domenica 26 agosto 2018

Il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas esprime il suo appoggio al presidio organizzato da associazioni e gruppi di cittadini presso la procura di Vicenza.

Agli organi di stampa e a tutti i cittadini: 

Il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas esprime il suo appoggio al presidio organizzato da associazioni e gruppi di cittadini presso la procura di Vicenza.
Nel  chiedere che al più presto si accertino le responsabilità degli inquinatori, il Coordinamento non può esimersi dal rimarcare le evidenti responsabilità politiche, tecniche, sanitarie e di mancata prevenzione che hanno permesso e che ancora permettono che aziende come Miteni possano inquinare a danno della salute delle persone e a danno dell’integrità dei nostri territori.
Le amministrazioni regionali, provinciali e comunali che si sono succedute nel tempo, unitamente ai responsabili dei settori  tecnici e sanitario preventivi, nel nome di una distorta idea di  progresso, hanno consentito la predazione sistematica di risorse comuni primarie, acqua in primis, di territorio e salute.
Il disastro pfas risulta essere solo la punta dell’iceberg dell’enorme carico inquinante che i cittadini veneti sono costretti a sopportare: l’inquinamento del Bacino del Fratta Gorzone, il sito industriale di Marghera, la discarica di Pescantina, l’inquinamento da cromo di Tezze sul Brenta e molte altre situazioni critiche dovrebbero suonare come un enorme campanello d’allarme per chi ha la responsabilità della cosa pubblica.
Esprimiamo ancora una volta, in questa occasione, quei principi che dovrebbero ispirare le Amministrazioni locali (Regionali, Provinciali, Comunali), e dai quali scaturiscono le nostre richieste:
1)Chiediamo che chi ci amministra prenda coscienza di quanto sopra esposto e che si avvii un programma di bonifiche e di lotta agli inquinatori senza se e senza ma.
2)Chiediamo con forza che la prevenzione ed il controllo prendano il posto dell’emergenza;
3)chiediamo che il progresso ed il lavoro non siano in antitesi con la salute e l’ambiente;
4)chiediamo che la Regione Veneto si faccia promotrice affinché la tutela dell’ambiente e dei beni primari diventi materia di studio nelle scuole di ogni ordine e grado nel nostro paese.
Per quanto riguarda specificatamente l'inquinamento delle acque potabili, di superficie e di falda con i composti PFAS:
1)Ribadiamo con forza la necessità di fonti di approvvigionamento sicure di acque potabili ad uso umano, che ad oltre cinque anni dalla scoperta dell’inquinamento ancora mancano;
2)chiediamo l’estensione della zona di controllo sanitario anche ai territori limitrofi alla zona rossa; 
3)chiediamo un programma di disinquinamento completo del bacino dell’Agno Fratta Gorzone;
4) nel segnalare che a tutt’oggi mancano ancora le mappature complete dei pozzi di captazione privata, così come mancano ancora i dati sulla geolocalizzazione delle matrici alimentari e che non si hanno dati  sulla contaminazione dei terreni delle aree inquinate, chiediamo con forza che la Regione Veneto trovi fonti sicure di approvvigionamento idrico per l’irrigazione dei prodotti agricoli.   
5)chiediamo, infine, che chi ha inquinato finalmente paghi.
Per  il Coordinamento Acqua Libera dai PfasCenrale
Circolo PERLA BLU di Legambiente Cologna Veneta,  Retegas Vicentina, Circolo Legambiente di Creazzo ,Acli Montagnana, Acqua Bene Comune Vicenza, Comitato Vicentino no Ecomafie, ViVerBio Gas Lonigo, ISDE Vicenza , Associazione No Alla Centrale  
Lì, 24 agosto 2018Risultati immagini per acqua libera dai pfas foto

venerdì 24 agosto 2018

Dell’Acqua passa a Palazzo, cercasi direttore Arpav. Mantoan resterà al vertice dell’Area sanità e sociale fino alla fine della legislatura

Dell’Acqua passa a Palazzo, cercasi direttore Arpav. Mantoan resterà al vertice dell’Area sanità e sociale fino alla fine della legislatura


Cercasi direttore generale di Arpav. L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto ha perso il dg Nicola Dell’Acqua e ora dovrà trovare un sostituto. Dell’Acqua, veronese, 53 anni, ha sbaragliato infatti la concorrenza di quanti avevano partecipato alla selezione per diventare direttore dell’Area Tutela e sviluppo del territorio della Regione Veneto, cioè uno dei cinque manager (sei con la Sanità) di Palazzo Balbi.Si tratta di un posto da 143.792,99 euro all’anno che è stato liberato da Alessandro Benassi…..
Continua a leggere l’articolo del Gazzettino Dell’Acqua passa a Palazzo

domenica 12 agosto 2018

GenX dall’Olanda nelle falde di Trissino. Perché si grida allo scandalo?

