giovedì 28 aprile 2016

Com'è l'acqua che esce dai ‪#‎rubinetti‬ di Vicenza?

Raffaele Colombara ha convocato la Commissione salute ambiente e sanità oggi pomeriggio a Vicenza per capire cosa si fa per prevenire i danni dei pfas
Com'è l'acqua che esce dai ‪#‎rubinetti‬ di Vicenza?
Quali misure sono state poste in essere per la tutela della ‪#‎salute‬?
Ho convocato in Commissione per oggi pomeriggio Ulss 6 e Acque Vicentine per le prime risposte a queste ed altre domande che in questi giorni ho raccolto tra quanti si sono fermati a chiedere informazioni e firmare le petizioni per un'acqua pulita.
La Commissione si riunisce alle 17.30 a Palazzo Trissino ed è aperta a tutti; la raccolta firme continua sabato pomeriggio, sempre in corso Palladio.
continua la raccolta firme: a Vicenza finora 1300 adesioni alle petizioni per

MASSIMILIANO BUCCHI sull'economia e società

Sulla questione Pfas , dopo la divulgazione dei dati del biomonitoraggio sulla popolazione è un continuo fluire di informazioni sui quaranta anni di inquinamento ambientale del Veneto dovuto al suo modello produttivo.Oltre alle informazioni ci sono i commenti degli esperti.Sul Corriere del Veneto del 24/04 /16 vi è l'opinione del sociologo della scienza MASSIMILIANO BUCCHI, fondatore di Observa, che ha curato per il distretto conciario vicentino il progetto Parco riguradante il tema gassificatore dei fanghi.Bucchi centra il punto sullo sviluppo del Veneto quando scrive:" negli anni cinquanta e sessanta periodo a cui ripensiamo talvolta con compiacente nostalgia l'urgenza di riscattarsi dalla miseria morale e materiale caratterizzò uno sviluppo che non si curava troppo delle proprie conseguenze. Ambiente, qualità della vita, sostenibilità erano parole ancora sconosciute. Si faceva si costruiva a testa bassa, lasciando più o meno incosapevolmente alle future generazioni il compito di raccogliere i cocci e i veleni lasciati per strada. Erano gli anni così vuole la leggenda in cui ENRICO MATTEI, scoperchiava nottetempo il territorio dei comuni iganri per stendere i gasdotti. I limiti di questo sviluppo cominciarono ad essere evidenti all'opinione pubblica nei decenni successivi....". BUCCHI prosegue: " oggi viviamo in una "società del rischio", che la tro non è che una società consapevole di non avere più un " fuori" in cui smaltire i propri rifiuti e in generale le conesguenze indesiderate delle proprie azioni...". BUCCHI nel suo editoriale dice una cosa semplicissima:" l'acqua che inquiniamo oggi è quella che non stessi berremo domani. Sviluppo oggi significa o dovrebbe significare-benessere non solo crescita materiale. Ma quell'acqua "inquinata" non ci dice solo qualcosa di preoccupante sulla nostra salute, ci dice che le nostre idee sono ancora ferme a metà del secolo scorso....". è a questo punto che BUCCHI tocca il tema sempre sottotraccia quando si parla di ambiente e di disastri ambientali causati dai processi produttivi del modo di produzione capitalistico. Scrive BUCCHI:" basti pensare alla retorica dilagante, buona per ogni questione, della "tutela dei posti di lavoro". per cui le cose andrebbero fatte o non fatte per il solo motivo che creano o salvaguardano posti di lavoro....". Poi BUCCHI esprime un concetto che dovrebbe porre dei quesiti sia al singolo cittadino/a che alle istituzioni a cui i cittadini/e delegano la regolamentazione della vita politica-sociale- economica:" è stupefacente come nessuno abbia il coraggio di dire che è il lavoratore , più che il posto di lavoro che và salvaguardato, e prima di tutto in quanto essere umano. E se il lavoratore poi tornato a casa beve acqua cancerogena, mantenergli il posto di lavoro serve a ben poco....". BUCCHI per rendere più comprensibile il suo pensiero fà degli esempi concreti:" mettiamo che si trovino domani efficaci metodi di cura o di assistenza per anziani affetti da patologie come l'Alzheimer. Questo inevitabilmente farà perdere alcuni posti di lavoro come le badanti: dobbiamo per questo arrestare la ricera medica? Non avremmo i treni, perchè è indubbio che abbiamo tolto posti di lavoro a chi conduceva le carrozze trainate dai cavalli....". BUCCCHI conclude la sua riflessione con una domanda:"Non sarebbe invece meglio chiedersi se certe attività, se certi metodi produttivi, oltre a creare o mantenere posti di lavoro, siano oggi sensati e sostenibili?. Per noi e i nostri figli, perchè l'acqua che beviamo ogni giorno non abbia il sapore amaro- oltre che rischioso- di una sconfitta morale e culturale". Insomma la riflessione del professor BUCCHI, dovrebbe aprire un dibattito nel mondo della politica, dell'economia, del sindacato, dei movimenti civici di cittadini/e, finendola con le risse nelle ormai stantie trasmissioni televisive e radiofoniche, forse buone per fare ascolti, ma non a produrre passi avanti su questi drammatici temi: ambiente salute, lavoro.

"AGGIORNAMENTO SITUAZIONE INQUINAMENTO DA PFAS"Commissioni Consiliari Servizi sociali, Sanità, Ambiente e Territorio,Montecchio Maggiore

AVVISO
Si comunica che le Commissioni Consiliari Servizi sociali, Sanità, Ambiente e Territorio, convocate congiuntamente per le ore 18.30 del giorno giovedì 28 aprile 2016 presso la sala del consiglio comunale di Montecchio Maggiore e aventi come ordine del giorno "AGGIORNAMENTO SITUAZIONE INQUINAMENTO DA PFAS", si riuniranno invece in sala civica "Corte delle filande". All'incontro sarà presente anche il dott. Mantoan, direttore generale della Sanità Veneto.

