lunedì 27 marzo 2017

Approvazione del progetto per il campionamento e il monitoraggio delle acque di falda che alimentano i pozzi utilizzati per l'abbeverata degli allevamenti, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).

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Bur n. 29 del 21 marzo 2017


Materia: Acque
Deliberazione della Giunta Regionale n. 215 del 28 febbraio 2017
Approvazione del progetto per il campionamento e il monitoraggio delle acque di falda che alimentano i pozzi utilizzati per l'abbeverata degli allevamenti, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).
Note per la trasparenza
Al fine di delineare un quadro conoscitivo dello stato qualitativo della risorsa idrica sotterranea, viene attivata una campagna di analisi e monitoraggio sui pozzi utilizzati per l'abbeverata degli allevamenti, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).
L'Assessore Giuseppe Pan riferisce quanto segue.
Con comunicazioni prot. n. 37689/TRI del 29 maggio 2013 del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e prot. n. 10774 del 10 maggio 2013 del Ministero della Salute, le Strutture regionali per la Tutela dell'Ambiente e per la Sanità sono venute a conoscenza della presenza anomala di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) in diversi corpi idrici superficiali ed in alcuni punti di erogazione pubblici delle acque potabili nella provincia di Vicenza e aree limitrofe. In particolare le informazioni circa la presenza degli inquinanti in questione sono state desunte dalla relazione dell'Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR del 25 marzo 2013.
La Regione Veneto ha immediatamente attivato un tavolo di confronto con tutti i soggetti aventi competenza sulla distribuzione delle acque potabili e sulla tutela della salute, coinvolgendo i Gestori del servizio idrico integrato e ARPAV che ha provveduto ad effettuare puntuali analisi in merito alla concentrazione dei composti segnalati con campionamenti nei punti di prelievo delle acque potabili. Sono state inoltre coinvolte le Unità locali socio sanitarie, tenute costantemente informate dell'esito delle analisi effettuate e delle iniziative messe in atto per contenere le concentrazioni di tali composti.
Alla luce dei risultati delle analisi sono state prontamente attivate le opportune azioni di tutela della salute pubblica, mediante installazione da parte dei Gestori della rete idrica di idonei dispositivi di filtraggio, dismissione di pozzi potabili prelevanti acqua da falda contaminata, e conseguenti opere di interconnessione per abbattere le concentrazioni riscontrate e addurre l'acqua da fonti maggiormente sicure.
In proposito, si deve rilevare che con DGR n. 616 del 29 aprile 2014 la Giunta regionale ha approvato i primi indirizzi operativi anche per l'utilizzo dei pozzi nei Comuni interessati dalla presenza di sostanze perfluoro- alchiliche.
Una volta identificata la fonte di pressione è stata avviata la collaborazione fra tutti i Soggetti pubblici coinvolti, con il supporto scientifico dell'Istituto Superiore della Sanità e del Ministero della Salute, avviando anche un sistema di sorveglianza analitica. In questo contesto di diverse attività ARPAV ha organizzato e coordinato il monitoraggio e il controllo della qualità delle acque, realizzando puntuali analisi sulla presenza di PFAS nelle acque superficiali e sotterranee, i cui esiti sono stati pubblicati sul sito ARPAV.
Dev'essere evidenziato che nell'area interessata dalla contaminazione operano quattro Consorzi di bonifica, di cui uno di secondo grado, sia per l'allontanamento delle acque meteoriche che per l'adduzione e distribuzione dell'acqua irrigua. Quest'ultima attività viene esercitata sia attraverso l'utilizzo di acque superficiali che di quelle profonde; mentre l'irrigazione consortile vede nella risorsa idrica superficiale la principale fonte di approvvigionamento, anche grazie all'adduzione di acque dell'Adige realizzata dal consorzio di secondo grado L.E.B., l'irrigazione compiuta da agricoltori autonomi per il servizio irriguo trova nei pozzi privati la esclusiva fonte di approvvigionamento.
Per delineare un primo quadro conoscitivo della complessa idrologia dell'area, ARPAV e i Consorzi di bonifica competenti per territorio hanno fin dall'inizio collaborato per organizzare l'attività di monitoraggio delle acque superficiali e profonde che hanno consentito di confrontare i primi risultati con una idrologia fortemente connessa e mutevole al variare delle condizioni ambientali e delle stagioni, anche in ragione delle derivazioni irrigue.
Mentre il quadro conoscitivo delle acque superficiali utilizzate per l'irrigazione dava i primi risultati con la produzione di cartografie e documenti specialistici da parte di ARPAV, rimaneva da dedicare analoga attenzione alle acque di falda attinte dagli utenti irrigui autonomi attraverso numerosi pozzi privati.
Peraltro, nell'area in questione sono presenti pozzi privati le cui acque di falda vengono utilizzate per l'abbeverata negli allevamenti e per la produzione di alimenti.
Negli ultimi mesi sono state intraprese iniziative al fine di favorire le analisi delle acque dei pozzi utilizzati dagli allevatori per l'abbeverata; tali analisi sono state compiute da ARPAV sui campioni prelevati volontariamente dagli allevatori e consegnati ai laboratori ARPAV. Nel contempo sono state avviate anche le procedure per consentire l'accesso ai fondi comunitari degli allevatori per la installazione di apparecchiature di filtraggio nei pozzi la cui acqua viene utilizzata per la abbeverata.
E' evidente pertanto la necessità di avviare ora un'indagine sistematica relativa alle acque di falda utilizzate per l'abbeverata negli allevamenti, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione per quanto attiene il contenuto di PFAS, attraverso la realizzazione di un "progetto per il campionamento e il monitoraggio delle acque di falda che alimentano i pozzi utilizzati per l'abbeverata degli animali di allevamento, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture agrarie nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS)", che costituisce Allegato A al presente provvedimento, la cui realizzazione verrà affidata ad ARPAV.
Costituisce Allegato B al presente provvedimento la scheda per il campionamento, contenente sia le istruzioni sulle modalità di prelievo del campione, che le informazioni da compilare per la individuazione del pozzo.
In proposito, dev'essere evidenziato che ARPAV garantisce fin da luglio 2013 un'intensa attività di indagine e verifica analitica che interessa in particolare tutte le matrici sanitarie (acque grezze e potabili) e ambientali (acque superficiali e sotterranee, suoli, rifiuti, sedimenti, emissioni) per misurare la concentrazione di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).
Peraltro, è stata verificata la disponibilità dell'importo di € 40.000,00 sul capitolo 010080, articolo 25, del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2017-2019 "Studi e ricerche in materia di bonifica", codice 1.03.02.99.999 del Piano dei Conti, con il quale poter riconoscere ad ARPAV un contributo per la realizzazione del "progetto per il campionamento e il monitoraggio delle acque di falda che alimentano i pozzi utilizzati per l'abbeverata degli animali di allevamento, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture agrarie nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS)"; tale spesa non rientra nelle tipologie soggette a limitazioni ai sensi della l.r. n. 1/2011.
Per la realizzazione di tale progetto, che avrà una durata non superiore a 8 mesi, a partire dal 1° marzo 2017 e da concludersi entro il 31 ottobre 2017, va evidenziato che le attività previste potranno essere modificate o integrate, se necessario per un miglior perseguimento delle finalità del progetto, solo se concordate con la Direzione regionale Difesa del Suolo.
L'attività di cui sopra si configura quale monitoraggio d'indagine ai sensi del D.M. 260/2010, che è obbligatorio in casi specifici, e più precisamente quando è necessario valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale.
I risultati delle analisi costituiscono la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di interventi specifici atti a rimediare agli effetti della contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS); gli esiti delle analisi devono, quindi, essere trasmessi alle Unità locali socio sanitarie (ULSS) competenti per il territorio dei 21 Comuni interessati dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS), ai titolari dei pozzi campionati, nonché alle Strutture regionali competenti afferenti all'Area Sanità e Sociale, all'Area Tutela e Sviluppo del Territorio e all'Area Sviluppo Economico.
L'attività prevista da affidare ad ARPAV costituisce, pertanto, attività aggiuntiva rispetto a quanto già finanziato ad ARPAV nell'ambito dei campionamenti, dei monitoraggi e delle analisi per la valutazione dei livelli di contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).
Il relatore conclude la propria relazione e propone all'approvazione della Giunta regionale il seguente provvedimento.
LA GIUNTA REGIONALE
UDITO il relatore, il quale dà atto che la struttura competente ha attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione statale e regionale, e che successivamente alla definizione di detta istruttoria non sono pervenute osservazioni in grado di pregiudicare l'approvazione del presente atto;
VISTE le leggi regionali:
18 ottobre 1996, n. 32 "Norme per l'istituzione ed il funzionamento dell'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV)";
30 dicembre 2016, n. 31;
30 dicembre 2016, n. 32;
VISTA la deliberazione della Giunta regionale 7 febbraio 2017, n. 108 "Direttive per la gestione del bilancio di previsione 2017-2019";
VISTO il decreto del Segretario Generale della Programmazione 13 gennaio 2017, n. 1 "Bilancio finanziario gestionale 2017-2019";
VISTA la deliberazione della Giunta regionale 29 ottobre 2015, n. 1517 "Sorveglianza sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS): acquisizione dei livelli di riferimento per i parametri "Altri PFAS" nelle acque destinate al consumo umano, nonché individuazione delle aree di esposizione per gli ambiti territoriali interessati dalla presenza di PFAS";
VISTI gli articoli 26 e 27 del D. Lgs. n. 33/2013;
VISTO l'art. 2, comma 2, della legge regionale 31 dicembre 2012, n. 54;
delibera
1.  di approvare le premesse che costituiscono parte integrale e sostanziale al presente provvedimento;
2.  di approvare il "progetto per il campionamento e il monitoraggio delle acque di falda che alimentano i pozzi utilizzati per l'abbeverata degli animali di allevamento, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture agrarie nelle aree interessate dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS)", che costituisce Allegato A al presente provvedimento;
3.  di approvare la scheda per il campionamento, che costituisce Allegato B al presente provvedimento, contenente sia le istruzioni sulle modalità di prelievo del campione, che le informazioni da compilare per la individuazione del pozzo;
4.  di incaricare ARPAV di trasmettere gli esiti delle analisi sulle acque di abbeverata degli animali di allevamento, per la produzione di alimenti e per l'irrigazione delle colture agrarie, alle Unità locali socio sanitarie (ULSS) competenti per il territorio dei 21 Comuni interessati dalla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS), ai titolari dei pozzi campionati, nonché alle Strutture regionali competenti afferenti all'Area Sanità e Sociale, all'Area Tutela e Sviluppo del Territorio e all'Area Sviluppo Economico;
5.  di determinare in € 40.000,00 l'importo massimo delle obbligazioni di spesa a favore di ARPAV per la realizzazione del progetto di cui al punto 2, alla cui assunzione provvederà con propri atti il Direttore della Direzione Difesa del Suolo, entro il corrente esercizio, disponendo la copertura finanziaria a carico dei fondi stanziati sul capitolo n. 010080, articolo 25, del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2017-2019 "Studi e ricerche in materia di bonifica", codice 1.03.02.99.999 del Piano dei Conti;
6.  di dare atto che la Direzione Difesa del Suolo, a cui è stato assegnato il capitolo di cui al precedente punto, ha attestato che il medesimo presenta sufficiente capienza;
7.  di dare atto che la spesa di cui si prevede l'impegno con il presente atto non rientra nelle tipologie soggette a limitazioni ai sensi della LR 1/2011;
8.  di incaricare il Direttore della Direzione Difesa del Suolo all'esecuzione del presente atto;
9.  di incaricare gli Uffici competenti della Direzione Difesa del Suolo alla trasmissione ad ARPAV del presente provvedimento;
10.  di pubblicare il presente provvedimento ai sensi degli articoli 26 e 27 del D. Lgs. n. 33/2013;
11.  di pubblicare il presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto.
(seguono allegati)
215_AllegatoA_340802.pdf
215_AllegatoB_340802.pdf
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Pfas, la procura nomina i consulenti: c’è anche l’esperto del caso Dupont.


