Acqua contaminata nell'Est veronese
- Categoria: Operai della vigna
- Creato Lunedì, 21 Dicembre 2015 18:21
- Scritto da gianmarix
Le risultanze del Convegno sull'inquinamento da PFAS.
La sera del 17 dicembre si è svolto a Cologna Veneta (VR), nel
teatro comunale, il terzo convegno sui PFAS, organizzato dal
Coordinamento Acqua Libera dai PFAS in collaborazione con il Circolo
Legambiente Perla Blu.
Nel comunicato stampa che annuncia l’evento Piergiorgio Boscagin, presidente circolo Perla Blu Legambiente Cologna Veneta, denuncia che: “Ortaggi, uova, carni bovine e pesci risultano contaminati dal PFAS. I primi risultati delle analisi del monitoraggio confermano la diffusione e la presenza di queste sostanze chimiche perfluoroalchiliche nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine. Il campionamento ha interessato alimenti prelevati nei territori delle ULSS n.5 – Ovest Vicentino; ULSS n.6 – Vicentino; ULSS n.17 – Monselice; ULSS n.20 – Verona e ULSS n. 21 – Legnago. Queste sostanze non dovrebbero essere presenti in nessun alimento ed invece si trovano pressoché in tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque”. L’Istituto Superiore di Sanità riconosce le sostanze chimiche perfluoroalchiliche come interferenti endocrini e riconosce la probabile correlazione tra l’esposizione a detti inquinanti e l’insorgenza di patologie gravi quali tumori, disfunzioni della tiroide, ipertensione della gravidanza, aumento del colesterolo, malattie cardiovascolari, ictus, diabete, leucemie e infertilità maschile e femminile..
In Veneto l’area colpita da tale inquinamento copre le province di Vicenza, Verona e Padova per 150 Kmq di superficie e una popolazione potenzialmente coinvolta di 300.000 abitanti. I comuni più fortemente interessati nel veronese sono: Albaredo, Arcole, Cologna, Pressana, Roveredo, Veronella, Zimella, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Legnago, Minerbe e Terrazzo perché gli acquedotti di questi paesi prelevano l’acqua dai pozzi di Almisano, nel Basso Vicentino. Per quanto riguarda l’acqua potabile ben 30 comuni dell’area si sono già dotati di un oneroso sistema di filtrazione a carboni attivi. Nello stesso territorio la Regione Veneto ha emesso un’ordinanza che impone il divieto d’utilizzo di pozzi privati, per uso alimentare o irriguo, se non sono rispettati gli stessi limiti previsti per l’acqua d’acquedotto.Acuqa i
Secondo l’ARPAV Vicenza (indagine prot.0075059/00.00 del 11/07/2013) la fonte principale d’inquinamento da PFAS proviene dalla Miteni spa di Trissino (VI), ex Rimar, uno stabilimento chimico che, sin dagli anni sessanta, produce composti fluorurati. La scoperta dell’inquinamento è dovuta ad uno studio, commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente al CNR, che il 25.03.2013 precisava: “nel bacino di Agno e Fratta Gorzone anche a monte dello scarico del collettore ARICA, sono state misurate concentrazioni di PFOA molto elevate, spesso superiori a 1000 mg/litro (…) con possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque prelevate dalla falda”. I PFAS, prodotti principalmente dall'azienda in questione, sono composti chimici che rendono le superfici impermeabili all'acqua. Sono usati per esempio nel marchio commerciale Goretex e in quello industriale Teflon oppure per produrre fibre antimacchia. Sono presenti nelle cere per pavimenti e nella carta da forno, non si decompongono e entrano nel ciclo vitale di flora e fauna.
Al convegno – abbastanza partecipato - erano praticamente assenti i rappresentanti tutte le forze politiche presenti in consiglio regionale ad eccezione dei due consiglieri Cristina Guarda della Lista Moretti e Manuel Brusco del Movimento 5 Stelle, entrambi componenti della Commissione ambiente in regione. Assenti anche tutti gli altri invitati: parlamentari, sindaci, consiglieri provinciali, direttori generali delle UU.LL.SS.SS interessate dal disastro ambientale. Molti hanno ignorato l’invito mentre alcuni si sono scusati dell’assenza per impegni precedentemente assunti e altri hanno inviato i loro rappresentanti (UU.LL.SS.SS 20 e 21)
Di particolare rilievo sono stati gli interventi di Gianni Tamino, biologo dell'università di Padova, e di Vincenzo Cordiano, medico dell'ospedale di Valdagno e presidente dell'Associazione medici per l'ambiente della provincia di Vicenza. Tamino ha esposto la "mappa dei veleni" della Regione Veneto documentando 50 anni di inquinamento nella nostra regione, mappa nella quale i PFAS sono l'ultimo capitolo. Un capitolo che ha aggiunto una triste casistica alla "peste" chimica che danni ammorba questa parte di nordest. Cordiano ha evidenziato come i risultati del monitoraggio dei PFAS nella catena alimentare abbiano rivelato un inquinamento degli alimenti di consumo e dell'acqua potabile. E’ particolarmente preoccupante la presenza nell'acqua del PFOS, un componente nocivo messo fuori norma fin dal 2002. Queste sostanze, che sono pericolose anche a livello di trasformazione cellulare secondo l'Istituto Superiore di Sanità, sono persistenti nell'ambiente e di fatto impossibili da bonificare. Indagini epidemiologiche sono state condotte su animali con riscontro di alcune gravi patologie mentre per quanto riguarda gli esseri umani si non limitate a un campione di solo 140 persone residenti nelle due Ulss di Arzignano e Vicenza e i cui risultati sono ancora sconosciuti.
