde area di approfondimento (Fonte Oms) Mappa della contaminazione: la zona barrata a nord e arancio è all’origine della contaminazione, la zona rossa è quella di massima esposizione sanitaria, la gialla è area di attenzione, la verde area di approfondimento (Fonte Oms)
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Il governatore del Veneto Luca Zaia accusa il Ministero della Salute di non aver raccolto il grido d’allarme delle autorità sanitarie locali sui famigerati Pfas, che hanno contaminato suolo e acque della regione, e di non voler fissare limiti stringenti su queste sostanze tossiche che da decenni vengono versate da alcune aziende nella zona fra Verona, Padova e Vicenza. Zaia ha dato mandato agli esperti della regione di stabilire autonomamente nuovi e drastici limiti a queste sostanze, cui dovranno uniformarsi tutti gli acquedotti del Veneto. «Prendiamo atto - aggiunge il presidente - che a livello governativo manca la volontà politica di gestire questo problema, basti pensare agli 80 milioni di euro promessi per la messa in sicurezza degli acquedotti e mai stanziati». Quali sono i motivi di questa ennesima tempesta politica, questa volta originata da un’emergenza ambientale?
Cosa sono i Pfas
I Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche) sono una famiglia di composti prodotti da decenni come sostanze idro e olio repellenti utilizzate nell’industria degli arredi e del vestiario. Per la loro resistenza termica vengono anche utilizzati come componenti delle schiume ignifughe. Studiati attentamente solo negli ultimi anni, i Pfas si sono rivelati pericolosi per la salute riproduttiva, ma anche per la loro capacità di aumentare nelle persone esposte il livello di colesterolo e aumentare il rischio di alcuni tumori.
La contaminazione in Veneto
Prodotti dagli anni Sessanta nella piana veneta fra Padova, Verona e Vicenza, sono stati versati per decenni nelle acque superficiali delle campagne e da lì sono percolati nelle falde contaminando un’area molto estesa, che comprende 21 Comuni. L’allarme in Veneto è stato dato solo nel 2013, quando ormai la contaminazione era un dato di fatto.
Danni molto seri alla salute
Dal 2013 la Sanità regionale, insieme all’Istituto Superiore di Sanità e con l’aiuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si è mossa con decisione sia per studiare gli effetti dei Pfas sulla popolazione dell’area interessata, sia per mettere in sicurezza l’acqua potabile, con l’installazione di filtri al carbonio e il divieto di utilizzo di pozzi privati e per usi irrigui. I Pfas, infatti, contaminano l’organismo essenzialmente per via alimentare.
I risultati delle indagini
Negli ultimi tre anni molte indagini sono state eseguite sulla popolazione dell’area contaminata. E i risultati sono preoccupanti. Fra il 2015 e il 2016 è stato condotta una campagna di biomonitoraggio umano su 507 persone della zona contaminate e di altrettante persone residenti fuori dall’“area rossa”. La concentrazione media di queste sostanze nel sangue degli esposti è risultata di 13 nanogrammi/grammo contro 1,6 nanogrammi/grammo nelle persone non esposte. Un’altra indagine ha esaminato i dati di salute riproduttiva della popolazione della zona rossa negli ultimi dieci anni, confermando l’aumento dei casi di diabete e sindrome di pressione alta (preeclampsia) durante la gravidanza e di nati con basso peso. Un altro studio ha poi osservato aumenti di mortalità per ischemie, malattie cerebrovascolari (nei maschi +19%), diabete (+25% nelle donne) e Alzheimer (+14% nelle donne). Negativi invece, almeno per ora, i risultati su i tumori più frequentemente associati ai Pfas, vale a dire quelli di fegato e testicoli.
Chi paga?
In una conferenza tenuta a Venezia, Greenpeace Italia ha sottolineato la gravità della contaminazione da Pfas in Veneto e ha ricordato che la fonte principale d’inquinamento da Pfas è la Miteni di Trissino (Vicenza), ex Rimar, uno stabilimento chimico che produce composti fluorurati sin dagli anni Sessanta. L’attuale proprietà di Miteni ha più volte sostenuto di non essere responsabile per l’inquinamento da Pfas. La responsabilità sarebbe, eventualmente, delle gestioni precedenti e sarebbe comunque da condividere con altre industrie della regione. Resta quindi da capire che paga per questi danni e per la sorveglianza sanitaria che accompagnerà per decenni i veneti contaminati dai Pfas.
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mercoledì 13 settembre 2017