EMERGENZA PFAS 8 MAGGIO MARCIA DEI PFIORI


«Pfas, vogliamo limite a zero e responsabili in tribunale» Boscagin (portavoce "Acqua Libera dai Pfas"): «adottare subito misure straordinarie»





Boscagin (portavoce "Acqua Libera dai Pfas"): «adottare subito misure straordinarie»


«Voglio sapere cosa mi ha provocato nel sangue e come me lo vogliono sapere tutti i cittadini del collegnese». E’ questa la domanda pressante che Piergiorgio Boscagin, presidente del circolo “Perla Blu” di Cologna e uno dei portavoce del coordinamento Acqua Libera dai Pfas, rivolge alle istituzioni. È preoccupato, arrabbiato, battagliero. Mercoledì sono stati resi noti i dati parziali sul biomonitoraggio umano a seguito della contaminazione da pfas nelle provincie di Vicenza, Verona e Padova, e come ampiamente preventivato da Legambiente e dal coordinamento, il sangue dei cittadini testati presenta tracce di sostanze perfluoroalchiliche molto superiori al sangue dei soggetti residenti al di fuori delle zone contaminate.
Il coinvolgimento di 350 mila abitanti e 30 comuni sono le dimensioni che nel Veneto ha già assunto il problema dell’inquinamento da Pfas e purtroppo sono dati che sono destinati a crescere in quanto l’inquinamento della falda acquifera sta aumentando e coinvolgendo un territorio sempre più vasto. Per quanto riguarda il territorio scaligero, Acque Veronesi gestisce nell’area interessata da tale presenza l’acquedotto di Almisano-Lonigo, l’impianto che effettua l’emungimento da falda profonda e il trattamento di parte della portata e della fornitura alla rete acquedottistica dell’area in gestione (Arcole, Veronella, Zimella, Albaredo d’Adige, Cologna Veneta, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo di Guà, Legnago, Boschi Sant’Anna, Bevilacqua e Terrazzo).
«Facciamo notare», dice Boscagin, «che dall’indagine avviata dalla Regione Veneto mancano ancora i dati relativi ai 120 soggetti probabilmente più esposti al problema, vale a dire gli operatori e i residenti di aziende zootecniche. Ce la siamo trovata nell’acqua, poi negli alimenti. Era dunque molto probabile», insiste Boscagin, «che ci fosse anche nel sangue. La situazione appare critica e urge al più presto uno studio approfondito anche nelle altre zone del Veronese e del Padovano che a tutt’oggi risultano escluse dal biomonitoraggio, così come risulta urgente lo studio sulle matrici alimentari, che già nel campionamento fatto in precedenza presentava dati preoccupanti nel 10% dei campioni analizzati». Boscagin chiede l’immediata richiesta dell’indagine epidemiologica su tutta la popolazione come è avvenuto negli Stati Uniti. «Solo che lì l’episodio era di dimensioni più piccole. Eppure su 70 mila persone esposte al fenomeno, sono state eseguite 69 mila analisi. Se pensiamo ai nostri numeri (350 mila ndr.) questo dà la dimensione di che razza di disastro dobbiamo affrontare. Riteniamo sia assolutamente necessario adottare immediatamente misure straordinarie per la protezione delle fasce di popolazione più debole, bambini donne incinte e malati».
La seconda richiesta immediata alle istituzioni è quella relativa agli acquedotti. «Qui bisogna trovare fonti alternative, peraltro già individuate da Acque Veronesi. L’ha detto anche Berton (Francesco Berton il direttore dell’azienda veronese, ndr) che ha parlato di nuovi impianti a Caldiero, Zevio e Verona Est. Così è fondamentale trovare al più presto fonti alternative per gli acquedotti inquinati, visto che anche l’Istituto Superiore di Sanità individua come causa principale della presenza di sostanze perfluoroalchiliche nel siero umano l’uso prolungato dell’acqua contaminata dalla presenza dei pfas». Va ricordato che a scopo preventivo Acque Veronesi ha adottato una serie di contromisure, aumentando la frequenza della sostituzione di carboni attivi e avviando diverse sperimentazioni. Inoltre, per la risoluzione della fase di emergenza è stato inviato alla Regione Veneto un progetto di ampliamento del comparto di accumulo e potabilizzazione dell’impianto di Lonigo, con un costo previsto di oltre 2,8 milioni. Ad oggi, Acque Veronesi ha sostenuto costi di prima gestione dell’emergenza per oltre 700 mila euro ed altrettanti dovranno essere sborsati per interventi a breve termine. Tutto questo pone un problema economico, che come gli stessi ambientalisti riconoscono rischi di ricadere sull’agricoltura. È pacifico per i cittadini del colognese che i danni li deve pagare chi ha inquinato. «Serve un’azione comune», diche Boscagin «con i sindaci e le associazioni di categoria, perché sennò chi inquina non paga mai».
Sul territorio veronese prosegue da parte del comitato la raccolta di firme lanciata da Legambiente che ha raggiunto finora 8 mila adesioni. Cosa si chiede? Primo: un limite ai limiti, perché ad oggi in Italia non esiste una legga che definisca i limiti consentiti dei valori di Pfas nelle acque, ma solo valori guida non vincolanti. «Chiediamo une legge – dice Boscagin – che ponga limiti ai Pfas nelle falde e limiti allo scarico che siano uniformati ai valori più restrittivi vigenti. Per noi è zero! Serve confrontarsi con i limiti dei valori imposti dagli americani». Secondo: acquedotti liberi da Pfas. «Chiediamo», conclude Boscagin, «che gli acquedotti contaminati vengano allacciati a fonti di approvvigionamento non inquinate». Oltre l’acqua dell’acquedotto sono stati anche inquinati pozzi privati ai quali molte famiglie attingono per usi alimentari e irrigui il cui uso ora è stato vietato. Per il coordinamento non ci sono dubbi: ribadisce che «chi ha provocato e permesso tale disastro ambientale dev’essere perseguito in ogni sede, sia penale che civile».
(ph: Nicola Pasotto per Diennefoto)


mercoledì 27 aprile 2016

Pfas, il biologo: diluizione con l’Adige? Inaccettabile Il professore padovano Tamino boccia la soluzione accarezzata da Zaia: «no ai colpi di spugna. Chi sbaglia deve pagare»