La richiesta di coloro che hanno organizzato il convegno è quella che s’arrivi ad una legge che imponga limiti molto bassi o nulli alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle falde ma anche che gli acquedotti che prelevano acqua da pozzi inquinati vengano allacciati a fonti non contaminate. In sostanza, ad oggi, non esiste ancora una regolamentazione precisa a livello statale e regionale sulla emissione di tali sostanze. Per questo il Coordinamento acqua libera dai PFAS ha lanciato una campagna con raccolta firme per due petizioni su questi temi.
A me sembra di poter dire che questo convegno, a cui ho partecipato, sia stato molto importante per acquisire la consapevolezza che anche nel nostro territorio esiste una “terra dei fuochi” praticamente ignorata dagli eletti nelle istituzioni, dai tecnici preposti ai controlli e da moltissimi cittadini. Gli attori in campo sono molteplici:
Per rimanere aggiornati sull’argomento consultare il sito:
Paolo Veronese
Nel comunicato stampa che annuncia l’evento Piergiorgio Boscagin, presidente circolo Perla Blu Legambiente Cologna Veneta, denuncia che: “Ortaggi, uova, carni bovine e pesci risultano contaminati dal PFAS. I primi risultati delle analisi del monitoraggio confermano la diffusione e la presenza di queste sostanze chimiche perfluoroalchiliche nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine. Il campionamento ha interessato alimenti prelevati nei territori delle ULSS n.5 – Ovest Vicentino; ULSS n.6 – Vicentino; ULSS n.17 – Monselice; ULSS n.20 – Verona e ULSS n. 21 – Legnago. Queste sostanze non dovrebbero essere presenti in nessun alimento ed invece si trovano pressoché in tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque”. L’Istituto Superiore di Sanità riconosce le sostanze chimiche perfluoroalchiliche come interferenti endocrini e riconosce la probabile correlazione tra l’esposizione a detti inquinanti e l’insorgenza di patologie gravi quali tumori, disfunzioni della tiroide, ipertensione della gravidanza, aumento del colesterolo, malattie cardiovascolari, ictus, diabete, leucemie e infertilità maschile e femminile..
In Veneto l’area colpita da tale inquinamento copre le province di Vicenza, Verona e Padova per 150 Kmq di superficie e una popolazione potenzialmente coinvolta di 300.000 abitanti. I comuni più fortemente interessati nel veronese sono: Albaredo, Arcole, Cologna, Pressana, Roveredo, Veronella, Zimella, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Legnago, Minerbe e Terrazzo perché gli acquedotti di questi paesi prelevano l’acqua dai pozzi di Almisano, nel Basso Vicentino. Per quanto riguarda l’acqua potabile ben 30 comuni dell’area si sono già dotati di un oneroso sistema di filtrazione a carboni attivi. Nello stesso territorio la Regione Veneto ha emesso un’ordinanza che impone il divieto d’utilizzo di pozzi privati, per uso alimentare o irriguo, se non sono rispettati gli stessi limiti previsti per l’acqua d’acquedotto.Acuqa i
Secondo l’ARPAV Vicenza (indagine prot.0075059/00.00 del 11/07/2013) la fonte principale d’inquinamento da PFAS proviene dalla Miteni spa di Trissino (VI), ex Rimar, uno stabilimento chimico che, sin dagli anni sessanta, produce composti fluorurati. La scoperta dell’inquinamento è dovuta ad uno studio, commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente al CNR, che il 25.03.2013 precisava: “nel bacino di Agno e Fratta Gorzone anche a monte dello scarico del collettore ARICA, sono state misurate concentrazioni di PFOA molto elevate, spesso superiori a 1000 mg/litro (…) con possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque prelevate dalla falda”. I PFAS, prodotti principalmente dall'azienda in questione, sono composti chimici che rendono le superfici impermeabili all'acqua. Sono usati per esempio nel marchio commerciale Goretex e in quello industriale Teflon oppure per produrre fibre antimacchia. Sono presenti nelle cere per pavimenti e nella carta da forno, non si decompongono e entrano nel ciclo vitale di flora e fauna.