Secondo l'assessore Bottacin, Roma mette i paletti sui rimedi per i Pfas

L'Arena- 06.08.2017

L’assessore Bottacin
«Roma mette paletti
per i rimedi ai Pfas»

L’approvvigionamento con acqua pulita degli acquedotti che adesso pescano dalla falda contaminata dai Pfas è programmato. L’unica cosa che manca sono i soldi che il Governo ha promesso formalmente un anno fa e ancora non sono arrivati. Perché a Roma, invece di dare corso a quanto è già stato deliberato, si continuano a porre nuovi paletti. Questo, detto in estrema sintesi, è il pensiero dell’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin sulla recente riproposizione da parte di rappresentanti dell’esecutivo Gentiloni, in particolare dal sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani, dell’accusa alla Regione di essere la causa del blocco dei fondi che permetterebbero di dare l’avvio agli interventi di contrasto dell’emergenza. Opere così complesse che necessitano di almeno cinque anni per poter essere portate a compimento. «Premesso che per legge gli interventi relativi agli acquedotti sono di competenza dei Comuni e delle autorità d’ambito che essi costituiscono, e che teoricamente dovrebbero essere coperti con gli introiti delle tariffe anche nel caso in cui vengano affrontati degli inquinamenti, la Regione, pur non essendo parte in causa, ha messo a disposizione la propria società Veneto Acque, per coordinare i progetti», spiega Bottacin. «Dopo che il Cipe ha deliberato finanziamenti per 80 milioni per gli interventi volti a garantire l’approvvigionamento con acqua pulita degli acquedotti, e che il ministro Galletti ha assicurato l’arrivo di quei soldi, da Roma sono stati imposti sempre nuovi adempimenti, tanto che siamo ancora qui ad aspettare che i soldi arrivino», aggiunge l’assessore. «Il piano ed i progetti preliminari c’erano già ed erano contenuti in atti a disposizione del governo, comunque, se serve, ora verranno mandati a Roma, comunque è chiaro che a mancare non è l’intervento della Regione». Il Veneto, secondo l’assessore, «è l’unico ente regionale ad aver approfondito la questione-Pfas, sta partecipando alle indagini in atto, ed è già intervenuto, ad esempio, avviando la realizzazione di nuovi pozzi a Carmignano sul Brenta».LU.FI.

All'incontro dei Genitori e di Luca Cecchi e Dario Muraro avvenuto in Regione il 6 settembre scorso, Bottacin avvisa che la regione ha presentato il progetto per i nuovi pozzi a Roma