GenX dall’Olanda nelle falde di Trissino. Perché si grida allo scandalo?

la DuPont inviò fra il 2006 e il 2013 all’EPA almeno 16 documenti in cui si descrivono gli effetti tossici osservati negli animali nutriti con GenX
Il GenX è uno dei 4730 composti della famiglia dei PFAS  ufficialmente riconosciuti dall’OECD in uno studio recente. Fu introdotto qualche anno fa dalla DuPont per il sostituire il PFOA nel processo di produzione delle pellicole antiaderenti al Teflon da applicare sulle pentole e di numerosi altri prodotti di consumo e utilizzo quotidiano. Definito dalla DuPont come dotato “di un profilo tossicologico più favorevole” in realtà ha le stesse proprietà chimico-fisiche di tutti gli altri PFAS: è tossico, persistente, si accumula negli orgnismi viventi . Ancor prima che la EPA americana ne autorizzasse la commercializzazione e  la FDA il suo utilizzo per i contenitori per alimenti, la DuPont aveva condotto studi negli animali di laboratorio che ne attestavano inequivocabilmente la cancerogenicità. Sappiamo che la DuPont inviò fra il 2006 e il 2013 all’EPA almeno 16 documenti in cui si descrivono gli effetti tossici osservati negli animali nutriti con GenX: oltre a vari tipi di cancro, anche danni al fegato, alterazioni del colesterolo, basso peso alla nascita ecc. Come si vede sono gli effetti tossici tipici dei PFAS.
Nonostante fossero a conoscenza della tossicità del GenX, le due agenzie ne hanno autorizzato tranquillamente la produzione e l’utilizzo. Questo è veramente scandaloso, non la  scoperta che il GenX è arrivato nelle falde di Trissino, immessovi dalla solita Miteni che forse non lo produce ma tratta i rifiuti contenenti GenX  dell’impianto olandese della Dupont, a quanto pare l’unico a produrre la molecola in Europa.
L’allarme è nato in seguito alla scoperta della presenza del GenX in alcuni pozzi posti a centinaia di metri dalla Miteni. Che, ricordiamolo,  è stata autorizzata a trattare i rifiuti olandesi dalla Regione e da altre amministraioni ed enti locali.  La stampa locale ha additato al pubblico ludibrio un alto dirigente che si difende dicendo di aver soltanto avallato con la sua firma effettuata dai suddetti enti ed istituzioni.
La vicenda ha indiscutibilmente retroscena poco chiari, come tante altre che hano visto protagonisti i palazzi veneziani e romani nella oramai annosa vicenda dei PFAS.
Probabilmente, lo pensano in molti, la diffusione della notizia del ritrovamento del GenX è foriera del licenziamento del suddetto dirigente che potrebbe non essere più gradito ai suoi referenti politici che l’hanno nominato.
Ma come c’è finito il GenX nelle falde vicentine? Le ipotesi possono essere tante. L’azienda può averlo scaricato, come fa, legalmente, con gli altri PFAS nel Poscola; nel corso degli anni il composto potrebbe aver preso la stessa via percorsa da tutti gli altri PFAS infiltrandosi nel suolo fino ad arrivare in falda. Oppure il composto potrebbe essere sopravvissuto all’incenerimento dei rifiuti nella fornace interna della Miteni. E se così fosse si potrebbe pensare che l’inceneritore dell’azienda trissinese non sia tecnologicamente adeguato a raggiungere rapidamente le elevatissime temperature, superiori ai 1000° C, necessari per demolire il legame fra fluoro e carbonio nelle molecole di alcuni PFAS i quali, quindi, potrebbero rimanere nei fumi che escono dai camini della Miteni per essere dispersi anche a notevole distanza dalle ciminiere.
Ma le mie sono solo supposizioni, ipotesi la cui validità probabilmente non potrà mai essere confermata o confutata, dal momento che le proprietà chimico-fisiche e le altre caratterisitiche del GenX non sono note al grande pubblico, e probabilmente nemmeno all’EPA e alla FDA, in quanto coperte dal segreto industriale. Lo stesso vale per molti altri cosiddetti “nuovi” PFAS, utilizzati in sostituzione di quelli vecchi, che le aziende produttrici sbandierano come meno tossici  pur sapendo che non è vero.
E la Miteni produce alcuni di questi nuovi PFAS, fra i quali quelli a corta catena PFBA e PFBS.
Ora parrebbe che la 3M, altra multinazionale famosa per i disastri ambientali causati e per le multe miliardarie che ha dovuto pagare, come la DuPont, negli Stati Uniti, abbia dismesso la produzione di PFBA nel 1998. Ufficialmente perché c’era poca richiesta dal mercato. Si vede che il PFBA della Miteni, che continua a produrlo, è migliore  di quello dell’americana 3M. Ma il motivo potrebbe essere in realtà che il PFBA era stato sversato in quantità enormi nelle falde acquifere sottostanti l’impianto di produzione e la 3M fu costretta ad accollarsi le spese della bonifica.
In conclusione, il GenX è a tutti gli effetti uno degli “altri” PFAS la cui somma totale non deve superare i 500 ng/L, secondo i limiti di performance stabiliti dall’ISS? Visto che non hanno mai voluto fare le cose seriamente e mettere come limiti l’unico serio, cioè zero, trovarsi un PFAS in più o in meno nel proprio bicchiere che dfferenza fa?
Perché le  mamme no PFAS invece di andare ad invocare aiuto davanti alla procura vicentina non vanno a manifestare sotto la casa del governatore Zaia? Forse non hanno ancora capito che lui, uno dei pochi che potrebbe farlo,  la Miteni non la vuole proprio chiudere, tanto è convinto che la Miteni non produce più PFAS.