Pfas, il biologo: diluizione con l’Adige? Inaccettabile

Il professore padovano Tamino boccia la soluzione accarezzata da Zaia: «no ai colpi di spugna. Chi sbaglia deve pagare»

gianni-tamino
«Non possiamo transigere dal criterio per cui chi ha inquinato paga. È un principio sancito dalle norme italiane e da quelle europee, anche se i responsabili si trincerano troppo spesso dietro società fittizie, scatole cinesi, fallimenti pilotati ed intermediari di comodo. Chi compra si assume la responsabilità o ci si rivale su chi ha inquinato in passato». Non ha dubbi Gianni Tamino nel contestare, seppure indirettamente, la linea della giunta regionale veneta che per gestire l’emergenza pfas chiede fondi allo Stato. Tanto che chi lo conosce sa che in questo senso il professore universitario, già docente a Padova di biologia e fondamenti di diritto ambientale, un luminare in materia, non è mai arretrato di un millimetro rispetto al convincimento per cui “chi rompe paga e i cocci sono suoi”.
Così quando recentemente la giunta Zaia ha reso noti i dati preliminari sull’inquinamento da sostanze Pfas per il cosiddetto affaire Miteni, la notizia, l’ennesima in una regione martoriata dai veleni (come rammenta sul Corveneto il sociologo Massimiano Bucchi, non ha preso alla sprovvista l’accademico patavino). Per di più la Miteni di Trissino, che poi è lo stabilimento chimico che è considerato il maggior responsabile della contaminazione da pfas (noti anche come perfluorati alchilici), è da decenni un osservato speciale. Quando l’azienda si chiamava ancora Rimar ed era una delle imprese della famiglia Marzotto «la fabbrica – ricorda Tamino – fu responsabile di una caso di inquinamento da Trifluralin, un diserbante in qualche modo precursore dei pfas, che obbligò gli abitanti di Sovizzo ad usare per lungo tempo l’acqua delle autobotti ai fini potabili. La cosa interessante è che all’epoca gli inquinanti seguirono la stessa direttrice che hanno seguito nel caso dei perfluorati. Ovvero partenza dalla valle dell’Agno fino alle porte di Vicenza per un verso. E poi giù lungo il corso dell’Agno-Fratta per l’altro. Erano la fine degli anni Settanta e mi occupai direttamente della cosa».
Cosa è cambiato nel frattempo? «Purtroppo – rimarca il docente – in Italia e nel Veneto stiamo ancora patendo l’inquinamento degli anni ’60 e ’70. Cui vanno sommati i fattori di stress ambientale più recente. In diversi casi si è proceduto con una semplice messa in sicurezza. Le bonifiche vere e proprie sono al di là da venire. Per quanto concerne i pfas poiché questi sono entrati nella catena alimentare bisogna fare in modo che le aree, i vegetali o gli animali inquinati rimangano il più possibile contenuti». Non c’é solo la Miteni: va considerato l’impatto di imprese chimiche a Lonigo e a Montecchio che sono dotate di una sorta di inceneritori. «Di più, ci siamo accorti che i pfas sono immessi nel ciclo idrico anche dai depuratori, anche se in quantità ben minore che dal sito trissinese». Infine ci sono le concerie a cui «per anni sono stati consentiti scarichi in deroga alle leggi». Per il prof i tempi sono maturi perché ogni stabilimento «si doti di un sistema continuo di controllo non manomissibile dei reflui e della loro incidenza sull’acque. Una centralina che invii i dati alle autorità preposte e che non sia bypassabile. Detto in altri termini – ed è questa la sfida che Tamino lancia agli industriali – da una determinata fabbrica deve uscire acqua in modo tale che la stessa sia riutilizzabile dal medesimo impianto. Cosicché l’acqua prelevata sia solo quella che si perde nella fase di lavorazione. Solo così le industrie saranno costrette a pulirla davvero».
Frattanto però c’è chi come Luciano Zampicinini, presidente del consorzio Leb (ovvero il consorzio che gestisce l’omonimo canale irriguo che alimentato dall’Adige serve bassa Veronese, Ovest Vicentino e bassa Padovana e che connette anche l’Adige al sistema dell’Agno-Guà-Fratta), ha dichiarato al Giornale di Vicenza del 25 aprile che la contaminazione da Pfas potrebbe essere contrastata aumentando la quantità di acqua immessa dall’Adige «negli scoli irrigui connessi». Una diluizione, la cui idea di fondo viene accarezzata anche dall’esecutivo Zaia, che sta facendo storcere il naso ad un pezzo del mondo ambientalista. Lo stesso approccio peraltro venne seguito quando si usarono le acque dell’Adige per diluire i reflui conciari convogliati dall’Arzignanese fino a Cologna Veneta. Una pratica duramente contestata negli anni, tra gli altri, da Legambiente.
Tamino liquida la proposta come  «inapplicabile perché illegale. E soprattutto – puntualizza lo studioso – è un modo inaccettabile per non affrontare il problema alla radice. È come dire a chi inquina continua pure a farlo che poi ripuliamo. Ma di che cosa stiamo parlando?». Non a caso il professore si dice «assolutamente contrario a questa opzione» ed invita «a non porre come al solito il dilemma ingannevole della guerra tra poveri che ci obbliga a scegliere tra lavoro da una parte e salute ed ambiente dall’altra giacché si tratta di questioni tutte importanti».
Riflessione finale: «Alla lunga lavorando nel rispetto dell’ambiente porta lavoro e benessere. Ci hanno fatto credere negli ultimi quarant’anni che il progresso così come lo abbiamo conosciuto era l’unico totem possibile. La vita è sempre migliorata è stato il solito mantra. In queste ore apprendiamo che l’aspettativa di vita degli italiani per la prima volta è peggiorata. Questo significa che è meglio spendere le risorse prima per non gravare poi sui costi della sanità e della collettività. Alla fine – sottolinea Tamino – è una questione di cultura. Dopo il caso Ilva se ne sta rendendo conto anche il sindacato che in passato aveva avuto un approccio ben diverso».



lunedì 25 aprile 2016

Martedì 26 Aprile ad Arcole con Piergiorgio Boscagin e Sonia Perenzoni sui pfas


Ritirare provvedimenti sul dottor Cordiano

Pfas:La presa d'atto da parte dei massimi organi istituzionali delle regione in campo sanitario sulla gravita dell'inquinamento da Pfas , fà sì che anche la principale Ulss della provincia di Vicenza, schieri una task force dell'ospedale di Vicenza per cercare una soluzione a chi involontariamente è "appestato" dai Pfas. valutiamo tutto ciò in modo positivo. Ma lasciateci dire che qualche primario dovrebbe recitare il mea culpa all'interno dell'ospedale di Vicenza, per il modo sprezzante con cui aveva risposto al Dottor Cordiano che in base a studi scientifici già nel 2013 affermava che la situazione era grave.infine invitiamo il direttore generale della Ulss 5 e 6 Dottor Pavesi a ritirare i proveddimenti disciplinari verso il Dottor Cordiano che non ha fatto altro che il suo dovere di medico.

