il caso di contaminazione in veneto
Pfas, i rischi per la salute sono reali
Prodotti dagli anni Sessanta nella piana veneta fra Padova, Verona e Vicenza, sono
stati versati per decenni nelle acque superficiali delle campagne e da lì sono percolati
nelle falde contaminando un’area molto estesa, che comprende 21 Comuni
Mappa
della contaminazione: la zona barrata a nord e arancio è all’origine
della contaminazione, la zona rossa è quella di massima esposizione
sanitaria, la gialla è area di attenzione, la verde area di
approfondimento (Fonte Oms)
Il
governatore del Veneto Luca Zaia accusa il Ministero della Salute di
non aver raccolto il grido d’allarme delle autorità sanitarie locali sui
famigerati Pfas, che hanno contaminato suolo e acque della regione,
e di non voler fissare limiti stringenti su queste sostanze tossiche
che da decenni vengono versate da alcune aziende nella zona fra Verona,
Padova e Vicenza. Zaia ha dato mandato agli esperti della regione di
stabilire autonomamente nuovi e drastici limiti a queste sostanze, cui
dovranno uniformarsi tutti gli acquedotti del Veneto. «Prendiamo atto -
aggiunge il presidente - che a livello governativo manca la volontà
politica di gestire questo problema, basti pensare agli 80 milioni di
euro promessi per la messa in sicurezza degli acquedotti e mai
stanziati». Quali sono i motivi di questa ennesima tempesta politica,
questa volta originata da un’emergenza ambientale?
Cosa sono i Pfas
I
Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche) sono una famiglia di composti
prodotti da decenni come sostanze idro e olio repellenti utilizzate
nell’industria degli arredi e del vestiario. Per la loro resistenza
termica vengono anche utilizzati come componenti delle schiume
ignifughe. Studiati attentamente solo negli ultimi anni, i Pfas si sono
rivelati pericolosi per la salute riproduttiva, ma anche per la loro
capacità di aumentare nelle persone esposte il livello di colesterolo e
aumentare il rischio di alcuni tumori.
La contaminazione in Veneto
Prodotti
dagli anni Sessanta nella piana veneta fra Padova, Verona e Vicenza,
sono stati versati per decenni nelle acque superficiali delle campagne e
da lì sono percolati nelle falde contaminando un’area molto estesa, che
comprende 21 Comuni. L’allarme in Veneto è stato dato solo nel 2013,
quando ormai la contaminazione era un dato di fatto.
Danni molto seri alla salute
Dal
2013 la Sanità regionale, insieme all’Istituto Superiore di Sanità e
con l’aiuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si è mossa
con decisione sia per studiare gli effetti dei Pfas sulla popolazione
dell’area interessata, sia per mettere in sicurezza l’acqua potabile,
con l’installazione di filtri al carbonio e il divieto di utilizzo di
pozzi privati e per usi irrigui. I Pfas, infatti, contaminano
l’organismo essenzialmente per via alimentare.
I risultati delle indagini
Negli
ultimi tre anni molte indagini sono state eseguite sulla popolazione
dell’area contaminata. E i risultati sono preoccupanti. Fra il 2015 e il
2016 è stato condotta una campagna di biomonitoraggio umano su 507
persone della zona contaminate e di altrettante persone residenti fuori
dall’“area rossa”. La concentrazione media di queste sostanze nel sangue
degli esposti è risultata di 13 nanogrammi/grammo contro 1,6
nanogrammi/grammo nelle persone non esposte. Un’altra indagine ha
esaminato i dati di salute riproduttiva della popolazione della zona
rossa negli ultimi dieci anni, confermando l’aumento dei casi di diabete
e sindrome di pressione alta (preeclampsia) durante la gravidanza e di
nati con basso peso. Un altro studio ha poi osservato aumenti di
mortalità per ischemie, malattie cerebrovascolari (nei maschi +19%),
diabete (+25% nelle donne) e Alzheimer (+14% nelle donne). Negativi
invece, almeno per ora, i risultati su i tumori più frequentemente
associati ai Pfas, vale a dire quelli di fegato e testicoli.
Chi paga?
In
una conferenza tenuta a Venezia, Greenpeace Italia ha sottolineato la
gravità della contaminazione da Pfas in Veneto e ha ricordato che la
fonte principale d’inquinamento da Pfas è la Miteni di Trissino
(Vicenza), ex Rimar, uno stabilimento chimico che produce composti
fluorurati sin dagli anni Sessanta. L’attuale proprietà di Miteni ha più
volte sostenuto di non essere responsabile per l’inquinamento da Pfas.
La responsabilità sarebbe, eventualmente, delle gestioni precedenti e
sarebbe comunque da condividere con altre industrie della regione. Resta
quindi da capire che paga per questi danni e per la sorveglianza
sanitaria che accompagnerà per decenni i veneti contaminati dai Pfas.
22 settembre 2017 (modifica il 22 settembre 2017 | 12:27)
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