 

SANITA’. SESTO BOLLETTINO “PFAS” DIRAMATO DALLA REGIONE VENETO.

SANITA’. SESTO BOLLETTINO “PFAS” DIRAMATO DALLA REGIONE VENETO.

Comunicato stampa N° 961 del 11/07/2018
(AVN) – Venezia, 11 luglio 2018

A oggi, le persone coinvolte nel Piano di Sorveglianza Sanitaria attivato dalla Direzione Prevenzione dell’Area Sanità e Sociale della Regione in relazione all’inquinamento da PFAS verificatosi in alcune parti del territorio veneto, sono 17.605. Per 13.856 di queste sono già disponibili tutti gli esiti (valori degli esami e risposte al questionario sugli stili di vita proposto). I soggetti già invitati sul totale delle persone da invitare sono il 39,8%; quelli che hanno aderito alla chiamata e si sono presentati alla visita sono il 60%. Al 27 giugno scorso sono 7.716 le persone alle quali è stato indicato di iniziare un percorso di approfondimento (di secondo livello) prenotando una visita presso l’ambulatorio internistico e quello cardiovascolare. Di questi, 750 si sono presentati per la visita internistica e 1.079 per quella cardiologica.

Questi e molti altri dati sono contenuti nel sesto Rapporto sull’andamento del Piano di Sorveglianza Sanitaria sulla Popolazione esposta a PFAS, diffuso oggi dalla Direzione Prevenzione della Regione che, in collaborazione con le Ulss e le strutture sanitarie interessate e messe gratuitamente a disposizione degli abitanti nei Comuni, suddivisi in “Area Rossa A” e “Area Rossa B”, sta proseguendo nell’attuazione del complesso Piano rivolto alla salute delle persone esposte all’inquinamento.

L’Area Rossa A comprende i Comuni serviti da acquedotti inquinati prima dell’applicazione dei filtri e localizzati sopra il plume di contaminazione della falda sotterranea. Si tratta di Alonte, Asigliano, Brendola, Cologna Veneta, Lonigo, Montagnana, Noventa Vicentina, Pojana Maggiore, Pressana, Roveredo di Guà, Sarego, Zimella e Orgiano.
L’Area Rossa B comprende i Comuni serviti da acquedotti inquinati prima dell’applicazione dei filtri ma esterni al plume di contaminazione della falda sotterranea. Si tratta di Albaredo d’Adige, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Legnago, Minerbe, Terrazzo, Veronella, Agugliaro (interessato in parte), Borgo Veneto (interessato in parte), Casale di Scodosia (interessato in parte), Lozzo Atestino (interessato in parte), Megliadino San Vitale (interessato in parte), Merlara (interessato in parte), Urbana e Val Liona (interessato in parte).