Pfas, la procura nomina i consulenti: c’è anche l’esperto del caso Dupont. Fletcher si è occupato di acque inquinate in America

Inchiesta Pfas: la procura di Vicenza ha nominato un pool di esperti, addirittura un super esperto inglese, il professore che condusse le ricerche in un caso analogo di inquinamento negli Stati Uniti, quello «famoso» della Dupont. Si tratta di cinque specialisti del settore, quattro dei quali dell’Istituto Superiore di sanità, che dovranno analizzare gli studi su Pfas e «mini-Pfas» realizzati finora (e spesso con risultati molto diversi) arrivando a stabilire quali siano i reali effetti delle sostanze perfluoro alchiliche sulla salute, se facciano effettivamente male e da quanto i manager della Miteni, azienda di Trissino sospettata di essere la principale responsabile dello sversamento, erano informati dei presunti effetti dannosi.
Molto dipenderà dall’esito di questa superconsulenza epidemiologica – un lavoro articolato e complesso – che i sostituti procuratori Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner hanno affidato al professor Tony Fletcher, attuale responsabile della sanità pubblica britannica, e a quattro esperti dell’Istituto Superiore di sanità, primo tra tutti Luca Lucentini, direttore del reparto Igiene delle acque interne del Dipartimento di ambiente e connessa prevenzione primaria. Un nome altisonante quello di Fletcher: per chi non lo conoscesse fece parte del gruppo di esperti indipendenti nominati dal tribunale dell’Ohio per gestire lo storico e paradigmatico caso di inquinamento da Pfas provocato dalla Dupont, nel 2008. Ora si occuperà del caso italiano, delle sostanze inquinanti scaricate nella falda acquifera che serve una vasta zona a cavallo tra le province di Vicenza, Verona e Padova, e che da lì è finita all’acquedotto e infine nel sangue di migliaia di cittadini. Un passaggio, la superconsulenza, che arriva dopo il sequestro dell’area in cui sono stati rinvenuti rifiuti industriali sepolti, dopo gli avvisi di garanzia spiccati nei confronti di nove manager (attuali ed ex) della Miteni, e il più recente sequestro in azienda (negli sedi della Miteni di Trissino e in Lombardia) di una grande mole di documentazione cartacea (a partire dall’epoca antecedente al 2009), di supporti informatici, email, pc. Materiale acquisito dai carabinieri del Noe di Treviso a cui toccherà anche vagliarlo attentamente.
L’obiettivo della procura è ricostruire l’utilizzo dei Pfas nelle fasi di produzione e nell’arco di tempo preso in considerazione, chiarire anche in questo caso se l’azienda fosse consapevole della dannosità delle sostanze e a partire da quando. Risposte che, assieme a quelle fornite dai cinque specialisti, saranno importanti per definire la posizione degli indagati a cui è stato contestato il reato di adulterazione dell’acqua (cinque rispondono anche di inquinamento ambientale). Sulla copertina del fascicolo compare anche il nome della Miteni, che si è sempre difesa sostenendo che «la produzione di Pfas a catena lunga è cessata sin dal 2011». Ed intanto sono già scattati alcuni esposti in procura di privati e una quarantina di sindaci hanno sfilato o a Lonigo per chiedere acqua pulita.
Il Corriere del Veneto – 26 marzo 2017

