Pfas, a Vicenza la maxi inchiesta. Regione, toccherà ai tecnici proporre agli assessori gli interventi a tutela della salute |
Fino ad allora, la Regione non muoverà altri passi formali («Siamo in una stanza buia, bisogna procedere con cautela»). Men che meno la chiusura o lo spostamento della Miteni di Trissino, provvedimenti che al momento «non hanno ragion d’essere - assicura Zaia - perché la fonte di contaminazione è stata bloccata e l’inquinamento riguarda anni passati», anche se «un ragionamento, con calma, alla luce del Piano acque, andrà fatto su queste fabbriche che sorgono sulle falde» (ci vorranno 80 anni per dimezzare le Pfas nella falda sotto la Miteni, che peraltro slitta verso Sud di un chilometro all’anno). Fin qui, l’iter amministrativo. Poi ci sono quello sanitario e quello giudiziario, che invece proseguono. Quanto al primo, dopo aver monitorato 85 mila persone (con una spesa di 900 mila euro) e aver chiuso gli studi epidemiologici sull’uomo, ora la Regione sta continuando le analisi sull’acqua usata in agricoltura, per accertare se vi siano rischi per gli animali da allevamento, la frutta e gli ortaggi. E il 23 febbraio, a Venezia, si terrà un convegno sulle Pfas con esperti in arrivo da tutto il mondo (ci stanno lavorando anche i laboratori di Bonn dell’Oms).
Quanto al fronte giudiziario, ieri anche la procura di Verona, dopo quella di Vicenza, ha iscritto sul registro degli indagati il nome dell’ex amministratore delegato di Miteni, Luigi Guarracino, alla guida dell’azienda chimica fino a fine 2013. Tutti gli atti sono poi stati trasferiti alla procura berica, che sarà quindi titolare di un’unica maxi inchiesta veneta. L’ipotesi di reato, spiega Ezio Zanon, capo degli avvocati della Regione, è al momento quella di «avvelenamento delle acque» ma non si escludono reati ambientali legati al ciclo dei rifiuti. Zanon è affiancato dall’avvocato Dario Bolognesi, che si occupò della vicenda Solvay. «Ci siamo costituiti parte offesa, perché riteniamo di aver subito un danno di servizio, patrimoniale e d’immagine - spiega Zanon - l’interlocuzione con le procure è continua (in tre anni si contano 23 tra lettere e incontri, ndr ), intanto affrontiamo i ricorsi di chi contesta i limiti che abbiamo apposto alle emissioni, ritenuti perfino troppo stringenti».
Pfas, Atti da Verona a Vicenza: unica inchiesta veneta. L’indagine trasloca per competenza
Un’unica inchiesta veneta sui Pfas, le sostanze a potenziale cancerogeno riscontrate nelle acque del Veneto. Più di 60mila persone residenti nelle zone a maggior impatto a rischio «contaminazione». E altre 250 mila «interessate dal problema». Rischio Pfas nel sangue degli abitanti di tre province, da Verona a Vicenza fino a Padova: finora, a indagare, risultavano sia la procura berica sia quella scaligera.
Ma non sarà più così, dopo l’ultima, ennesima svolta nell’inchiesta veronese sui veleni in falda: come già avevano proceduto a fare nel 2016 i colleghi berici, adesso anche il pm scaligero Francesco Rombaldoni ha infatti iscritto il nome dell’ex amministratore delegato di Miteni spa, Luigi Guarracino, alla guida dell’azienda chimica di Trissino fino a fine 2013.E il fascicolo veronese «trasloca» a Vicenza.
Impegnato da due anni a fare luce su quello che, dati alla mano, si configura come un disastro ambientale» di estese dimensioni, il pm Rombaldoni ha atteso l’esito di una serie di analisi prima di decidere se trasmettere o meno gli atti a Vicenza per competenza e, tra gli altri, ha acquisito anche i dati dello studio di Regione Veneto e Istituto superiore di Sanità sui Pfas: prodotti per decenni dalla Miteni, sono sostanze chimiche utilizzate per impermeabilizzare pentole e tessuti e gli studi hanno dimostrato che hanno raggiunto le falde acquifere delle province di Vicenza, Verona e Padova.
All’ex Mastino, lo scopo principale dell’inchiesta era appurare se esistessero o meno fonti inquinanti locali, nel qual caso il fascicolo sarebbe rimasto a Verona per competenza territoriale.
Invece complesse analisi e consulenze hanno sancito che unico «colpevole» dell’inquinamento idrico è Miteni, alla cui guida come amministratore delegato da qualche mese c’è ora Antonio Nardone. Di qui la decisione, appena assunta dal pm Rombaldoni, di trasmettere gli atti a Vicenza: da due inchieste locali, dunque, si passerà a un’unica inchiesta veneta, di cui diventa titolare la magistratura berica.
Restano i rischi per la salute quelli che continuando ad allarmare di più. Dalla Regione sono emersi preoccupanti dati sugli effetti «anche mortali» delle contaminazioni nelle acque rimasti finora riservati.
E il report da Venezia è finito direttamente sul tavolo della procura scaligera allegato a un nuovo esposto-denuncia firmato Legambiente Verona e depositato dal legale Luca Tirapelle. È la terza volta che l’associazione si rivolge ai pm chiedendo con «di perseguire i responsabili dell’avvelenamento di migliaia di residenti», mentre Venezia a ottobre aveva rassicurato ufficialmente escludendo una possibile incidenza tumorale dei Pfas.
Recentemente però sono spuntati altri dati tutt’altro che rasserenanti:in base a una ricerca effettuata dal registro nascite coordinamento malattie rare della Regione datato 17 novembre 2016, sussisterebbero maggiori rischi di incorrere in patologie quali cardiopatie ischemiche, malattie cerebrovascolari, diabete mellito e Alzheimer. I più esposti, in particolare, risulterebbero i residenti tra Arcole, Cologna, Legnago e Zimella, oltre che nei Comuni berici Alonte, Lonigo e Sarego. Ma non è finita qui, perché lo stesso studio regionale rivelerebbe inoltre specifici rischi da Pfas per donne e neonati. Ma di tutto questo, ora, si occuperà Vicenza.
Il Corriere del Veneto – 20 gennaio 2017
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