“Come si evince dalla massa di dati raccolti ed elaborati nel bollettino e dal numero di persone già coinvolte dalle verifiche sanitarie – dice l’Assessore alla Sanità Luca Coletto – la Regione, i suoi tecnici, i suoi sanitari, stanno portando avanti un progetto straordinario doveroso per la salute della gente, immenso per la salute pubblica, che costa fatica e denaro. Anche la magistratura sta facendo un duro e complesso lavoro, al termine del quale mi auguro si potrà individuare le responsabilità e applicare il sacrosanto principio del chi rompe paga, perché sarebbe iniquo che i costi per riparare i danni dovessero ricadere sulla collettività”.

I tecnici regionali stanno monitorando le concentrazioni sieriche di 12 sostanze PFAS. Sinora si è notato che sono 4 i composti rinvenuti in più del 50% della popolazione monitorata: si tratta di PFOA, PFOS, PFHxS e PFNA. Ciò che peraltro risalta è una netta crescita lineare delle concentrazioni del siero con il passare del tempo trascorso nell’area identificata. I residenti nell’Area Rossa A presentano concentrazioni sieriche di PFOA, PFOS e PFHxS più elevate dei residenti nell’Area Rossa B. Più in dettaglio, le concentrazioni mediane di PFOA e PFHxS nell’Area Rossa A (54,3 ng/ml e 4,5 ng/ml rispettivamente) risultano quasi doppie rispetto a quelle dell’Area Rossa B (35,3 ng/ml e 2,8 ng/ml rispettivamente. Più contenuta la differenza per quanto riguarda il PFOS (4,3 ng/ml nell’Area A e 3,3 ng/ml nella B). Le femmine presentano concentrazioni sieriche inferiori rispetto ai maschi.
I dati, inoltre, confermano i criteri di classificazione delle Aree Rosse A e B, con valori maggiori nell’Area A per chi consumava ortaggi irrigati con acqua di pozzo rispetto all’Area B dove l’inquinamento aveva coinvolto la sola rete acquedottistica (messa in sicurezza con i filtri). Tali analisi sono in fase di approfondimento.
Per quanto riguarda gli esami bioumorali, si evidenzia che il colesterolo risulta essere il parametro con più valori “fuori norma” e tale percentuale aumenta all’aumentare dell’età.
La convocazione per i controlli della popolazione target è iniziata a dicembre 2016 e procede secondo un ordine di età anagrafica crescente. Da quest’anno vengono chiamate anche 2 o 3 coorti all’anno per i soggetti nati dopo il 2003.
Il protocollo di sorveglianza include: un’intervista per individuare abitudini di vita non salutari e fornire informazioni e consigli su come proteggere la propria salute; la misurazione della pressione; esami del sangue e delle urine per valutare lo stato di salute di fegato, reni e tiroide, e l’eventuale presenza di alterazioni del metabolismo dei grassi e degli zuccheri; il dosaggio di 12 sostanze PFAS nel siero; l’invio agli ambulatori di secondo livello per la presa in carico dei soggetti con valori alterati e PFAS nel sangue.


Data ultimo aggiornamento: 11/07/2018

giovedì 9 agosto 2018

Caso Pfas, Il Noe alla Miteni

23 lug 2018 - Lunedì i carabinieri del Noe di Treviso hanno varcato i cancelli della Miteni di Trissino, da mesi al centro di uno scandalo ambientale di portata ...

Multa milionaria alla Miteni, l'enigma della visita del Noe - VicenzaToday

www.vicenzatoday.it/cronaca/pfas-multa-milionaria-miteni-carabinieri.html
25 lug 2018 - I Carabinieri del Noe di Treviso, che da mesi indagano sull'affaire Miteni, avrebbero irrogato alla società trissinese, da anni al centro di uno dei ...

Pfas, maxi multa da 3,7 milioni per la Miteni - CorrieredelVeneto.it

https://corrieredelveneto.corriere.it/.../pfas-maxi-multa-37-milioni-la-miteni-4c85bcd0-9...
25 lug 2018 - TRISSINO (Vicenza) Ammonta a 3 milioni e 700 mila euro la multa comminata in questi giorni dai carabinieri del Noe di Treviso alla Miteni Spa ...