venerdì 24 marzo 2017

PFAS – Un fronte dal Basso Vicentino, Veronese e Padov





23 marzo 2017 - 14.04

PFAS – Un fronte dal Basso Vicentino, Veronese e Padovano

Per restare aggiornato sulle notizie dell'Area Berica e Basso Vicentino aderisci al gruppo Facebook: SEI DEL BASSO VICENTINO SE...
C’era anche l’Amministrazione comunale di Noventa Vicentina ieri, assieme a una sessantina di altri Comuni del vicentino, del veronese e del padovano, alla “marcia dei Sindaci”. Una manifestazione simbolica e priva di bandiere politiche organizzata dal Comune di Lonigo in collaborazione con le 8 Amministrazioni comunali (tra cui Noventa Vicentina) che hanno firmato il documento di diffida a Provincia, Regione e Governo affinché le Istituzioni competenti si impegnino economicamente per gli interventi di messa in sicurezza della rete idrica. Tutti i Comuni interessati dal 2013, quando è emerso il problema inquinamento Pfas, sono intervenuti seguendo scrupolosamente le indicazioni dell’Ulss di competenza, del Ministero della Sanità, dei Consorzi e degli Enti gestori degli acquedotti. Questi ultimi da subito sono intervenuti nel mettere in sicurezza gli acquedotti potenziando il filtraggio e aumentando il monitoraggio affinché fossero abbattuti i livelli delle sostanze pfas e pfos. Attualmente i nostri acquedotti sono sicuri e l’acqua che giunge nelle nostre case è potabile perché dentro i parametri. Certo l’impegno degli Enti gestori (organi di competenza per qualsiasi segnalazione sulla rete acquedotto, per Noventa è Acque Vicentine) sarà quello di intervenire nei prossimi anni in modo definitivo sulle fonti di approvvigionamento con un progetto di nuova realizzazione di “punti di pescaggio” verso fonti più a nord di Almisano. L’impegno ora più urgente e importante riguarda la bonifica del territorio contaminato e una serie di interventi per mettere in sicurezza le falde. Una particolare attenzione inoltre va data alla rete irrigua utilizzata per allevamenti e agricoltura. Anche qui l’impegno economico richiesto dai Consorzi per la realizzazione dei progetti di intervento prevedono ingenti somme di denaro. I Comuni, con responsabilità e tutti uniti, chiedono che gli Enti superiori (Provincia, Regione e soprattutto lo Stato) intervengano senza esitazioni nello stanziare le risorse necessarie. Nel frattempo siamo fiduciosi nel lavoro della Magistratura affinché individui i responsabili dell’inquinamento e imponga loro di pagare i danni prodotti. Si auspica inoltre che tutta questa vicenda possa servire per aumentare i controlli, salvaguardare i siti compromessi ed imporre a tutte le aziende che utilizzano materie chimiche di dotarsi di efficaci impianti di depurazione.




Rubrica pillole di Pfas: Aziende che usano acqua contaminata dalla Miteni

Rubrica pillole di Pfas:Riepiloghiamo: Nardone insiste a dichiarare, grazie agli "scoop" di qualche organizzazzione ambientalista, e alle sentenze di qualche tribunale che i Pfas sono ovunque, e quindi l'inquinamento delle falde e della acque potabili non è imputabile alla sola Miteni. Ripetiamo i numeri da fonte Arpav mai contestati da Miteni:96% Miteni. Facciamo parlare IL ragioniere Mondardo Presidente di Arica. Il Giornale di vicenza del 3/04/2016 articolo a firma di Cristina Giacomuzzo; titolo:" ALCUNE AZIENDE PESCANO DA POZZI GIA CONTAMINATI". Ecco il passaggio dove Mondardo replica alla dirigenza Miteni:"Mondardo infine smonta la difesa di Miteni che nei giorni scorsi rinviava la responsabilità dei reflui contaminati ad altre ditte che scaricano nei depuratori Arica:" è possibile che altri depuratori oltre a quello di Trissino siano presenti vecchi Pfas perchè le aziende per i processi di lavorazione pescano da falde inquinate da tempo. Sarà necessario procedere a una mappatura dei pozzi per evitare l'uso o imporre alle ditte di trattare le acque prima dello scarico". se tutto ciò non è sufficiente, per chiudere la diatriba che l'inquinamento da Pfas è imputabile alla Miteni per il 96%; vi invitiamo a rileggervi e sottolineare le parti riferite a come si è propagato l'inquinamento nel tubone Arica; l'audizone dei ricercatori del Cnr- Irsa, alla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Forse capirete che queste diatribe e linee difensive lasciano il tempo che trovano:http://documenti.camera.it/…/leg.17.stencomm.data20160525.U…: Dottor Nardone se proprio vuole trovare il capro espiatorio sull'inquinamento in zona da Pfas alle concerie o altre industrie della zona ( galvaniche), indica una riunione in Confindustria a Vicenza e fornisca i dati dei Pfas prodotti dalla Miteni e venduti alle industrie della zona da lei citate. Da quei dati se li fornirà si capira se quel 96% imputabile alla Miteni cala.

Verbale Assemblea interregionale di coordinamento dei Comitati Acqua Bene Comune Emilia-Romagna Veneto Marche

Assemblea interregionale di coordinamento dei Comitati Acqua Bene Comune Emilia-Romagna Veneto Marche

Bologna, 4 marzo 2016

Report

Comitati e realtà presenti: Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Parma, Forlì, Faenza, Rimini, Rovigo, Padova, Alta Padovana, Treviso, Vicenza, Marche – WWF Parma -WWF Forlì – ATTAC Italia (31 presenze)

Carissime/i,
oggi 4 Marzo 2017, presso il centro sociale G. Costa a Bologna si è tenuta l'assemblea interregionale di coordinamento dei Comitati Acqua Bene Comune Emilia-Romagna Veneto Marche.

La discussione ha tenuto conto del documento introduttivo presentato in Relazione da Corrado Oddi, rappresentando sia i successi che le difficoltà di questi anni, e l'oggettiva crisi attraversata da movimento, che purtuttavia dimostra ancora un certa capacità di iniziativa e sopratutto un credito sociale e politico diffuso che può essere la base per un rilancio.
Rilancio necessario, per contrastare le strategie di privatizzazione in corso che si dispiegano sopratutto a partire dall'iniziativa delle grandi Multiutility, attraverso un meccanismo sempre più spinto e accelerato di fusioni e incorporazione delle aziende in house, un risiko politico/finanziario che taglia fuori dal governo e dalla gestione dei servizi idrici le comunità locali.

Tratto distintivo dei comitati emerso dalla discussione molto partecipata, sono le differenze territoriali, sia sul piano delle soggettività che le compongono, sia per le diverse condizioni territoriali e di modelli gestionali, sia per i temi trattati in via prioritaria dai comitati.

La campagna di obbedienza civile – il secondo quesito referendario.

Questa è stata una delle due campagne decisive del dopo referendum per la realizzazione del secondo quesito referendario. Una campagna molto complessa che ha visto diversi comitati attivarsi, con risultati ed impegno diversificato.
In Emilia Romagna, la prima parte della campagna ha visto una notevole raccolta di ricorsi (alcune migliaia), ed un numero assai più ridotto di pratiche di autoriduzione, da citare il caso delle autoriduzioni di Modena, che hanno portato ad alcuni distacchi con successive battaglie per ottenere il riallaccio dell'erogazione dell'acqua.
Le difficoltà incontrate e la sentenza negativa del TAR dell'Emilia Romagna (causa condotta assieme a FEDERCONSUMATORI) e la sconfitta del TAR della Lombardia oltre che specifiche debolezze dei comitati hanno poi spento la campagna.

