Cancerogeni nelle falde acquifere
Gli acquedotti: ora cause milionarie
Inquinamento da Pfas, i gestori dell’Ovest vicentino: «I responsabili paghino»
SAREGO (Vicenza) Sulle sostanze
Pfas, che contaminano le falde acquifere, gestori del servizio idrico e
sindaci passano alle azioni legali. Binari separati ma obiettivo unico:
farsi risarcire da chi ha inquinato i costi ingenti sostenuti per
tamponare l’emergenza. Si prospetta una causa milionaria, portata avanti
assieme da Acque Vicentine e Centro Veneto Servizi (Cvs). «Noi sindaci
ci stiamo attivando per fare una segnalazione al Ministero dell’Ambiente
– spiega Roberto Castiglion, primo cittadino di Sarego del Movimento 5
Stelle – che ha la titolarità per intentare una causa agli inquinatori».
«Abbiamo dato mandato a un legale specializzato in reati ambientali che
sta eseguendo perizie a supporto dell’azione di risarcimento – dice
Giuseppe Mossa, presidente di Cvs –. Parliamo di milioni di euro di
denaro pubblico: abbiamo spese altissime per far fronte a una situazione
causata da un inquinatore, che ne deve rispondere ».
Spese che i cittadini si ritrovano nella bolletta dell’acqua, sotto forma di rincari. Solo Cvs, che ha nove comuni colpiti – Agugliaro, Alonte, Asigliano, Campiglia dei Berici, Orgiano, Pojana Maggiore nel Vicentino, Megliadino San Fidenzio, Montagnana, Urbana nel Padovano – spende 300 mila euro l’anno per i filtri a carboni attivi che trattengono gli Pfas e che vanno sostituiti ogni 20 giorni. E poi ci sono le spese per i nuovi impianti, per allacciare all’acquedotto le case che si servivano dai pozzi che pescano nelle falde inquinate, e per il personale. L’inquinamento, scoperto nel 2012 dal Cnr, deriva dalla penetrazione in falda delle sostanze perfluoroalchiliche che in 59 comuni fra Vicenza, Padova e Verona superano i limiti stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità. Fonte dell’inquinamento, secondo i report scientifici, sarebbe la Miteni (ex Rimar) di Trissino, fabbrica chimica ora parte della multinazionale Icig, che assicura di aver cessato l’uso di queste sostanze nel 2011. Le Usl interessate hanno avviato un biomonitoraggio sulla popolazione, Legambiente e Movimento 5 Stelle hanno presentato esposti alla Procura di Vicenza ipotizzando il disastro ambientale.
Spese che i cittadini si ritrovano nella bolletta dell’acqua, sotto forma di rincari. Solo Cvs, che ha nove comuni colpiti – Agugliaro, Alonte, Asigliano, Campiglia dei Berici, Orgiano, Pojana Maggiore nel Vicentino, Megliadino San Fidenzio, Montagnana, Urbana nel Padovano – spende 300 mila euro l’anno per i filtri a carboni attivi che trattengono gli Pfas e che vanno sostituiti ogni 20 giorni. E poi ci sono le spese per i nuovi impianti, per allacciare all’acquedotto le case che si servivano dai pozzi che pescano nelle falde inquinate, e per il personale. L’inquinamento, scoperto nel 2012 dal Cnr, deriva dalla penetrazione in falda delle sostanze perfluoroalchiliche che in 59 comuni fra Vicenza, Padova e Verona superano i limiti stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità. Fonte dell’inquinamento, secondo i report scientifici, sarebbe la Miteni (ex Rimar) di Trissino, fabbrica chimica ora parte della multinazionale Icig, che assicura di aver cessato l’uso di queste sostanze nel 2011. Le Usl interessate hanno avviato un biomonitoraggio sulla popolazione, Legambiente e Movimento 5 Stelle hanno presentato esposti alla Procura di Vicenza ipotizzando il disastro ambientale.
07 ottobre 2015
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Giluio Todescan
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