Pfas, a Miteni maxi multa da 3,7 milioni - Trissino - Il Giornale di Vicenza

www.ilgiornaledivicenza.it/.../pfas-a-miteni-maxi-multa-da-3-7-milioni-1.6655216
25 lug 2018 - TRISSINO. Ammonta a 3 milioni e 700 mila euro la multa comminata in questi giorni dai carabinieri del Noe di Treviso alla Miteni Spa di ...

Maxi multa da 3 milioni e 700mila euro alla Miteni di Trissino - articolo ...

https://www.rainews.it/.../ven-Vicenda-Pfas-Maxi-multa-carabinieri-Noe-a-Miteni-3fd...
25 lug 2018 - I carabinieri del Noe di Treviso hanno inflitto Una maxi multa da 3 milioni e 700mila euro a Miteni, l'azienda additata come principale ...

Vicenda Pfas: supermulta per la Miteni - video - TGR Veneto - Rai News

https://www.rainews.it/.../ven-Vicenda-Pfas-supermulta-per-Miteni-fc...
25 lug 2018
Quasi 4 i milioni di euro che i carabinieri hanno inflitto all'azienda additata come principale ...

Pfas, una relazione dei Noe svela: la Mite

Pfas: Greenpeace chiede sequestro Miteni

Pfas: Greenpeace chiede sequestro Miteni

A Procura di Vicenza e a Corte dei Conti del Veneto.

 © ANSA
(ANSA)-VENEZIA, 26 LUG -Greenpeace chiede il sequestro di Miteni e la verifica su eventuali responsabilità,frutto di dolo o di omissione,addebitabili ai rappresentanti legali dell'azienda e a rappresentanti e funzionari delle amministrazioni pubbliche coinvolte in un nuovo caso di inquinamento, accertato già nel 2013 e parallelo alla questione Pfas. Greenpeace ha depositato in queste ore due differenti esposti:uno alla Procura di Vicenza e l'altro alla Corte dei Conti del Veneto. Da alcuni documenti, emerge che nel 2013 in numerosi piezometri -pozzi d'osservazione per misurare parametri chimico-fisici della falda acquifera- del sito produttivo di Miteni, le concentrazioni nella falda di alcune sostanze chimiche già normate superavano fino a 3 volte le Concentrazioni Soglia Consentite per le quali è previsto intervenire con operazioni di bonifica. Superamenti comunicati da Miteni alle autorità competenti insieme alla richiesta di rinnovo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale, poi concessa dalla Regione Veneto il 30 luglio 2014.
   

Pfas, il ministero vuole rivedere i limiti per gli scarichi

Pfas, il ministero
vuole rivedere
i limiti per gli scarichi

Il ministero dell’Ambiente vuole rivedere i limiti per gli scarichi dei Pfas, le sostanze chimiche responsabili di un grave inquinamento delle falde acquifere in Veneto, ma rilevate anche in altre regioni. A settembre verrà convocato un tavolo tecnico urgente fra le Regioni interessate, le Arpa regionali e gli istituti di ricerca in materia (Cnr, Istituto superiore di sanità e Ispra).
Il gruppo di lavoro dovrà definire i valori limite nazionali per lo scarico dei Pfas e di altre sostanze chimiche. Al momento, in Italia non ci sono limiti per questi composti, salvo che in Veneto. Le sostanze Perfluoro Alchiliche (Pfas) sono usate come impermeabilizzanti per pelli, tessuti, carta, pentole, ma sono sospettate di danneggiare crescita e fertilità degli esseri umani e di favorire il cancro. In Italia l’emergenza è esplosa nel 2013, quando il Cnr ha scoperto una vasta contaminazione delle falde nelle province di Vicenza, Verona e Padova.

Dell’inquinamento sono accusate le gestioni passate dell’industria chimica Miteni di Trissino (Vicenza). Dal 2009 l’azienda fa parte del gruppo Icig, impegnato in lavori di bonifica. Il mese scorso però, l’Arpav veneta ha rilevato nelle falde del vicentino la presenza di una varietà di Pfas, il GenXD, trattato dalla Miteni. L’azienda si difende dicendo che si tratta di tracce minime.