Raccolta firme a Creazzo

I no pfas di Creazzo ci salutano tutti hanno raccolto tante firmealla sagra di Creazzo
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precisazioni sul numero verde per psicosi pfas

Grande efficienza del gestore!
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L'acqua condita con PFAS non è sicura

lunedì 25 aprile 2016

L'acqua condita con PFAS non è sicura

In questi giorni la stampa compiacente, con giornalisti incapaci di documentarsi e di giudizio autonomo, incapaci o accondiscententi a tal punto da vendere il cervello al miglior offerente, hanno fatto a gara a rilanciare affermazioni  false e prive di ogni fondamento scientifico. Per esempio, il giornale di vicenza e altri, continuano a dire che l'acqua nelle zone contaminate è sicura e si può bere tranquillamente. Ora questa affermazione è palesamente falsa e serve solo a ingenerare la convinzione al lettore frettoloso o poco attento che l'acqua non contenga più pfas. E invece la concentrazione media del pfoa è stata soltanto dimezzata in tre anni di filtri, e tale dimezzamento è stato ottenuto anche miscelando acqua inquinata con acqua pura,una pratica criminale.
Nessun scienziato serio, che non sia pagato dall'industria o che non abbia timore di perdere la pagnotta quotidiana che gli passa l'azienda pubblica o privata per la quale lavora, può in scienza e coscienza sostenere che un qualsiasi livello di pfas diverso da zero sia sicuro per la salute umana. Pertanto bere acqua con 10, 50 o 100 ng/litro, potrebbe essere ugualmente pericolosa, soprattutto per alcuni gruppi di popolazione partcolarmente suscettibili (neonati, bambini, donne gravide, anziani con varie patologie).
Pertanto rinnovo il mio consiglio a non bere acqua contenente pfas.

L'arpav ha comunicato tre sforamenti dei limiti di performance negli ultimi mesi. L'acqua non è sana!

Quando ci dicono che l'acqua degli acquedotti è sotto controllo non dobbiamo crederci . In tre momenti , solo l'anno scorso ( il 15/6 a Brendola, il 23/6 a Lonigo e il 15/6 a Sarego) l'Arpav comunicava all'ulss e l'ulss ai Sindaci che gli acquedotti superavano i limiti di performance!!! Con tutta tranquillità Acque del Chiampo notificava a Brendola dati discordanti però poco al disotto ai limiti : somma di altri Pfas 402 ng/l. Firmiamo le petizioni affinché gli acquedotti vengano allacciati a fonti pulite!!!

Attenzione pozzi privati di Locara inquinati da trielina

Un'altra terribile notizia per l'acqua della nostra zona : COMUNICAZIONE URGENTE | Si comunica ai cittadini e alle aziende residenti in frazione Locara (vie: sant'angela, perarolo, barbarani, borgoletto di sopra e sotto) che alcuni recentissimi controlli dell'acqua, commissionati da parte dell'amministrazione, erogata da pozzi privati della frazione di Locara, presentano una sospetta alterazione per la presenza in falda di "trielina" e, per questa ragione l'uso potabile e domestico può comportare un potenziale rischio sanitario. Si tratta di una sostanza del tutto diversa dai PFAS di cui tanto si parla in questi giorni.
L'acqua erogata dall'acquedotto comunale di San Bonifacio è invece perfettamente idonea al consumo.
Le famiglie e le imprese che si approvvigionano da pozzi privati sono invitate ad evitare a scopo precauzionale l'uso dell'acqua a fini alimentari.
Continueranno i prelievi e i controlli il 26 e 27 aprile e vi terremo informati in merito.
Tra la macelleria Cecconato e Villa Bongiovanni a Locara è stato aperto un punto di prelievo pubblico proveniente dal l'acquedotto.
Tutte le vie interessante sono state informate direttamente oggi con una lettera del Sindaco.
‪#‎sanbonifacio‬ ‪#‎acqua‬

Collegamento acquedottistico San Bonifacio - Almisano

A Madonna di Lonigo http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=270670 in Basegnan intervento urgente di una enorme vasca dove misceleranno la nostra acqua buona a quella inquinata. Ma non possono usare solo la buona?
foto di Antonella Zarantonello Bianco.
foto di Antonella Zarantonello Bianco.

Un cittadino di Sarego racconta la verità sui pozzi privati di Sarego

Un cittadino di Sarego racconta la verità sui pozzi privati di Sarego
La preoccupazione a Sarego - Andrea Priante. Guarda adesso il video "Pfas, viaggio tra le zone inquinate" su Corriere Del Veneto TV!
video.corrieredelveneto.corriere.it

domenica 24 aprile 2016

Crisi idrica qualitativa e impegno qualità dell'acqua erogata

Nella carta dei servizi di acque del Chiampo , non esiste un impegno sulla qualità dell'acqua ma è previsto quanto segue : "
Nella carta dei servizi di acque del Chiampo , non esiste un impegno sulla qualità dell'acqua ma è previsto quanto segue : "Crisi idrica qualitativa.Qualora, per circostanze eccezionali, non risulti possibile mantenere il livello qualitativo garantito della fornitura, entro i limiti previsti dalla vigente normativa, potrà essere erogata acqua non potabile a seguito di idonea e tempestiva comunicazione alle autorità competenti ed all’utenza, e comunque subordinatamente al preventivo parere favorevole dell’Autorità Sanitaria locale." È già successo che nel 2015 Arpav , in tre occasioni, abbia denunciato lo sforamento dei limiti di performance ma non è successo nulla.

Finalmente la Regione ha accettato di estendere le analisi anche al Veronese.

Finalmente la Regione ha accettato di estendere le analisi anche al Veronese.

