giovedì 19 novembre 2015

Pfas, Colombara: inquinamento a "km zero" sulle nostre tavole?

Pfas, Colombara: inquinamento a "km zero" sulle nostre tavole?

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 15 Novembre alle 12:29 | 0 commenti
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Di seguito interrogazione comunale di Raffaele Colombara, Lista Variati Sindaco
La questione dell’inquinamento da Pfas sale di livello ed intacca, da vicino, le nostre tavole. Campioni di pesce contaminato sono stati pescati a Creazzo, alle porte della nostra città, con valori che sorprendono - per una Scardola (57,4 microgrammi/chilogrammo) e per una Carpa (18,4 microgrammi/chilogrammo).
Due anni fa l’allarme; poi, gli interventi di filtraggio, le rassicurazioni, le analisi, i campionamenti di ARPAV e lo screening sulle persone, gli esposti. In questi giorni la vicenda dell'acqua inquinata dal fluoro si arricchisce di un nuovo capitolo.
I monitoraggi svolti dalla sezione veterinaria e sicurezza alimentare della Regione Veneto nelle province di Padova, Vicenza e Verona mettono in evidenza una diffusione dei pfas anche in uova, carni e ortaggi.
«I risultati delle analisi sono sorprendenti, perché purtroppo confermano la diffusione e la presenza dei Pfas nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine ed in tutte le matrici alimentari». E’ il commento di Andrea Zanoni, consigliere regionale che ha richiesto e ottenuto i risultati.
La falda contaminata dai Pfas si sta allargando: l'area ha raggiunto i 180 chilometri e interessa 29 Comuni di cui venti vicentini.
La barriera antifluoruri non funziona; gli esami semestrali dell’Arpav non hanno rilevato una riduzione dei perfluori a valle dell’azienda all’origine dell’inquinamento, tanto da invitarla in un documento del 24 agosto scorso «a considerare ulteriori misure per migliorare l’efficacia delle barriere».
Di come ci troviamo di fronte ad una situazione sfuggita di mano testimonia Vincenzo Cordiano, medico chirurgo e presidente dell’Associazione dei medici per l’Ambiente-ISDE Italia, sezione di Vicenza,  tra i primi a segnalare la questione: “I risultati del monitoraggio dei pfas nella catena alimentare veneta confermano il sospetto che avevamo da tempo, cioè che anche gli alimenti di consumo quotidiano, oltre all’acqua potabile sono contaminati. Soprattutto il pfos (uno dei componenti monitorati ndr) che, è noto, è stato bandito dal commercio nei primi anni 2002 a causa della sua pericolosità. La sua persistenza a distanza di tanto tempo, significa che oramai le falde, i suoli e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile”.
Al riguardo, negli scorsi mesi una decina di comuni dell’ovest vicentino (Agugliaro, Alonte, Asigliano, Campiglia, Orgiano, Pojana e Sarego, assieme ai colleghi padovani di Megliadino S. Fidenzio, Montagnana e Urbana interessati dalla contaminazione) insieme ai gestori del servizio idrico Acque Vicentine e Centro Veneto Servizi hanno chiesto di agire per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti dei responsabili della contaminazione da sostanze Pfas. 
Da considerare, infine, che non sono stati ancora stabiliti in Itala veri e propri dei limiti di legge alla concentrazione di PFAS nelle acque, limiti che sono oggi costituiti da semplici valori obiettivo provvisori come performance (0,5 microg/l) stabiliti dal Ministero, valori peraltro messi in discussione in merito al valore di soglia da talune ricerche. Dal 2006, per esempio, in Germania, è vietata la somministrazione di acqua contenente più di 500 ng/litro di PFAS totali ai bambini di età inferiore ai tre anni e alle donne gravide. In Italia, invece, si permette l’utilizzo di acque contenenti anche più di 1000 ng/L.
Della gravità della situazione testimonia anche una indagine effettuata da alcuni epidemiologi, i dottori Edoardo Bai, Marina Mastrantonio dell'Enea, Paolo Crosignani, già direttore  della U.O. OCCAM (OCcupational  CAncer Monitoring) dell’Istituto Tumori di Milano, che hanno correlato un aumento di varie patologie neoplastiche e non con rilevamenti elevati di perfluorati alchilici.
I risultati di questo studio sono importanti per vari motivi, soprattutto perché suggeriscono che i PFAS potrebbero essere dannosi per la salute umana e dell’ambiente anche a concentrazioni inferiori ai limiti “obiettivo” stabiliti per i PFAS in Italia. Inoltre i risultati di questo studio rendono non più procrastinabile l’avvio di un serio programma di screening sanitario dell’intera popolazione interessata dalla contaminazione, come richiesto fin dall’estate del 2013 da un gruppo di quaranta medici e biologi veneti affiliati all’ISDE. I medici e i ricercatori dell’ISDE ritengono che l’indagine epidemiologica e lo screening sanitario immediato debbano essere affidate a ricercatori indipendenti e non stipendiati dalla regione.  Tutto ciò premesso
SI CHIEDE ALL’AMMINISTRAZIONE

·        come intenda attivarsi rispetto a questa nuova evoluzione della vicenda, con quali strumenti, presso quali sedi, per tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente;
·        se intenda agire per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti dei responsabili della contaminazione da sostanze Pfas, visto che anche il nostro territorio ne è stato coinvolto; 
·        vista l’azione di screening sui cittadini messa in atto dall’ULSS 5, se non sarebbe opportuno procedere in maniera analoga nel nostro territorio a tutela della salute dei cittadini;
·        infine, quali azioni possa e intenda mettere in atto affinché vengano stabiliti dei limiti di legge alla concentrazione di PFAS nelle acque, limiti che ad oggi sono costituiti da semplici valori obiettivo provvisori come performance (0,5 microg/l) stabiliti dal Ministero, valori peraltro messi in discussione in merito al valore di soglia da talune ricerche.

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