Più determinato è stato l'impegno costante e capillare del comitato Padovano, che in stretto rapporto con migliaia di cittadini ha condotto la battaglia dell'autoriduzione, sia sul terreno del profitto in bolletta, sia per le questioni della parte tariffaria della fognatura e della depurazione per la tutela degli utenti costretti a pagare pur in assenza del servizio. Questa lotta, coerente con gli obiettivi postreferendari, è avvenuta nel contesto che ha visto nel 2013 la fusione per incorporazione di ACEGAS-APS in HERA.
La battaglia ha visto importanti vittorie e riconoscimenti, ed oggi si confronta con un passaggio cruciale rappresentato da quella che sarà la conclusione del ricorso al Consiglio di Stato. A seconda dell'esito di quest'ultima vicenda, il Comitato di Padova ha chiesto una assunzione di responsabilità collettiva di tutto il movimento.

La battaglia per la ripubblicizzazione – il primo quesito referendario.

La battaglia contro la fusione HERA ACEGAS-APS, è stata condotta con sorprendente mobilitazione nei comuni dell'Emilia Romagna e del comune di Padova con buoni livelli di coordinamento delle diverse realtà. Pur concludendosi con la realizzazione della fusione, molte contraddizioni furono create nel percorso, tali da far dire all'allora Amministratore delegato di HERA che il percorso “ ...era stato un calvario dove l'azienda aveva sputato lacrime e sangue....”.

Le relazioni dei comitati hanno inoltre messo in luce le diverse realtà gestionali:
il Veneto caratterizzato dalla presenza di numerose piccole e medie realtà di gestioni in House con SPA totalmente controllate dai comuni, altre caratterizzate dalla presenza di multiutility come HERA. Sono stati illustrati processi che riguardano l'accorpamento di alcune di queste realtà monoutility e multiutility (acqua e rifiuti) come ad esempio nell'area polesana, vicentina e alta padovana o il processo di concentrazione di servizi con il consorzio di aziende pubbliche VIVERACQUE, e il sempre più marcato interesse di HERA ed A2A a queste realtà.
Il Veneto, è nella sostanza ritenuto da HERA territorio di conquista per allargare il proprio bacino di utenti e di Business, nella logica che storicamente ha contraddistinto la crescita di Hera per territori limitrofi e incorporazione di piccole e medie aziende.
Processi inoltre segnati dalla clausola del gestore unico di bacino, che spinge le piccole realtà ad accorparsi.
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L'Emilia-Romagna, invece contraddistinta dalla presenza di grandi Multiutility quotate come HERA ed Iren, e da un pugno di piccole aziende in House, ha visto il movimento concentrarsi nella battaglia per la ripubblicizzazione a Piacenza, Reggio Emilia e Rimini.
La battaglia si è conclusa con una sostanziale sconfitta di questa ipotesi: a Rimini si andrà a gara per il servizio con probabile vittoria di HERA, a Reggio Emilia verrà costituita una società mista con scelta del partner privato (IREN?) tramite gara a doppio oggetto, a Piacenza una gara con diverse ipotesi.
Dal 2021 con la scadenza della concessione ad HERA a Bologna si aprirà una stagione di scadenza del servizio in diversi territori con tempi diversi, sicuramente una fase nel quale il movimento dell'acqua dovrà attivarsi per mutare la prospettiva.
Degna di nota la vicenda di AIMAG, Multiutility dell'area della pianura Modenese già partecipata al 25% da HERA, che deve scegliere fra l'incorporazione completa in HERA o altre ipotesi di fusione (TEA?), qui il conflitto politico è fra il comune di Carpi (ipotesi HERA) e gli altri comuni in dissenso.
Contro la cessione di AIMAG il Comitato acqua pubblica di Carpi ha iniziato, proprio in questi giorni, la raccolta delle firme necessarie per indire un referendum consultivo comunale.
A Forlì, dopo che si è aperto il percorso di ripubblicizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti con relativo scorporo del servizio da HERA, si può riaprire la discussione che traguarda il 2023 (scadenza concessione idrico) per la ripubblicizzazione, individuando in Romagna Acque il possibile gestore in House del servizio Idrico.
A Parma la situazione vede la presenza di due gestori 100% pubblici (anche se spa) che stanno collaborando a un contratto di rete comune (ipotesi di fusione concreta). La creazione di un grande polo a gestione in house sarebbe realizzabile se il Comune di Parma scegliesse di affidarsi a Emiliambiente (una delle due società pubbliche) per il servizio idrico. Scelta strategica cui si è sottratta l’amministrazione “Cinque Stelle”, e per la quale il coordinamento solleciterà i candiati a sindaco di Parma.
A Ferrara la scadenza della concessione del servizio idrico a Hera avverrà al 2024, ma anche qui è possibile preparare il rilancio dell'ipotesi della ripubblicizzazione, sia puntando ad elaborare un vero e proprio studio di fattibilità sia in considerazione del fatto che la gestione dell'area del Basso Ferrarese è tuttora svolta da una SpA in house.

Marche – Gestioni:
MarcheMultiServizi Multiutility della provincia di Pesaro di proprieta dei comuni per circa il 52% e di HERA per il 47% circa; da altre SPA come Multiservizi o srl a totale proprietà dei comuni.

La questione della qualità dell'acqua -

Alcuni comitati veneti, si sono concentrati in una importante battaglia contro l'inquinamento delle acque superficiali e delle falde a causa degli sversamenti industriali, e delle politiche di prelievo degli inerti dal letto dei fiumi. Il disastro ambientale derivante da inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), denunciato quattro anni fa dai comitati locali, che parte da una ditta a nord-ovest di Vicenza (Miteni di Trissino) sta assumendo proporzioni impressionanti in quanto ha contaminato l’acqua di falda e di superficie di diverse decine di comuni veneti. Il lavoro di molti attivisti dei comitati vicentini e veronesi sta finalmente sollevando la questione a livello regionale e nazionale.
Battaglia importante perché va alle radici e alle questioni di base che motivano la nostra comune battaglia contro le privatizzazioni e contro la mercificazione dell'acqua.

Le relazioni che hanno dato conto delle diverse realtà territoriali, si sono intrecciate con la discussione di prospettiva.

PROPOSTA POLITICA PER L'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL MOVIMENTO DELL'ACQUA

Ripartire dalla nostra proposta di legge (LIP), dai referendum e dalla specificità' paradigmatica dell'acqua.

I contenuti referendari e della proposta di legge del movimento:
• la tariffa – no al full recovery cost e alla remunerazione del capitale (oggi oneri finanziari), al FONI ecc... in bolletta -fondi pubblici (fiscalità generale) per il minimo vitale garantito e per gli investimenti -no alla gestione di AEEGSI;
• la Ripubblicizzazione e l'iniziativa contro le privatizzazioni e la logica delle Multiutility;
I temi di base:
• qualità dell'acqua - gestione della risorsa e assetto idrogeologico – gli effetti del cambiamento climatico;
• acqua diritto umano – minimo vitale garantito no ai distacchi per morosità – revisione delle carte dei servizi;

Le connessioni con i temi generali da e oltre l'acqua:
La democrazia partecipata – dal referendum costituzionale alla difesa della democrazia sul territorio;
Contro tutte le privatizzazioni e i processi di finanziarizzazione dei beni comuni;
difendere il lavoro contro la mercificazione umana anche nella gestione dei beni comuni;

L'assemblea ha riconosciuto il grande valore sociale di pratica di difesa sociale e democratica attiva dell'esperienza Padovana di Obbedienza Civile e richiama l'intero movimento dell'acqua ad una forte vigilanza sull'istruttoria in corso al Consiglio di Stato sulla Tariffa e ad una mobilitazione a difesa dei praticanti l'Obbedienza Civile nel malaugurato caso che la sentenza fosse avversa.
Anzi, a maggior ragione in questo caso, tutto il movimento dell'acqua deve sentirsi coinvolto nell'assumere politicamente la battaglia per il riconoscimento di quest'importante esperienza.