Intervista a Loredana Musmeci limiti agli scarichi


il video dell'intervista

Inquinamento Pfas, valori fuori norma


Intervista a Loredana Musmeci - Regione Veneto
DOPO AVER VISTO QUESTO VIDEO MI SENTO

EMERGENZA PFAS 8 MAGGIO manifestazione davanti la Miteni

PASSAPAROLA E PARTECIPAZIONE!!! Siamo arrivati ad un punto cruciale. Se questa volta ci presenteremo in migliaia davanti ai cancelli della Miteni, qualcuno si accorgerà che il problema esiste e che noi cittadini non siamo indifferenti al silenzio delle istituzioni e dei politici. PASSAPAROLA E PARTECIPAZIONE!!! Domenica 8 Maggio dobbiamo essere pronti!!! Se rinuciamo ad andare, rinunciamo alla nostra salute, a quelli dei nostri figli, di parenti e amici, rinunciamo a bere l'acqua e rinunciamo a mangiare i prodotti della nostra terra senza pensare che possano essere avvelenati, rinunciamo alla tranquillità, rinunciamo alla vita, rinunciamo a tutto. Non possiamo perdere questa guerra!
PASSAPAROLA E PARTECIPAZIONE!!! Dietelo a tutti e informatevi, possiamo cambiare le cose se vogliamo, ma dobbiamo essere tanti ed uniti!!!
Alberto Peruffo EMERGENZA PFAS 8 MAGGIO. Dopo varie consultazioni incrociate con diversi cittadini delle nostre valli, è stato decisa una data né troppo distante né troppo vicina per fare una grande manifestazione aperta A TUTTA LA CITTADINANZA, dai bambini delle scuole ai genitori, ai semplici cittadini, fino agli attivisti e politici di ogni ordine, grado, provenienza, agendo tutti insieme sopra le parti, senza simboli, per chiedere chiarezza e difesa del bene primario di ogni comunità, l'acqua, inquinata da anni, troppi anni, dai PFAS, inquinamento ora emerso all'opinione pubblica in modo drammatico.
Bisognerà muoversi da tutti i comuni inquinati, ma anche dalla Provincia e dalla Regione. La data fissata è per DOMENICA 8 MAGGIO. Luogo di ritrovo PIAZZA MARCONI a MONTECCHIO MAGGIORE, alle ore 9. Partenza ore 10. Raggiungeremo in corteo la MITENI percorrendo i 5 km della Strada Provinciale verso Valdagno, chiudendo il flusso ordinario, in BICICLETTA. In modo assolutamente pacifico e accessibile a tutti. Per chi ha difficoltà, potrà arrivare in loco con altri mezzi.
Davanti ai prati e ai cancelli della Miteni faremo un'azione simbolica: piantumeremo con delle piccole zappette centinaia di piantine di fiori che porteremo nelle ceste delle biciclette o negli zaini, chiedendo ai dirigenti dell'azienda di innaffiarle con l'acqua di scarico dei cicli dell'azienda. QUEI FIORI SONO I NOSTRI FIGLI. Allo stesso tempo forniremo dati e chiederemo spiegazioni cercando un eventuale incontro con i responsabili, a partire dalle autorità locali - amministratori sanitari e politici locali, dirigenti aziendali - che hanno sottostimato e/o insabbiato le evidenze degli attuali riscontri scientifici. Ritorno in bicicletta previsto per le ore 12.
Altri dettagli saranno comunicati nei prossimi giorni. Tenetevi liberi per l'8 maggio. Per ora è tutto. Grazie.
PS sarà creata una pagina FB apposita per rispondere alle varie domande e coordinare la manifestazione. Da questo profilo non si avranno risposte. Presto comunicheremo il link.

Il nostro Comunicato stampa :Acqua contaminata. Legambiente e Coordinamento acque libere da Pfas: dati preoccupanti nelle province di Vicenza, Verona e Padova

Acqua contaminata. Legambiente e Coordinamento acque libere da Pfas: dati preoccupanti nelle province di Vicenza, Verona e Padova

legambienteMercoledì sono stati resi noti i dati parziali sul biomonitoraggio umano a seguito della contaminazione da pfas nelle provincie di Vicenza, Verona e Padova.
“Come da noi ampiamente preventivato – scrivono in una nota Legambiente e Coordinamento Acqua Libera dai Pfas –  il sangue dei cittadini testati presenta traccie di sostanze perfluoroalchiliche molto superiori al sangue dei soggetti  residenti al di fuori delle zone contaminate. Facciamo notare che dall’indagine avviata dalla Regione Veneto mancano ancora i dati relativi ai 120 soggetti probabilmente più esposti al problema, vale a dire gli operatori e i residenti di aziende zootecniche.
La situazione appare critica e urge al più presto uno studio approfondito anche nelle altre zone del Veronese e del Padovano che a tutt’oggi risultano escluse dal biomonitoraggio, così come risulta urgente lo studio sulle matrici alimentari, che già nel campionamento fatto in precedenza presentava dati preoccupanti nel 10% dei campioni analizzati.
Riteniamo sia assolutamente necessario adottare immediatamente misure straordinarie per la protezione delle fasce di popolazione più debole, bambini donne incinte e malati.
Così  è fondamentale trovare al più presto fonti alternative per gli acquedotti inquinati, visto che anche l’Istituto Superiore di Sanità individua come causa principale della presenza di sostanze perfluoroalchiliche nel siero umano l’uso  prolungato dell’acqua contaminata dalla presenza dei pfas.
Va  nella direzione da noi auspicata l’annuncio dell’avvio di uno studio epidemiologico sulla popolazione esposta, così come le altre misure annunciate  nel comunicato stampa della Regione Veneto.
Ricordiamo che un altro grave problema che dovrà necessariamente essere risolto è quello relativo  ai pozzi privati e delle fonti di approvvigionamento dell’acqua per l’agricoltura chiediamo perciò che la Regione Veneto  si attivi  nelle sedi nazionali ed europee per la ricerca dei fondi a sostegno del settore primario così gravemente colpito.
Ribadiamo inoltre  – conclude la nota – che chi ha provocato e permesso questo disastro ambientale e  sanitario, deve essere perseguito in ogni sede sia penale che civile, noi come Legambiente e Coordinamento Acqua Libera dai Pfas continueremo ad agire in ogni sede affinché questo avvenga.

Comunicato stampa N° 563 del 20/04/2016 (AVN) Venezia, 20 aprile 2016 PRESENTATO PRIMO STUDIO ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ SU INQUINAMENTO DA PFAS IN VENETO.

PRESENTATO PRIMO STUDIO ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ SU INQUINAMENTO DA PFAS IN VENETO. COLETTO, “SIA CHIARO CHE QUI SIAMO TUTTI PARTI LESE. ISS E OMS ALLEATI PREZIOSI NEL NOME DELLA SCIENZA E DELLA TRASPARENZA”

Comunicato stampa N° 563 del 20/04/2016
(AVN) Venezia, 20 aprile 2016

“Tengo a sottolineare che in questa vicenda ci sono delle parti lese: la Regione, i Comuni, le aziende acquedottistiche, i cittadini residenti nelle aree interessate da un inquinamento le cui responsabilità non sta a me ma alla magistratura indicare. Per parte mia dico che stiamo approfondendo l’intera questione sul piano giuridico per verificare ogni possibilità di ottenere il risarcimento che ritengo dovuto a tutti coloro, istituzioni, enti, singoli cittadini, sui quali pesano già ingenti costi, che non sono ancora finiti”.