Abbiamo però  I Comitati (dei Comuni di Carmignano, Fontaniva e Pozzoleone) molto contrari alla realizzazione di questi nuovi pozzi :
brenta_EscavazioniLa Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) autorizza il prelievo di 500 l/s in aggiunta agli 800 già sfruttati da anni da Etra: solo in futuro, se verrà ricaricata la falda, si potrà arrivare a 1750 l/s.
Già i 4 pozzi Etra ed i 4 nuovi costruiti in sponda del bacino possono prelevare il quantitativo di 1750 l/s, perché quindi si è deciso di sprecare 5 milioni di euro per farne altri 5 a sud sulla parte di terreno occupata dalle acque del Brenta, ossia in alveo?
Dopo i tre Esposti alla Regione, le tra Richieste alla regione, le 8.000 firme della Petizione, la“Marcia dei 2.000” del 7 maggio 2016, noi – i Gruppo Ambiente Carmignano, il Comitato giù le mani dal Brenta ed il Comitato Brentana Guardianasiamo – siamo stati in audizione al Ministero Ambiente a fine settembre e poi presso L’Autorità di Bacino a Venezia nel novembre 2016. La nostra azione ha concorso ad evitare l’escavazione nel fiume per il recupero di materiale per la protezione dei pozzi (4 Etra e altri 5 Nuovi a Sud) e ha portato ad un Decreto Regionale che prescriveva già nel 2004 lo spostamento fuori alveo dei pozzi Etra perché in zona a rischio idraulico – che, però, non ha mai avuto luogo –.
Nonostante in settembre sia stata prodotta una Delibera di A.T.O. del 2011 che dichiarava l’assoluta inidoneità della collocazione in alveo dei cinque nuovi pozzi a sud ed il relativo spreco di 5 milioni di euro, la Regione ha sempre argomentato, spudoratamente, che i pozzi non erano in alveo.
La prima causa del Comune di Carmignano di Brenta è stata chiusa nel dicembre 2016 per cessata materia del contendere. Veneto Acque/Regione, infatti, ha dichiarato di non prelevare il materiale per“protezione pozzi “ dal fiume, ma da fuori. L’azione dei migliaia di cittadini, quindi, ha concorso a far desistere dalla devastazione del fiume.
I Comitati (dei Comuni di Carmignano, Fontaniva e Pozzoleone), poi, hanno aperto una nuova causa hanno denunciato al Ministero dell’Ambiente e all’Autorità di Bacino la mancanza dell’Autorizzazione dell’Autorità di Bacino per la realizzazione del Progetto/Opere, un permesso necessario per Legge. Purtroppo la tattica dei rinvii consentirà di completare i lavori compresi i 5 pozzi a sud. E questo in contrasto con norme della stessa Regione e con spreco di denaro!
A queste circostanze ingiuste e paradossali si aggiungono anche altre questioni: perché non vengono date le verifiche del monitoraggio della falda, contrariamente alle direttive dell’Autorità di Bacino?
Perché non vengono consegnate le relazioni della Commissione Tecnica previste dall’Accordo di Programma e non si parla di un suo rinnovo prima della sua scadenza (2017)? Perché la ricarica della falda a nord – delegata al Progetto Democrito – non viene finanziato dalla Regione? La Magistratura non dovrebbe intervenire per le violazioni e le omissioni, dato che l’Accordo di Programma è un contratto a tutti gli effetti per i firmatari?
Noi Comitati, oltre a ciò, siamo preoccupati per un’ennesima notizia inquietante data dal Dirigente del Dipartimento Tutela Ambiente della Regione il 20 marzo a Cittadella: l’inquinamento da cromo in sin. Brenta Tezze-Fontaniva ed i conseguenti prelievi dalla falda di Carmignano/Camazzole, che serviranno anche le zone del vicentino-veronese. Come si può pensare che le falde di Camazzole possano servire la maggior parte del Veneto? Non è il caso di investire massicciamente nella bonifica delle aree inquinate, nei Controlli e nella Prevenzione di tutte quelle Patologie gravi che affliggono oggi tanti cittadini?
E ancora non abbiamo finito. Un altro progetto, riguardante la sponda Casoni-S.Croce, prevede nuove escavazioni nell’alveo del Brenta. Di fronte al silenzio dei Comuni, noi Comitati abbiamo deciso di intervenire, e abbiamo ottenuto tre risposte. La prima, deludente, consiste proviene dalla Regione, la quale, in modo pilatesco, ci ha detto che quando verrà presentato il Progetto definitivo sarà possibile presentare le Osservazioni in sede di V.I.A. Il secondo si riferisce a quanto affermato dall’Autorità di Bacino e cioè “ la necessità di osservare e mantenere l’attuale equilibrio plano-altimetrico e morfo-dinamico dell’ambito fluviale ….”,“tutto ciò in funzione della garanzia di un corretto scambio tra fiume e falda evitando che il corso d’acqua accentui il suo carattere drenante (e non disperdente) per possibili erronee modifiche morfologiche”. La terza, infine, riguarda gli altri 7 Progetti d’intervento a compensazione (scavo in alveo) e il loro passaggio in secondo piano.
Visti i precedenti e considerato l’atteggiamento degli amministratori regionali nel corso dei vari incontri pubblici è opportuno non abbassare la guardia e continuare a monitorare attentamente ogni atto pubblico che possa riguardare il Brenta.
Gruppo Ambiente Carmignano e  Comitato giù le mani dal Brenta

domenica 10 settembre 2017

Questo quello che sta succedendo a Carmignano sul Brenta i pozzi sono uno spreco di danaro e di inquinamento