L'assemblea ritiene centrale nella difesa degli esiti referendari le questioni della ripubblicizzazione e della tariffa e si impegna a condurre una valutazione comune dei processi in corso a livello interregionale al fine di contrastare i processi di fusione che porterebbero al definitivo esproprio dei cittadini e degli enti locali nella gestione dell'acqua.
A definire modalità di collaborazione tecnico scientifica fra i comitati per affrontare efficacemente le battaglie per la ripubblicizzazione a partire dalla elaborazione tecnica (studi di fattibilità) e di contrasto del metodo tariffario e dell'AEEGSI, in quanto organismo operante con logiche di mercato.

Le battaglie vanno rilanciate sui territori, ma necessitano di rilanciare anche la battaglia nazionale ed internazionale: rivendicazione della legge nella sua versione originale proposta dal movimento dell'acqua – contrasto di iniziative legislative tese ad ostacolare i processi di ripubblicizzazione.
L'assemblea considera importante la vittoria referendaria del 4 dicembre 2016 che tiene aperti spazi democratici e ci permette di ripartire da un assetto costituzionale democratico.
Nonostante l'approccio generoso del movimento dell'acqua, consideriamo la vicenda dei referendum sociali basata su un atteggiamento solipsistico e verticista di gran parte dei proponenti, le divisioni e la mancanza di reale comprensione degli elementi unitari di fondo, hanno impedito il dispiegarsi una campagna efficace ed in ultima analisi il raggiungimento dell' obiettivo.

Quindi, anche il rapporto con altre vertenze, va realizzato a partire dai contenuti specifici del Movimento dell'Acqua, con le reti ambientaliste, con i movimenti di critica alle privatizzazioni e alla mercificazione dei beni comuni, con i movimenti contrari alle grandi opere inutili e dannose, con i movimenti per la democrazia partecipata.

Ovviamente contro la devastazione delle finanze locali dei comuni.


Tutti hanno rivendicato il ruolo del coordinamento nazionale e della segreteria operativa come momento decisivo per il supporto alle vertenze locali.

Va affrontato il tema delle risorse economiche per questo scopo, va citata la proposta risultata minoritaria del meccanismo di iscrizione all'Associazione Acqua Bene Comune, la questione risorse è comunque legata alla ripresa dell'iniziativa dei comitati sul territorio.
Si può anche valutare l'ipotesi di dar vita ad una sottoscrizione con cadenza periodica all'Associazione, senza per questo determinare meccanismi assimilabili a quello dell'iscrizione.

Siamo d'accordo nel mantenere strutturalmente il coordinamento macroregionale come momento importante per definire strategie di lotta comuni.



Andrea Caselli cell. 335 730 7499 andrea_caselli@er.cgil.it


ALLEGATO 1

Vertenze acqua provincia di Vicenza

Il SII nel vicentino è diviso in tre ambiti territoriali:
bacino Bacchiglione è il più grande del Veneto che si estende tra le province di Vicenza e Padova, i quattro gestori si dividono in parti pressocche’ uguali gli abitanti del territorio, tre spa monoutility in house - Acque Vicentine , Alto Vicentino Servizi , Centro Veneto Servizi - ed HERA a Padova e comuni limitrofi)
bacino Brenta con gestore unico ETRA , spa multiutility in house che agisce fra la parte nord-est della provincia di Vicenza e l'alta padovana.
bacino Valle del Chiampo, ovest vicentino, il più piccolo d'italia e il più inquinato soprattutto per la presenza del distretto industriale della concia ha come gestori due spa monoutility in house, Acque del Chiampo e Medio Chiampo (3 piccoli comuni).

Sono già in fase avanzata di fusione Acque Vicentine e AVS, entrambe in scadenza nel 2026. CVS, anch’esso in scadenza nel 2026, ha incorporato in questi giorni Acque del Polesine, appartenente ad altro ambito territoriale, che avrebbe avuta una scadenza dell’ in house nel 2038. Hera a Padova scadra' nel 2028, nei comuni del piovesano nel 2030, ma e’ già scaduta e attualmente in regime di proroga ad Abano Terme. In teoria il gestore unico dell’ATO Bacchiglione dovrebbe quindi essere individuato nel 2026 nell'azienda che risulterà tra la fusione di Acque vicentine e AVS ed assorbire alle successive scadenze le concessioni più’ lunghe Hera compresa!
Tutti i gestori in house del Vicentino fanno parte, come gli altri del Veneto a totale capitale pubblico, di VIVERACQUA , consorzio di imprese nato come piattaforma per acquisti in comune di beni e servizi, che gradualmente assorbe diverse funzioni delle singole aziende (in programma laboratori di analisi e sportelli). Questo soggetto ha ideato ed è e’ destinatario di un importante prestito tramite la Banca Europea Investimenti chiamato Hydrobond, attualmente principale fonte di credito delle società socie. Questa struttura per statuto al suo interno non ha organi “politici” debitamente eletti ma è di natura “aziendalistica”, è un soggetto sovrastrutturale che comincia ad avere un ruolo molto importante.

Nell’ ATO Veronese vi sono due gestori, spa in house monoutility , Azienda Gardesana Servizi ed Acque Veronesi . Quest’ultima pero’ e’ partecipata per il 45 %, anziché’ dal Comune di Verona, da AGSM , multiutility 100% del Comune di Verona che agisce nel mercato libero di gas, elettricità’, e fuori dall’ in house per rifiuti, ecc.
AIM , analoga società’ 100% del Comune di Vicenza, anch’essa da tre anni volontariamente nel mercato, annuncia l’ interesse a fondersi con Agsm, in prospettiva a quotarsi in borsa, mentre e’ coinvolta in altra ipotesi aggregativa sul versante dei rifiuti con Etra, multiutility confinante del bacino brenta (che avrebbe in house l’idrico fino al 2033), e Alto vicentino Ambiente , società’ con affidamento in house fino al 2029 che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, proprietaria del 2’ inceneritore del Veneto, che naturalmente non brucia che secondariamente i rifiuti del proprio territorio.
Su queste ipotesi si sviluppa una attenzione particolare, per il rischio evidente di far cessare gli affidamenti in house in essere, pur mantenendosi la totale proprietà’ pubblica. Andrebbe a costituirsi una grande multiutility del centro veneto, con vocazione commerciale, per rifiuti e idrico, oltre che energia e multiservice (fra l’altro anche AIM, pur essendo l’acqua di Vicenza gestita da Acque Vicentine, ha mantenuto nel proprio statuto anche l’oggetto sociale del servizio idrico).
Sul versante della qualità’ delle acque e della tutela della falda, si segnala la ben nota vicenda dei PFAS, inquinamento industriale che si sviluppa tra le provincie di Vicenza, Verona e Padova, che si configura come un enorme disastro ambientale, con forte impatto sulla salute pubblica e sulla stessa produzione primaria del territorio. Attualmente l'approvvigionamento delle fonti idriche per uso civile è tamponato con l’uso di filtri a carboni attivi molto costosi, con relativo aumento di costi della tariffa, filtri fra l’altro non smaltibili, poiché’ non si conosce modo di degradare i pfas.
La necessita’ conseguente di abbandonare in prospettiva la falda contaminata comporta inoltre l’obbligo di ipotizzare una serie di condotte della rete acquedottistica gestita dalla Regione attraverso la sua società Veneto Acque , per portare ai Comuni inquinati acqua buona da altri territori, in particolare dal bacino del Brenta, già precedentemente coinvolto in un progetto finalizzato a vendere acqua alla zona polesana e costiera. La problematica di quest’ultimo progetto, fortemente osteggiato a livello locale, sta nel fatto di interessare l’alveo del fiume Brenta per la realizzazione dei pozzi e delle condutture, per prelievi quantitativamente eccessivi rispetto alle capacita’ naturali di ricarica della falda (il progetto di realizzare aree di espansione come zone di ricarica si e’ dimostrato inefficace ed e’ stato abbandonato), abbassamento della falda anche per l’escavazione di ghiaia e rischio inquinamento, oltre che devastazione di un sito protetto natura 2000 e discussi effetti sulla regolazione idrogeologica nella zona.