Ha esordito così, oggi, l’Assessore alla Sanità della Regione del Veneto Luca Coletto, aprendo la conferenza stampa nel corso della quale sono stati presentati i primi dati del biomonitoraggio attivato in collaborazione tra Istituto Superiore di Sanità e Regione rispetto all’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in alcune aree del Veneto.

“Sin dal 2013 quando la questione è emersa – ha aggiunto – non abbiamo lesinato impegno e risorse, che continueremo a impiegare, a maggior ragione da oggi, a fronte degli importanti punti fermi emersi dal prezioso lavoro dell’Iss, dall’affiancamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’impegno e dalle responsabilità che hanno avuto il coraggio di assumersi i tecnici regionali della sanità e dell’ambiente in un quadro molto poco chiaro dal punto di vista normativo, dal lavoro quotidiano sul territorio delle Ullss coinvolte. A tutti va il mio sincero ringraziamento, per quanto fatto e per quanto si farà in futuro”.

“Da oggi sappiamo molte cose in più e abbiamo di fronte un cammino chiaro, anche se lungo, ancora difficile e, temo, costoso – ha proseguito l’Assessore. Sappiamo che il vettore principale del bioaccumulo nelle persone sono le acque, e che abbiamo fatto bene quindi a intervenire immediatamente per rendere potabili quelle utilizzate per il consumo umano; sappiamo che dovremo proseguire a lungo i monitoraggi, non solo sulle circa 60 mila persone residenti nei Comuni a maggior impatto, ma su tutte le circa 250 mila coinvolte anche solo marginalmente; sappiamo, ed è una buona notizia, che le verifiche epidemiologiche, ad oggi, non hanno fatto rilevare dati anomali rispetto alle medie generali, su tutti i tipi di tumore oggetto di screening, ma anche su quello al testicolo, indicato dai sanitari come quello più correlabile al bioaccumulo di Pfas nell’organismo; sappiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo ha detto oggi Marco Martuzzi del Centro Ambiente e Salute per l’Europa, considera un bel caso di risposta rapida ad un’emergenza le azioni messe in atto e ne tiene conto come ‘caso di scuola’ nelle sue attività; sappiamo che ISS e OMS continueranno ad affiancarci  in futuro”.

“Abbiamo lavorato e lavoreremo fianco a fianco con le due più prestigiose organizzazioni istituzionali scientifiche e sanitarie d’Italia e del Mondo – ha concluso Coletto -  e questa è garanzia totale di attendibilità, chiarezza e trasparenza in tutta la vicenda. Chi tenta di specularci sopra ne tenga conto, perché nulla, nemmeno il peggio, sarà nascosto o trascurato, ma non tollereremo strumentalizzazioni di alcun genere”.


Data ultimo aggiornamento: 20/04/2016

sabato 23 aprile 2016

DONATELLA RAMORINO: A come ACQUA ecco perchè a noi ogni nanogrammo in più è un danno



Dal profilo fb di DONATELLA RAMORINO
Il problema acqua a Legnago c’è e se ne parla troppo poco.
In consiglio comunale e in commissione mensa io sola ho sollevato il problema, quando da Casari a Rettondini tutti volevano l’acqua in brocca al posto della minerale, NONOSTANTE GIA’ SI SAPESSE DELL’INQUINAMENTO DA PFAS.
HO CHIESTO CHE ALMENO NELLE MENSE VENISSE RIPRISTINATA L’ACQUA MINERALE, e dopo un po’ è stato fatto.
Qualche notizia in più qui sotto, dal programma di LIBERINSIEME (quello alfabetico che uscirà a puntate sul nostro sito)
A
Acqua
L’acqua pubblica deve essere senza sospetti: dato il grave caso di inquinamento da PFAS del nostro acquedotto, vogliamo tutelare i più vulnerabili, i bimbi e le future mamme.
Vogliamo bere e pagare un’acqua pulita.
Rubinetto
Purtroppo l’acqua del nostro acquedotto è sporca di sostanze chimiche per impermeabilizzare le padelle da molti anni (il dott. Altissimo, chimico di Acque del Chiampo, lo ha affermato pubblicamente: saranno almeno 10 anni che è così inquinata).
Capite!? Noi abbiamo bevuto non acqua pura e controllata, ma acqua con dentro questi impermeabilizzanti, composti chimici che giorno dopo giorno hanno minato il nostro corpo.
Le quantità erano talmente alte da far sì che il Ministero della Sanità abbia allertato le ULSS, programmato controlli e detto di cambiare fonte di approvvigionamento o mettere filtri efficaci.
Acque Veronesi ha ripristinato 4 vecchi filtri, ma tratta solo il 50% delle acque, lasciando che esse continuino a essere inquinate oltre il limite minimo accettato in Germania, negli Usa, ecc.
Ma noi avendo bevuto per anni acque così sporche, in soli 3 anni abbiamo fatto il pieno di inquinanti, abbiamo oltrepassato il limite, e ogni nanogrammo di PFAS che beviamo in più, ora fa danno.
Per questo chiediamo filtri per abbattere completamente questi PFAS, così come hanno fatto altri comuni, da Sarego a Lonigo.
Noi non sappiamo neanche che acqua beviamo perché i valori non sono resi pubblici, al contrario di quello che prescrive l’Istituto Superiore di Sanità.
E non si salvano quelli che bevono acqua minerale, perché se usano quella di rubinetto per fare la pasta, il brodo, la polenta, le minestre, gli inquinanti rimangono tali e quali dopo cottura.
Solo le brocche filtranti fanno effetto (ma nessuno lo dice).
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COMUNICATO STAMPA PRC VICENZA/VERONA/PADOVA – INQUINAMENTO DA PFAS: LA RISPOSTA NECESSARI