Al convegno – abbastanza partecipato - erano praticamente assenti i rappresentanti tutte le forze politiche presenti in consiglio regionale ad eccezione dei due consiglieri Cristina Guarda della Lista Moretti e Manuel Brusco del Movimento 5 Stelle, entrambi componenti della Commissione ambiente in regione. Assenti anche tutti gli altri invitati: parlamentari, sindaci, consiglieri provinciali, direttori generali delle UU.LL.SS.SS interessate dal disastro ambientale. Molti hanno ignorato l’invito mentre alcuni si sono scusati dell’assenza per impegni precedentemente assunti e altri hanno inviato i loro rappresentanti (UU.LL.SS.SS 20 e 21)
Di particolare rilievo sono stati gli interventi di Gianni Tamino, biologo dell'università di Padova, e di Vincenzo Cordiano, medico dell'ospedale di Valdagno e presidente dell'Associazione medici per l'ambiente della provincia di Vicenza. Tamino ha esposto la "mappa dei veleni" della Regione Veneto documentando 50 anni di inquinamento nella nostra regione, mappa nella quale i PFAS sono l'ultimo capitolo. Un capitolo che ha aggiunto una triste casistica alla "peste" chimica che danni ammorba questa parte di nordest. Cordiano ha evidenziato come i risultati del monitoraggio dei PFAS nella catena alimentare abbiano rivelato un inquinamento degli alimenti di consumo e dell'acqua potabile. E’ particolarmente preoccupante la presenza nell'acqua del PFOS, un componente nocivo messo fuori norma fin dal 2002. Queste sostanze, che sono pericolose anche a livello di trasformazione cellulare secondo l'Istituto Superiore di Sanità, sono persistenti nell'ambiente e di fatto impossibili da bonificare. Indagini epidemiologiche sono state condotte su animali con riscontro di alcune gravi patologie mentre per quanto riguarda gli esseri umani si non limitate a un campione di solo 140 persone residenti nelle due Ulss di Arzignano e Vicenza e i cui risultati sono ancora sconosciuti.
La richiesta di coloro che hanno organizzato il convegno è quella che s’arrivi ad una legge che imponga limiti molto bassi o nulli alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle falde ma anche che gli acquedotti che prelevano acqua da pozzi inquinati vengano allacciati a fonti non contaminate. In sostanza, ad oggi, non esiste ancora una regolamentazione precisa a livello statale e regionale sulla emissione di tali sostanze. Per questo il Coordinamento acqua libera dai PFAS ha lanciato una campagna con raccolta firme per due petizioni su questi temi.
A me sembra di poter dire che questo convegno, a cui ho partecipato, sia stato molto importante per acquisire la consapevolezza che anche nel nostro territorio esiste una “terra dei fuochi” praticamente ignorata dagli eletti nelle istituzioni, dai tecnici preposti ai controlli e da moltissimi cittadini. Gli attori in campo sono molteplici:
- la Miteni spa di Trissino (VI), il soggetto inquinante;
- i pochi cittadini che denunciano i gravi pericoli per la salute di questo inquinamento ultradecennale;
- i molti cittadini che ignorano o sottovalutano il gravissimo danno ambientale in corso;
- le future generazioni che si ritroveranno un ambiente degradato e fonte di malattie;
- i tecnici dei vari enti che controllano i valori degli agenti inquinanti e che assicurano che questi sono ben al di sotto dei limiti previsti dalla normativa. Capita spesso che i tecnici nelle loro relazioni ignorino il principio di precauzione rispetto ad un rischio grave ed incombente e che gli eletti nelle istituzioni deleghino di fatto a questi tecnici il ruolo decisionale rispetto alle scelte da fare;
- il legislatore nazionale e regionale che, di fronte a dati inequivocabili della gravità della situazione, ha raddoppiato i valori di tolleranza in modo tale che i tecnici preposti possono rassicurare che i limiti di questi agenti chimici pericolosi per la salute sono al di sotto di quanto previsto dalla normativa tranquillizzando così la popolazione;
- gli eletti nelle istituzioni ai vari livelli che sfuggono il problema e il confronto con la popolazione. Fa comodo durante le campagne elettorali essere presenti a cene elettorali pantagrueliche e a salotti televisivi oltre che proporre slogan elettorali improbabili mentre è scomodo spiegare ai cittadini perché non s’interviene per chiudere definitivamente un’azienda che inquina e che produce danni ambientali permanenti .
Per rimanere aggiornati sull’argomento consultare il sito:
Paolo Veronese
Autore/Autrice | Paolo Veronese |
Curatore/Curatrice | Gianni |
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