COORDINAMENTO ACQUA BENE COMUNE VICENZA

Allegato 2

SITUAZIONE IDRICO RIMINI – Contributo di Sara Visentin

Rimini sta concludendo il proprio iter tecnico/amministrativo per la gara europea trentennale.
Nel corso degli anni precedenti tale scelta ci sono state accese discussioni attorno ad una proposta alternativa che era quella di scorporare il settore idrico da Hera e passarlo all’interno della Società Romagna Acque SpA a totale capitale pubblico.
Premetto, prima di di fornire le motivazioni che hanno portato ad escludere Romagna Acque, che la scelta è stata di tipo meramente politico. Di fatto nei mesi precedenti alla votazione finale della gara avvenuta a dicembre 2015, si era chiesto uno studio di fattibilità per la ripubblicizzazione, un calcolo puntuale delle compensazioni da riconoscere al gestore uscente e un piano industriale trentennale del soggetto pubblico da costituire. Ovviamente nulla di tutto ciò è arrivato, con un rimpallo tra istituzioni (Comuni e ATERSIR) su chi dovesse sostenere i costi della spesa. L’unica cosa presentata è stato un powerpoint di 16 slides di cui 13 di tipo descrittivo su norme, esito del referendum ed analisi SWOT teoriche, e tre slides riassuntive dei tre punti chiesti sopra. In particolare: l’ammontare degli oneri da riconoscere al gestore erano 113 milioni circa (numero che ha avuto forti oscillazioni durante il dibattito); si prevedevano 50 milioni per la costituzione di una nuova società pubblica; il piano industriale composto dai soli costi e non dalle entrate prevedeva investimenti sull’ordine di 200 milioni in 30 anni. Analisi reputata insufficiente e strumentale.

Di seguito vi riassumo alcuni aspetti del dibattito relativo allo scorporo del ramo idrico da HERA per introdurlo all’interno di Romagna Acque:
• La Legge Regionale che definisce le modalità di gestione del Servizio Idrico Integrato all’art. 14 obbliga la separazione fra il soggetto che gestisce le fonti e l’approvvigionamento idrico da chi gestisce depurazione e fognature. Trattandosi di Legge Regionale, questo limite potrebbe essere facilmente rimosso.
• Dal momento che Romagna Acque opera in un bacino comprendente le province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna, la scelta di affidare la gestione del SII di Rimini a Romagna Acque avrebbe impattato economicamente anche sulle attività che coinvolgono anche altri Comuni. Rilevo che c’è stata condivisa posizione contraria da parte degli altri soci di R.A. per timore di perdere importanti benefit. Ricordo che le le altre province vanno tutte in scadenza il 2023.
• Romagna Acque è la banca dei vari Comuni soci, oltre ad essere la banca di Hera. Avendo introiettato il “profitto” ma essendo ente totalmente pubblico deve reinvestire tale profitto in investimenti. L’ammontare complessivo accumulato nel tempo (dato al 2014) era di circa 80 milioni di euro che sono stati così spartiti: circa 50 milioni destinati al NIP 2 di Ravenna, circa 30 milioni anticipati per gli interventi fognari di Rimini. Non sapendo che farsene di tutti questi soldi che entrano dal cosiddetto onere del capitale, R. A. ha rinunciato alla remunerazione del capitale togliendola unilateralmente dalla bolletta. Cosa che HERA ovviamente non ha fatto.
• Il presidente di R.A. del PD Riminese ha avuto una posizione contrastante, perché da un lato difendeva l’ottima gestione pubblica, dall’altra invece non poteva andare contro la volontà politica di affidare la gestione ad HERA. Quindi è stata la stessa R.A. a mettere un veto sull’operazione di acquisizione del SII riminese da HERA.
Tralascio la questione “il privato è bello e il pubblico è fallito” che ha caratterizzato il dibattito.
Avendo seguito direttamente l’elaborazione del piano investimenti e avendo preso parte a diverse discussioni tecniche sul SII riminese affermo con convinzione che a Rimini era AMPIAMENTE possibile ripubblicizzare il SII, soprattutto partendo dal fatto che la solidità economica di R.A. era tale da sopportare investimenti.

Io penso che la discussione di trasformare R.A. nell’Ente di gestione del SII vada ripresa, per consentire alle altre due province di mettere i bastoni fra le ruote ad HERA e metterla in difficoltà su Rimini. Penso anche che la battaglia vada comunque fatta per impedire una possibile privatizzazione di R.A. (ci sono diverse voci di corridoio che avvallano questa opzione).

Penso anche che su Rimini bisognerebbe riattivare un gruppo di lavoro che faccia da pungolo sul bando e sul contratto di gara, oltre che acquisire forza per mettere in campo azioni forti come a Padova per l’autoriduzione. La bolletta dell’idrico nel corso del 2016 ha avuto aumenti folli e si potrebbe far leva su questo aspetto. Questo secondo punto però non sarà facile se le forze in campo sono nulle come ora, mentre sul ruolo di controllo e perché no di partecipazione diretta della città al controllo potrebbe essere una sfida più semplice per le forze in campo presenti e per allargarle di conseguenza.





Allegato 3

Contributo alla discussione del Comitato Padovano

Carissime/i amiche/amici del Forum, carissime/i acquaiole/i tutte/i,
abbiamo deciso, come comitato padovano, di partecipare a questa assemblea macroregionale perché vorremmo, a partire dalla nostra esperienza, porre sul tappeto alcune questioni che sentiamo urgenti.