Ambiente, In Evidenza

COMUNICATO STAMPA PRC VICENZA/VERONA/PADOVA – INQUINAMENTO DA PFAS: LA RISPOSTA NECESSARIA

Anche le analisi lo confermano: l’inquinamento da PFAS non solo rende cattive le acque, ma si concentra nel sangue delle persone, creando un serio allarme alla salute degli abitanti della zona tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
Vengono smentite anche le previsioni, la concentrazione di tali sostanze nelle persone esposte all’inquinamento delle falde e sottoposte al monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità, sono risultate “significativamente superiori” rispetto al resto della popolazione. Anche la fonte dell’inquinamento è conosciuta da tempo. Gli sversamenti pericolosi per la salute provengono dall’azienda Miteni di Trissino.
Adesso che siamo al disastro molti alzano la voce, ma per accorgersi del dramma sono dovuti passare decenni e l’iniziativa dei comitati ambientalisti del territorio. Davanti a problemi di questa natura molti richiedono che sia applicato il principio: chi inquina paga.
Questa logica è giusta ma non sufficiente. Certo, le responsabilità di chi ha fatto e di chi ha lasciato fare , vanno perseguite, ma la questione solleva un problema di principio divenuto ineludibile e cioè
che la produzione di beni deve avvenire solo entro i limiti delle compatibilità ambientali.
Non ci possono essere tolleranze di sorta ed il fatto che si anteponga il profitto alla salute delle persone la dice lunga sulla distorsione dei principi fondamentali che dovrebbero regolare l’attività umana. Ora è necessario intervenire per mettere in sicurezza la salute degli abitanti interessati e dei lavoratori coinvolti nelle produzioni.
Risanare il territorio, riconvertire le produzioni nel rispetto dell’ambiente e della salute di tutti/e
Roberto Fogagnoli segretario Prc Vicenza.
Fiorenzo Fasoli segretario Prc Verona.
Giuseppe Palomba segretario Prc padova.

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Acqua: la Camera approva la privatizzazione

  • Proteste delle opposizioni e dei movimenti

    Acqua: la Camera approva la privatizzazione

  • Il ddl sull’acqua bene comune è stato stravolto dal Partito democratico, che ieri ha approvato un testo che va in direzione contraria


Acqua la Camera approva la privatizzazione 2

(Rinnovabili.it) – Il Pd è uno dei partiti che appoggiarono il referendum sull’acqua bene comune, l’ultimo a raggiungere il quorum nel 2011. Ieri, però, proprio per iniziativa dei democratici, la gestione del servizio idrico ha fatto un altro passo verso la privatizzazione. La Camera dei deputati ha infatti licenziato la proposta di legge sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque con 243 voti a favore, 129 contrari e 2 astenuti. Ora il testo passa al Senato, dove il governo dispone di una ampia maggioranza.
Dopo il voto è stata bagarre in aula, con le opposizioni che hanno messo in atto una protesta e dispiegato le bandiere con la scritta “2 Sì per l’acqua bene comune”. La seduta è stata sospesa dal presidente di turno, Roberto Giachetti.
Il conflitto tra maggioranza e opposizione, tra Pd schierato per la privatizzazione – pur senza ammetterlo – e M5S, Sel e SI sull’altro fronte, si combatte intorno all’articolo 6.
È questo il cuore del ddl di iniziativa popolare presentato ormai nel 2007 con 400 mila firme: prescrive l’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato, garantendo un anno agli enti per l’adeguamento. Ma prima in Commissione Ambiente, poi ieri in aula, il Pd ha stravolto il senso del disegno di legge originario, aprendo al mercato la gestione dell’acqua pubblica.

Acqua la Camera approva la privatizzazione 3Il provvedimento approvato alla Camera, infatti, non reca più la formula che garantiva l’affidamento «in via prioritaria» a società interamente pubbliche. Da un lato l’acqua resta un servizio pubblico locale di interesse economico generale, e viene garantito anche il diritto a un quantitativo minimo vitale di acqua procapite (massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità). Dall’altro, per l’affidamento del servizio idrico integrato non è più prioritario rivolgersi a società pubbliche. Il che è una grossa apertura ai privati.
«Oggi è caduta anche l’ultima foglia di fico dietro la quale il Pd aveva provato a nascondersi – si legge nella nota del Forum italiano dei movimenti per l’acqua – Infatti, la Commissione Bilancio ha cancellato la via prioritaria assegnata all’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche. Un disconoscimento palese e spudorato che ha ribaltato il senso di quella legge sottoscritta da 400 mila cittadini e aggiornata alla luce dei risultati del referendum popolare del 2011».
Del resto, questa modifica va di pari passo con il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia n. 124/2015. Qui si trova l’altra metà del disegno renziano: l’obbligo di gestione dei servizi pubblici locali attraverso società per azioni e il ripristino della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito» nella composizione della tariffa. La stessa riga che 27 milioni di cittadini avevano abrogato nel 2011.

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Pfas, Variati a sindaci e Arpav: «serve strategia comune»


Pfas, Variati a sindaci e Arpav: «serve strategia comune» 


Il sindaco di Vicenza e presidente della Provincia Achille Variati convocherà per la settimana prossima i sindaci dei comuni coinvolti dalla questione dell’inquinamento da Pfas e l’Arpav, con l’obiettivo di definire la linea da seguire in comune accordo anche dal punto di vista legale. Del resto è già prevista una conferenza dei sindaci della Usl 5 che martedì prossimo si riuniranno per sottoscrivere una lettera al governo in cui si chiede la «dichiarazione di disastro ambientale per contaminazione da sostanze Pfas».
«C’è bisogno di un’informazione corretta – ha detto Variati, secondo quanto riporta il Corriere del Veneto – siamo passati dalla disinformazione e dal silenzio per anni, a un vociare confuso che ascoltiamo oggi». «Le persone cominciano ad avere paura per la propria salute – prosegue il sindaco – e c’è un’economia agricola e zootecnica a cui bisogna dare presto risposta. Quell’acqua può essere utilizzata, o stiamo aggravando un problema già grave?».

Pfas Veneto, l’assessore alla Sanità: “Più di 60mila persone contaminate dalle sostanze cancerogene nelle acque”

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Pfas Veneto, l’assessore alla Sanità: “Più di 60mila persone contaminate dalle sostanze cancerogene nelle acque”


Ambiente & Veleni

L'emergenza è rimasta a lungo sotto traccia, ma ora Iss, Oms e il direttore generale della Salute regionale escono allo scoperto. E tutti i cittadini esposti al rischio (310mila circa in totale) saranno sottoposti ad analisi. Gli effetti delle sostanze contestate: "Colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti iper esposti, tumore del testicolo e del rene”