Il ministero dell’Ambiente tuttavia ha deciso di intervenire nella vicenda e fissare dei limiti per queste sostanze che valgano per tutto il paese. Compito non facile, visto che sono le Regioni ad avere competenza sui valori degli scarichi. Di qui la convocazione di un tavolo che metta insieme enti locali ed istituzioni tecniche, per definire para

pericolosa contaminazione chimica tossica rilevata nel michigan - milioni di persone colpite da pfc mortali in acqua

Ultim'ora: pericolosa contaminazione chimica tossica rilevata nel michigan - milioni di persone colpite da pfc mortali in acqua
-45:15
Visualizzazioni: 402.048
BREAKING: DANGEROUS TOXIC CHEMICAL CONTAMINATION DETECTED IN MICHIGAN - MILLIONS OF PEOPLE AFFECTED DEADLY PFCS IN WATER SUPPY - OFFICALS WARN LATEST CATASTROPHE DWARFS FLINT WATER CRISIS BY MAGNITUDES

Il coordinamento Acqua libera dai pfas con Legambiente e rete gas a Roma dal ministero della salute

Oggi lunedì 6 agosto una delegazione di Legambiente, Coordinamento Acqua libera dai pfas e Rete GAS Vicentina e' stata ricevuta a Roma al Ministero della Salute alla presenza del dott. Giuseppe Amato capo segreteria tecnica Ministero Salute (delegato dalla Ministro Grillo), del dottor Luca Lucentini responsabile acque ISS, dott. Claudio D'Amario direttore generale prevenzione e salute Ministero Salute e dott. Rossi. E' stata consegnata e discussa alle autorità di cui sopra una relazione che evidenzia le criticità sanitarie ancora irrisolte allo stato attuale relativamente all' inquinamento da Pfas. Mancano ancora gli allacciamenti sicuri per gli acquedotti contaminati. Manca una puntuale e dettagliata diffusione dei dati sui campionamenti delle matrici alimentari. Manca una mappa completa delle captazioni autonome da falda ed il controllo sulle fonti irrigue per le aziende agricole. Abbiamo chiesto di equiparare i limiti per l' abbeverata dei capi ai limiti per le acque potabili. Abbiamo chiesto l estensione dello screening sanitario a tutta la Zona Arancio e l'ampliamento del dosaggio di Pfas nel sangue ai minori di 14 anni e sopra ai 65 anni delle zone colpite. Abbiamo chiesto di attuare con urgenza provvedimenti per la bonifica e risanamento del bacino Agno, Fratta Gorzone. Abbiamo inoltre chiesto l' appoggio del Ministero affinché le sostanze perfluoroalchiliche vengano messe al bando, dalla produzione, all' utilizzo, al commercio con particolare attenzione ai catena corta. E nel principio "Chi inquina paga" abbiamo chiesto a questo Ministero (nei limiti delle proprie competenze) di perseguire i responsabili del disastro ambientale. I dott. Amato, D'Amario, Lucentini e Rossi hanno dimostrato attenzione e preoccupazione per le istanze da noi presentate, annunciando la prossima convocazione a settembre unitamente al Ministero dell' Ambiente vista la gravità della situazione.
Piergiorgio Boscagin
Marzia Albiero
Francesco Bertola
Condivisi

Rubrica pillole di pfas

Rubrica pillole di pfas: scusateci se insistiamo, ma visto anche l'Ad di Miteni insiste nel sostenere che é ormai accertato da dati europei che il cuore del problema non sta a Trissino ma nella gestione degli scarichi delle 600 aziende, invitiamo il dottor Nardone a convocare nella sede della Miteni non solo i membri del consiglio regionale ma anche i titolari delle 600 aziende che secondo lui hanno usato il caso Miteni per coprire il loro inquinamento. Ci sta dottor Nardone?.

domenica 5 agosto 2018

30 luglio 2018 Acqua Bene Comune: “Etra non distribuisca dividendi”