Orbene, al punto in cui siamo, la domanda secca (e, ahinoi, drammatica) che dovremmo tutti porci è: come attuiamo il risultato referendario del 2011, a cominciare dall’eliminazione del PROFITTO, vale a dire quella remunerazione del capitale (oggi oneri finanziari) che - nonostante il vittorioso 2° quesito- continua (e siamo nel 2017) a pesare in tariffa (insieme al FONI e ai tanti costi non effettivi previsti dall’ MTI-2)?
Perché è questo, a nostro avviso, il nodo di fondo che, collettivamente, non abbiamo saputo o voluto sciogliere, coltivando l’illusione che processi di ripubblicizzazione potessero avviarsi e compiersi a prescindere dalla sua soluzione, nonostante la centralità che gli stessi referendum gli avevano giustamente dato.
Ma la realtà, come sempre, è più forte: il fallimento di quei processi ci dice una cosa semplice, e cioè che la corsa dei privati all’accaparramento della risorsa idrica, o le resistenze dei percettori di utili alla trasformazione delle s.p.a. (quantunque a capitale pubblico) in azienda speciale, non cesseranno fintanto che sull’acqua sarà possibile continuare a fare utili, profitti!!
Come sapete, noi, a Padova e provincia, dal 2013 (vale a dire dopo la scandalosa operazione di fusione per incorporazione del locale gestore Acegas-Aps in HERA s.p.a.) ci proviamo autoriducendoci le bollette proprio di quella componente tariffaria di profitto mai eliminata dai gestori, e cioè con l’Obbedienza civile, grazie alla quale abbiamo costruito una rete di utenti consapevoli che l’attuazione dei referendum deve muovere dal basso, dal contributo di ciascuno alla battaglia collettiva (resa viepiù ardua dalle continue minacce del gestore di sospensione del servizio agli obbedienti “morosi”) e, per questa via, siamo riusciti, con grande fatica, a tenere alta, in questi anni, l’attenzione sul problema dell’acqua e dei beni comuni cittadini...
Non solo, l’Obbedienza civile ci ha consentito di attivare (ed essa stessa ha beneficiato di) battaglie parallele, come quella contro i mancati investimenti da parte del gestore. Lo attesta lo scandaloso stato della rete idrica cittadina, con interi quartieri non serviti dagli impianti di depurazione e, spesso, di fognatura, mentre i relativi servizi venivano regolarmente fatturati in bolletta, nonostante il divieto posto dalla sentenza 335/2008 della Consulta e il D.M. 30/9/2009.
Così, nel silenzio di ATO, gestore e “istituzioni” ci siamo attivati noi e dopo una capillare azione di denuncia e informazione abbiamo ottenuto che AcegasApsAmga pubblicasse sul suo sito gli elenchi delle utenze coinvolte (meglio, truffate), rimborsasse loro la quota di depurazione con un pregresso di 10 anni e senza necessità di produrre istanza, mentre, per gli utenti non allacciati alla fognatura (che il gestore aveva escluso dal rimborso automatico), abbiamo ottenuto che l’istanza di rimborso venisse inviata al domicilio dell’utente.
Così, a gennaio 2016, il gestore ha rimborsato 3.538 utenti per un totale di 3.092.212€ + interessi e abbiamo ottenuto che questi rimborsi non fossero caricati sulla tariffa.
Ma soprattutto, l’Obbedienza civile ha permesso di focalizzare l’attenzione degli utenti sulla bolletta e, in particolare, sulla tariffa del servizio idrico integrato:
■ sul fatto che l’MTI dell’AEEGSI, col suo moltiplicatore tariffario, fa crescere la nostra tariffa del 6% all’anno. Dal 2011 a oggi essa è cresciuta del 42% e continuerà ad aumentare negli anni a venire. La nuova tariffa, entrata in vigore il 1° gennaio 2016, ha portato la % di autoriduzione delle nostre bollette al 19,5% (la situazione non è molto diversa per gli altri tre gestori dell’ATO Bacchiglione, nonostante siano tutti e tre in house);
■■ di scoprire e sventare i truffaldini incrementi del deposito cauzionale (attraverso il loro storno dalla bolletta unitamente alla quota di autoriduzione), ai danni di quegli utenti che non avvalendosi della domiciliazione bancaria o postale, presentano, a detta del gestore, un profilo di “rischio- insolvenza” maggiore degli altri. Una misura che, oltre a penalizzare le utenze più deboli, voleva essere vessatoria proprio nei confronti di coloro che, per autoridurre la bolletta, sono costretti a disdettare la domiciliazione. Senza dimenticare che il metodo tariffario in vigore inserisce già la morosità come costo in tariffa. Dunque, l’aumento in questione è un modo di fare cassa e, per gli utenti, si risolve in una modifica unilaterale del contratto da parte del gestore;
■■■ di contrastare l’operazione con la quale il gestore intendeva compensare eventuali crediti vantati dagli utenti con il “debito” accumulato con le autoriduzioni o, addirittura, bloccare i rimborsi- depurazione (da 500 a 1000 e passa € ad utente) in presenza di autoriduzioni, anche di poche decine di euro! Questo perché l’autoriduttore (benché paghi regolarmente i consumi fatturati, limitandosi a stornare solo la componente tariffaria di profitto) è considerato dal gestore un utente “moroso”. Così, al termine di un lungo braccio di ferro con AcegasApsAmga, fatto di denunce, sit in, conferenze stampa etc., abbiamo ottenuto dal gestore lo sblocco (e il pagamento) degli eventuali crediti vantati dagli utenti (a prescindere dalle autoriduzioni) e, soprattutto, la messa in mora dei solleciti di pagamento delle quote autoridotte fino a sentenza del Consiglio di Stato! Risultato clamoroso, perché riconosce la sostanza tutta politica dell’autoriduzione quale lotta per l’attuazione del risultato referendario del 2011!!
■■■■ ancora, di scoprire che il (truffaldino) sistema di fatturazione adottato dal gestore intende farci pagare due volte l’adeguamento tariffario 2016. Ciò sarà oggetto di una nostra pronta risposta.
Infine, da Ottobre 2016, abbiamo lanciato, in città, una grande raccolta di firme su una Proposta di deliberazione consiliare di iniziativa popolare (art. 16 dello Statuto del Comune di Padova), che presenteremo alla nuova giunta comunale, con la quale chiediamo una modifica della vigente Carta del Servizio Idrico Integrato e del Regolamento di AcegasApsAmga affinchè, in caso di morosità, nessuna utenza resti priva di acqua (deve essere garantita la fornitura giornaliera essenziale per persona tenendo conto anche della pressione di erogazione dell’impianto) e, nel caso di utenze domestiche, comprese quelle condominiali, che il gestore non possa procedere alla limitazione della fornitura idrica, anche nelle forme della riduzione del flusso, se non previo accertamento giudiziale dell'inadempienza dell'utente. Completano la Proposta la rimodulazione degli gli scaglioni tariffari da applicare dopo aver diviso il consumo per i componenti del nucleo familiare (le famiglie numerose oggi pagano il costo a mc. anche 3 volte di più con l’ultimo scaglione) e la creazione di un fondo di riserva a sostegno delle utenze disagiate, alimentato esclusivamente dai dividendi.
PER CONCLUDERE
Ecco, dunque, in estrema sintesi, ciò di cui ci siamo nutriti in questi anni. Il nostro faro è sempre stato l’attuazione dei referendum del 2011 a partire dall’eliminazione del profitto dalla tariffa, quale conditio sine qua non per eliminare il privato dalla gestione dell’acqua e, dunque, ripubblicizzare.
Con questo non intendiamo affermare che non siano state legittime, importanti le battaglie per l’ICE, sulla nostra LIP, per la costituzionalizzazione del diritto all’acqua, contro i decreti Madia o la stagione dei referendum sociali per le quali pure ci siamo spesi, ma esse avrebbero potuto essere combattute a prescindere dai referendum del 2011.
Ma oggi siamo ad una snodo dirimente della nostra battaglia: il Consiglio di Stato sta per pronunciarsi su quel metodo tariffario coniato dall’AEEG(SI) che rappresenta la chiave di volta di tutto quel potente sistema politico-affaristico-mafioso per il quale acqua e servizi pubblici locali sono e saranno sempre merci. Metodo che nega alla radice lo spirito e il risultato referendario (ma nel documento del FORUM non ve n’è traccia ed inoltre non riusciamo a capire e riteniamo incomprensibile il diniego oppostoci alla lettura delle motivazioni addotte dal nostro tecnico di parte e rinnoviamo la legittima richiesta con garanzia di non divulgazione).Probabilmente la sentenza del C.d.S. (che, insieme a centinaia e centinaia di autoriduttori, attendiamo con ansia...) non ci permetterà più di praticare l’Obbedienza civile, per cui la centralità della questione profitto dovrà essere aggredita percorrendo altre strade.

