(Rinnovabili.it) – Il Pd è uno dei partiti che appoggiarono il referendum sull’acqua bene comune,
l’ultimo a raggiungere il quorum nel 2011. Ieri, però, proprio per
iniziativa dei democratici, la gestione del servizio idrico ha fatto un
altro passo verso la privatizzazione. La Camera dei
deputati ha infatti licenziato la proposta di legge sulla tutela, il
governo e la gestione pubblica delle acque con 243 voti a favore, 129
contrari e 2 astenuti. Ora il testo passa al Senato, dove il governo
dispone di una ampia maggioranza.
Dopo il voto è stata bagarre in aula,
con le opposizioni che hanno messo in atto una protesta e dispiegato le
bandiere con la scritta “2 Sì per l’acqua bene comune”. La seduta è
stata sospesa dal presidente di turno, Roberto Giachetti.
Il conflitto tra maggioranza e
opposizione, tra Pd schierato per la privatizzazione – pur senza
ammetterlo – e M5S, Sel e SI sull’altro fronte, si combatte intorno
all’articolo 6.
È questo il cuore del ddl di iniziativa
popolare presentato ormai nel 2007 con 400 mila firme: prescrive
l’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato,
garantendo un anno agli enti per l’adeguamento. Ma prima in Commissione
Ambiente, poi ieri in aula, il Pd ha stravolto il senso del disegno di
legge originario, aprendo al mercato la gestione dell’acqua pubblica.
Il provvedimento approvato alla Camera, infatti, non reca più la formula che garantiva l’affidamento «in via prioritaria»
a società interamente pubbliche. Da un lato l’acqua resta un servizio
pubblico locale di interesse economico generale, e viene garantito anche
il diritto a un quantitativo minimo vitale
di acqua procapite (massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di
morosità). Dall’altro, per l’affidamento del servizio idrico integrato
non è più prioritario rivolgersi a società pubbliche. Il che è una
grossa apertura ai privati.
«Oggi è caduta anche l’ultima foglia di fico dietro la quale il Pd aveva provato a nascondersi – si legge nella nota
del Forum italiano dei movimenti per l’acqua – Infatti, la Commissione
Bilancio ha cancellato la via prioritaria assegnata all’affidamento
diretto in favore di società interamente pubbliche. Un disconoscimento palese e spudorato
che ha ribaltato il senso di quella legge sottoscritta da 400 mila
cittadini e aggiornata alla luce dei risultati del referendum popolare
del 2011».
Del resto, questa modifica va di pari
passo con il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo
della Legge Madia n. 124/2015. Qui si trova l’altra metà del disegno renziano:
l’obbligo di gestione dei servizi pubblici locali attraverso società
per azioni e il ripristino della «adeguatezza della remunerazione del
capitale investito» nella composizione della tariffa. La stessa riga che 27 milioni di cittadini avevano abrogato nel 2011.
Nessun commento:
Posta un commento