brenta_EscavazioniLa Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) autorizza il prelievo di 500 l/s in aggiunta agli 800 già sfruttati da anni da Etra: solo in futuro, se verrà ricaricata la falda, si potrà arrivare a 1750 l/s.
Già i 4 pozzi Etra ed i 4 nuovi costruiti in sponda del bacino possono prelevare il quantitativo di 1750 l/s, perché quindi si è deciso di sprecare 5 milioni di euro per farne altri 5 a sud sulla parte di terreno occupata dalle acque del Brenta, ossia in alveo?
Dopo i tre Esposti alla Regione, le tra Richieste alla regione, le 8.000 firme della Petizione, la“Marcia dei 2.000” del 7 maggio 2016, noi – i Gruppo Ambiente Carmignano, il Comitato giù le mani dal Brenta ed il Comitato Brentana Guardianasiamo – siamo stati in audizione al Ministero Ambiente a fine settembre e poi presso L’Autorità di Bacino a Venezia nel novembre 2016. La nostra azione ha concorso ad evitare l’escavazione nel fiume per il recupero di materiale per la protezione dei pozzi (4 Etra e altri 5 Nuovi a Sud) e ha portato ad un Decreto Regionale che prescriveva già nel 2004 lo spostamento fuori alveo dei pozzi Etra perché in zona a rischio idraulico – che, però, non ha mai avuto luogo –.
Nonostante in settembre sia stata prodotta una Delibera di A.T.O. del 2011 che dichiarava l’assoluta inidoneità della collocazione in alveo dei cinque nuovi pozzi a sud ed il relativo spreco di 5 milioni di euro, la Regione ha sempre argomentato, spudoratamente, che i pozzi non erano in alveo.
La prima causa del Comune di Carmignano di Brenta è stata chiusa nel dicembre 2016 per cessata materia del contendere. Veneto Acque/Regione, infatti, ha dichiarato di non prelevare il materiale per“protezione pozzi “ dal fiume, ma da fuori. L’azione dei migliaia di cittadini, quindi, ha concorso a far desistere dalla devastazione del fiume.
I Comitati (dei Comuni di Carmignano, Fontaniva e Pozzoleone), poi, hanno aperto una nuova causa hanno denunciato al Ministero dell’Ambiente e all’Autorità di Bacino la mancanza dell’Autorizzazione dell’Autorità di Bacino per la realizzazione del Progetto/Opere, un permesso necessario per Legge. Purtroppo la tattica dei rinvii consentirà di completare i lavori compresi i 5 pozzi a sud. E questo in contrasto con norme della stessa Regione e con spreco di denaro!
A queste circostanze ingiuste e paradossali si aggiungono anche altre questioni: perché non vengono date le verifiche del monitoraggio della falda, contrariamente alle direttive dell’Autorità di Bacino?
Perché non vengono consegnate le relazioni della Commissione Tecnica previste dall’Accordo di Programma e non si parla di un suo rinnovo prima della sua scadenza (2017)? Perché la ricarica della falda a nord – delegata al Progetto Democrito – non viene finanziato dalla Regione? La Magistratura non dovrebbe intervenire per le violazioni e le omissioni, dato che l’Accordo di Programma è un contratto a tutti gli effetti per i firmatari?
Noi Comitati, oltre a ciò, siamo preoccupati per un’ennesima notizia inquietante data dal Dirigente del Dipartimento Tutela Ambiente della Regione il 20 marzo a Cittadella: l’inquinamento da cromo in sin. Brenta Tezze-Fontaniva ed i conseguenti prelievi dalla falda di Carmignano/Camazzole, che serviranno anche le zone del vicentino-veronese. Come si può pensare che le falde di Camazzole possano servire la maggior parte del Veneto? Non è il caso di investire massicciamente nella bonifica delle aree inquinate, nei Controlli e nella Prevenzione di tutte quelle Patologie gravi che affliggono oggi tanti cittadini?
E ancora non abbiamo finito. Un altro progetto, riguardante la sponda Casoni-S.Croce, prevede nuove escavazioni nell’alveo del Brenta. Di fronte al silenzio dei Comuni, noi Comitati abbiamo deciso di intervenire, e abbiamo ottenuto tre risposte. La prima, deludente, consiste proviene dalla Regione, la quale, in modo pilatesco, ci ha detto che quando verrà presentato il Progetto definitivo sarà possibile presentare le Osservazioni in sede di V.I.A. Il secondo si riferisce a quanto affermato dall’Autorità di Bacino e cioè “ la necessità di osservare e mantenere l’attuale equilibrio plano-altimetrico e morfo-dinamico dell’ambito fluviale ….”,“tutto ciò in funzione della garanzia di un corretto scambio tra fiume e falda evitando che il corso d’acqua accentui il suo carattere drenante (e non disperdente) per possibili erronee modifiche morfologiche”. La terza, infine, riguarda gli altri 7 Progetti d’intervento a compensazione (scavo in alveo) e il loro passaggio in secondo piano.
Visti i precedenti e considerato l’atteggiamento degli amministratori regionali nel corso dei vari incontri pubblici è opportuno non abbassare la guardia e continuare a monitorare attentamente ogni atto pubblico che possa riguardare il Brenta.
Gruppo Ambiente Carmignano e  Comitato giù le mani dal Brenta

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