• Ma intanto, vorremmo che il movimento dell’acqua (o ciò di cui esso resta) riconoscesse a noi e ai comitati che in solitudine l’hanno combattuta, mettendoci la propria faccia, rischiando ogni giorno, faticando fino all’inverosimile, il merito di aver portato avanti una battaglia sacrosanta e, dunque, il debito accumulato nei nostri confronti.
• • Non solo. I comitati autoriduttori vanno, a nostro giudizio, sostenuti. Se l’appello confermerà, pur con qualche aggiustamento, la sentenza di 1° grado, gli “obbedienti” saranno costretti a restituire, in tutto o in parte, le quote di autoriduzione legittimamente sottratte, in questi anni, ai gestori (per tanti si tratterà di migliaia di euro!).
Ebbene, noi, come comitato padovano, in questa malaugurata hp., per tante, ovvie ragioni, non intendiamo restituire un bel nulla: che il Movimento si faccia carico della legittimità e, soprattutto, della politicità di questa battaglia e ci sostenga nel chiedere, con forza, la sanatoria delle quote di autoriduzione!
• • • La lotta dovrà poi continuare, avendo bene in mente la centralità della questione profitto.
A tale proposito occorrerà approfondire la conoscenza del Metodo tariffario e i meccanismi che consentono il profitto in tariffa, come la remunerazione degli investimenti, il mettere a costo i contributi a fondo perduto passati e futuri attraverso il FONI, le partite pregresse, i conguagli illeciti ecc. ecc.
Su questa base, per continuare a tenere alta la problematica sull’argomento, proveremo a CONTESTARE le future bollette SOSPENDENDONE il pagamento, come deciso a Pistoia in un recente convegno tra comitati autoriduttori. Perché gestori e ATO devono sentirsi sempre controllati dai comitati e dai cittadini organizzati, devono sentire il loro fiato sul collo...
Non solo. Pensiamo, a questo punto, sia necessaria porre in essere una campagna di delegittimazione dell’AEEGSI in quanto tale. L’esautorazione dell’ex organo di vigilanza dei servizi idrici (Conviri) e l’attribuzione delle sue competenze ad un organismo già esistente e, come tante volte detto, tutto dentro alle logiche di mercato, l’AEEG, si è rivelato, molto più dei successivi provvedimenti renziani, il vero e proprio vulnus della volontà referendaria. D’altra parte, come ricorderete, il C.d.S., in un famoso “parere”, richiesto proprio dalla neo nominata AEEG, ebbe già a pronunciarsi sulla illegittimità della persistenza in tariffa del profitto (di qui la finta restituzione dei 5 mesi post referendum...). Quel precedente fece sicuramente scuola (brivido dei gestori...): occorreva un sistema che ripristinasse la “bruciata” remunerazione e l’AEEG (poi non a caso AEEGSI), stava lì apposta...
Dunque, è l’AEEGSI, la logica con cui opera, il principale ostacolo all’attuazione del risultato referendario.
E’ la sua presenza a far sì che l’in house agisca con logiche privatistiche e mercantili. E’ la sua presenza a trasformare i sindaci in interessati azionisti e a porli di traverso ai percorsi di ripubblicizzazione. E’ l’AEEGSI la nostra vera controparte. Insomma, se non è bastato ricorrere contro il suo metodo, innalziamo lo scontro, ricorriamo contro chi quel metodo ha emanato!
Comitato Prov. 2SI AcquaBeneComune – Padova

APPENDICE

Inquinamento dell’acqua potabile da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)

L’inquinamento più marcato riguarda la cosiddetta “Zona rossa” (secondo la definizione della Regione), che comprende 21 comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova (per PD l’unico comune è Montagnana, il cui gestore è il Centro Veneto Servizi), per una popolazione di 130.000 persone circa.
Gli utenti della zona rossa si trovano ad affrontare i seguenti problemi.
Bevono un’acqua che viene definita potabile grazie al fatto che sono stati adottati dei valori limite molto elevati (da 10 a 20 e più volte i limiti adottati in Germania ed in Ohio);

non conoscono la concentrazione di PFAS presente nell’acqua che bevono (i gestori hanno installato dei filtri, ma le concentrazioni nelle acque “potabili” non vengono divulgate, come lamentava recentemente Greenpeace nei confronti della Regione, la quale ha millantato “la massima trasparenza”;

di fatto si trovano a dover usare l’acqua minerale (almeno quelli che possono) per bere e cucinare: perché allora pagare anche la bolletta? Perché non contestarla e non pagare del tutto, oppure autoridurla, per es. del 50%?

potrebbero trovarsi addebitati in bolletta i costi dei filtri che periodicamente devono essere sostituiti: i comitati quindi devono leggere i bilanci e vigilare a che ciò non avvenga;

potrebbero trovarsi addebitati in bolletta, in futuro, anche i costi della sostituzione delle fonti di approvvigionamento degli acquedotti (prevista entro 3-4 anni), per la quale sono o verranno stanziati soldi pubblici, ma che per effetto del FONI, vengono recuperati nella bolletta: anche qui i comitati devono vigilare su bilanci e tariffa.

Nessun costo della depurazione da PFAS delle acque potabili deve essere scaricato sugli utenti: i costi li devono pagare gli inquinatori, in questo caso la Miteni di Trissino, compresi i risarcimenti per i danni alla salute della popolazione esposta e compresa naturalmente l’immediata cessazione


Allegato 4

Contributo attivisti Forum dei beni comuni dell'Ato 1 Marche Nord


1) Nelle Marche esistono 5 ATO in cui l'acqua è gestita da più gestori. Le gestioni sono per lo più S.p.A. a completa partecipazione pubblica ad eccezione dell' ATO 1 Pesaro-Urbino dove uno dei tre gestori è misto pubblico-privato con partecipazione al 50% di Hera S.p.A. C'è l'intenzione (sostenuta da una pdl non ancora pubblicata) da parte dell'attuale governo regionale PD di creare un Ato unico regionale.
Al momento la difficoltà ad attuare tale progetto è dovuta proprio alla frammentazione di gestioni nel territorio.

2) A livello regionale il coordinamento marchigiano dei movimenti per l'acqua ha un nome ed un'autorevolezza derivanti dall'esito referendario, ma nei fatti è fermo su iniziative sul territorio ad eccezione di qualche richiesta e audizione nelle commissioni regionali e locali. Singoli attivisti del movimento trasferiscono informazioni e proposte a consiglieri locali che poi sollevano le questioni nelle sedi amministrative. Esiste una lista di mail che è per lo più informativa delle iniziative e situazioni nazionali. Una maggiore attività si riscontra nel territorio dell' Ato 1 dove gli attivisti dell'acqua hanno creato un gruppo di studio chiamato "Forum dei Beni Comuni" che si occupa di acqua, rifiuti e sanità. I partecipanti a tale gruppo sono riconosciuti e ricercati da cittadini, amministratori e organi di stampa e tengono rapporti costanti con l'Ato di appartenenza su temi quali i distacchi (minimo vitale), le perdite, i piani degli interventi, le analisi della qualità dell'acqua. Uno dei partecipanti al forum ha intentato presso l'AEEGSI una causa contro l'Ato per un caso di perdite occulte. Si conferma anche in questo caso (come avviene anche nel caso di chi pratica l'obbedienza civile) che l'interesse del cittadino si riaccende nel momento in cui vengono proposte azioni dirette e concrete.

3) Per quanto riguarda il finanziamento al movimento nazionale, è stato riconsegnato quasi per intera la quota dei rimborsi referendari ed attualmente il coordinamento marchigiano non ha una strategia di autofinanziamento che ci permetta di contribuire ulteriormente.

Due proposte:
- "iscrizione/sovvenzione" all'Associazione Acqua Bene Comune
- i comitati di ogni regione si alternano ogni anno o ogni due anni ad occuparsi dell'organizzazione del coordinamento nazionale, fermo restando che alcuni comitati hanno particolari responsabilità trovandosi in determinati territori (Roma per quanto riguarda i rapporti coi parlamentari, Milano per quanto riguarda i rapporti con l'AEEGSI etc...). (questa ultima proposta non è stato possibile portarla all'attenzione dell'assemblea a causa della mancanza di tempo)