L’ammissione, clamorosa, arriva direttamente dal direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan: “Io sono tra i super esposti – dichiara il dirigente regionale parlando dell’emergenza Pfas, le sostanze cancerogene nelle acque del Veneto – perché ho bevuto per trent’anni l’acqua di casa mia a Brendola, nel vicentino. Ora ho fino a 250 nanogrammi per grammo di Pfas nel sangue”. La Regione Veneto cambia passo sull’emergenza sanitaria e ambientale per le sostanze perfluoroalchiliche, di cui fino a poco fa discuteva riservatamente nelle riunioni tecniche definendola “fuori controllo”, e decide di uscire allo scoperto rendendo nota tutta la gravità del problema, insieme agli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Oms. “Più di 60mila persone residenti nelle zone a maggior impatto sono contaminate – spiega l’assessore regionale alla Sanità, Lucio Coletto – Altre 250 mila sono interessate dal problema”.
Un’emergenza rimasta a lungo sotto traccia, tanto che le indagini sull’origine della contaminazione, iniziate nel 2013 in seguito a un esposto dell’Arpa, sono rimaste ferme per tre anni in Procura a Vicenza. Secondo gli inquirenti, per contestare il reato di avvelenamento delle acque sarebbero stati necessari i risultati di uno studio epidemiologico. Ora la Regione, sotto il coordinamento dell’Iss, fa sapere di volerne avviare uno “della durata di 10 anni” partendo dalle 60mila persone più esposte della provincia di Vicenza. Le analisi, promette l’assessore Coletto, saranno effettuate a carico della sanità regionale e verranno estese a tutti i 250mila cittadini dei comuni del Veronese e del Padovano coinvolti. Chi risulterà positivo agli esami verrà seguito con un protocollo di follow-up semestrale a partire da gennaio 2017. I composti Pfas, ha spiegato la dottoressa Musmeci dell’Iss, sono “idrosolubili e vengono assorbiti rapidamente per via orale. Una volta nell’organismo, si legano alle proteine del plasma e del fegato, e vengono eliminate dai reni solo molto lentamente”. Secondo gli studi epidemiologici, effettuati sulla popolazione della Mid-Ohio Valley, negli Usa, e su quella tedesca, i Pfas possono causare “colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti iper esposti, tumore del testicolo e del rene”.
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Lo studio avviato in Veneto potrà essere determinante per modificare la classificazione di cancerogenicità dei Pfas fatta dello Iarc, che per ora si basa su una letteratura limitata. Mentre l’Unione Europea sta elaborando, sulla base del caso veneto, una direttiva che imponga minuziosi controlli sui Pfas nell’acqua. “La magistratura è sempre stata informata fin dall’inizio – spiega a ilfattoquotidiano.it l’assessore alla Sanità della Regione Veneto, Lucio Coletto – e per quanto riguarda i danni sanitari e ambientali, nei primi mesi del 2014 ho scritto all’avvocatura regionale chiedendo di valutare la possibilità di rivalersi nei confronti della ditta che ha inquinato”. Una decisione che dovrà essere presa dalla giunta regionale, ma che per l’assessore è ormai “una scelta obbligata”. Così come la richiesta al governo, che verrà discussa nella prossima riunione di giunta, dell’istituzione di un nuovo sito inquinato di interesse nazionale.

I Pfas superano i limiti nelle acque di 31 comuni di 4 province venete

I Pfas superano i limiti nelle acque
di 31 comuni di 4 province venete

PER APPROFONDIRE: comuni, pfas
di Daniela Boresi
É innegabile, i Pfas e i Pfos, sostanze perfluoro alchiliche frutto della lavorazione della plastica, ci sono anche nelle acque del Veneto. E più di quanto si pensi, stando ai risultati che verranno presentati oggi, di uno dei più vasti monitoraggi sulle acque di rete o di pozzo mai fatto dalla Regione Veneto: 53 i comuni interessati all’inquinamentio, 31 con valori oltre alla soglia per un totale di 60mila abitanti esposti.

Il killer c’è, è diffuso soprattutto in un certo territorio, ma quanto sia stato assorbito dalla popolazione e che danni provochi saranno gli esperti a dirlo. In sintesi lo studio ha mostrato un’area di forte criticità nei bacini Fratta Gorzone e Bacchiglione che risultano maggiormente interessati dal fenomeno. Non sono stati riscontrati invece Pfas nelle acque superficiali (fiumi e laghi) dei bacini: Adige, Brenta (prima della confluenza del Gorzone e del Bacchiglione), Fissero Tartaro Canalbianco, Piave, Livenza, Pianura tra Livenza. Presenze occasionali nel bacino scolante nella laguna di Venezia, Lemene, Sile e Po.

Che danni provichino alla salute è ancora un mistero, ci sono dubbi siano cancerogeni e anche che possano provocare mutazioni a livello genetico. Ma da 10 anni i Pfas (sostanze chimiche residuo della lavorazione della plastica) sono sulla graticola: prima messi dagli Americani che hanno riscontrato alte percentuali in Minesota e Ohio e successivamente dai Tedeschi che hanno chiesto vengano fissati parametri limite.

La Regione del Veneto è venuta a conoscenza del fenomeno nel 2013, a seguito dello studio prodotto da Irsa-Cnr nell’ambito di una specifica convenzione con il Ministero dell’Ambiente. Immediati gli interventi: l’uso dei carboni attivi ha abbassato la percentuale degli inquinanti nelle acque di rete. Lo studio successivo - che verrà presentato oggi - mira a valutare i danni che sono stati provocati sulla popolazione. I Pfas e i Pfos, si è visto, si legano alle proteine e vengono smaltiti dal corpo umano nel giro di 5 anni.

Le analisi sono state effettuate sia sulle acque potabili delle reti di distribuzione, sia sugli approvvigionamenti per uso potabile da pozzi privati per le analisi specifiche di impatto diretto sulla salute umana.
Un bacino che comprende circa 240mila persone, 60mila delle quali sono da considerarsi comunque esposte. La Regione ha sottoposto ad esami 480 persone che vivono nelle aree più critiche per verificare le concentrazioni di tutti i tipi di Pfas e di Pfos nel sangue e le eventuali ricadute genetiche.

I comuni più esposti (dove nelle acque della rete e dei pozzi privati sono stati trovati tutti i composti) sono Brendola, Lonigo, Montecchio Maggiore, Sarego, Trissino, Altavilla Vicentina, Creazzo, Noventa Vicentina, Poiana Maggiore, Sossano, Sovizzo, Vicenza (tutti comuni del Vicentino); Montagnana, Carmignano, Loreggia, Resana, Treviso. Nel Veronese: Albaredo d’Adige, Cologna Veneta, Bonavigo e Legnago. Ci sono poi altri comuni dove c’è la presenza solo di alcuni dei 12 inquinanti incriminati.
 
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Martedì 19 Aprile 2016, 21:50