Acqua Bene Comune: “Etra non distribuisca dividendi”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento che segue, del comitato di cittadini Acqua Bene Comune, di Vicenza
*****
Vicenza – Notizie di stampa segnalano che per il secondo anno consecutivo Etra, la multiutility che gestisce acqua e rifiuti nell’Ambito territoriale ottimale brenta per affidamento diretto dei Comuni, ha distribuito l’utile ai suoi azionisti pubblici. Non era mai successo fino al 2017 e non ci risulta che si verifichi nelle altre società in house del Veneto, almeno in quelle concessionarie del servizio idrico.
Un’azienda che gestisce servizi pubblici essenziali per mandato diretto dei sindaci non ha lo scopo di distribuire dividendi come una qualunque società per azioni. È invece lo strumento che i Comuni hanno scelto, senza gara, proprio per poter esercitare un controllo stretto sul suo funzionamento, per realizzare al meglio le funzioni di cui sono responsabili. Dunque ogni risorsa dovrebbe essere rivolta a migliorare l’efficacia della società nei confronti dell’interesse pubblico tutelato.
Ecco che invece una parte delle disponibilità economiche, peraltro provenienti dalle tariffe che i cittadini pagano per il servizio, finisce nelle casse dei Comuni come una tassa occulta, e sarà utilizzata ad altri scopi, alla faccia di obblighi di trasparenza e di lealtà nell’azione amministrativa. Non possiamo che interpretare questo fatto come un pericoloso precedente, un ulteriore passo verso una gestione privatistica e mercificata del bene pubblico.
Acqua bene comune Vicenza 


Aggiungiamo l'articolo del giornale di Vicenza del 3 agosto


03.07.2018

Etra si divide sull’uso degli utili

I consiglieri comunali della Commissione ambiente in visita al digestore di Quartiere Pré, gestito da Etra
I consiglieri comunali della Commissione ambiente in visita al digestore di Quartiere Pré, gestito da Etra
Altri 8 milioni di utili per Etra. Il Consiglio di sorveglianza della multiutility ha approvato all’unanimità il bilancio 2017, dal quale emerge che, in linea con il 2016, la società ha macinato utili per 7 milioni e 600 mila euro. La loro destinazione è stata oggetto dell’assemblea dei soci di ieri sera, nella quale sono emerse due linee contrapposte. Quella dell’asse Bassano-Cittadella, favorevole a mantenere gli utili in Etra per gli investimenti, e quella dell’asse Asiago-Selvazzano e parte del Padovano, propensa a distribuire i soldi ai Comuni soci. Alla fine si è deciso di mantenere il 75% in Etra e distribuire il 25% tra i soci. I Comuni bassanesi, Bassano escluso, sono usciti al momento della votazione. Utili a parte, anche gli altri numeri di Etra sono positivi. Il bilancio 2017 chiude infatti con un valore della produzione stabile (+ 0,3%: da 171,5 a 172 milioni), grazie al contenimento delle tariffe nei servizi ambientali. Il valore aggiunto, dato dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di beni e servizi, è di 76,5 milioni di euro. È il dato che misura la capacità dell’azienda di creare le condizioni per distribuire ricchezza. Soddisfacente anche il margine operativo lordo, a 43,4 milioni. I dati si completano con la posizione finanziaria netta, che scende del 18%, da oltre 71 a 58 milioni di euro, col 94% del debito a medio e lungo termine L’indice di solidità finanziaria raggiunge invece 1,34, mentre gli investimenti ammontano a 35,3 milioni di euro, l’85% dei quali per il servizio idrico integrato per la manutenzione e l’estensione delle reti dell’acquedotto e delle fognature e per interventi nella depurazione. Il totale degli investimenti è in lieve calo a causa della riduzione di finanziamenti da enti esterni, come la Regione. Nel dettaglio, l’investimento pro capite nel sistema idrico è pari a 50 euro ad abitante, a fronte di un dato italiano di 37 euro o dei 39 euro della Spagna. Nel complesso, dal 2006 al 2017, Etra nel servizio idrico integrato ha investito 324 milioni di euro. «Si sono unite le forze per mantenere la rotta verso il contenimento delle tariffe, gli investimenti nelle infrastrutture e il recupero delle perdite idriche - afferma il presidente del Consiglio di sorveglianza Cristiano Montagner -: questi restano i nostri principali impegni per il futuro». «I dati confermano che siamo perfettamente in regola con la tabella di marcia - puntualizza il presidente del Consiglio di gestione Andrea Levorato - indicata dal masterplan». Proprio Levorato è stato nominato presidente del Comitato dei garanti di utilitalia. l’associazione nazionale delle aziende che gestiscono i servizi pubblici. La Commissione dei garanti sorveglia la regolarità degli atti e si occupa di prevenire l’illegalità nelle aziende partecipate. Ieri, intanto, i consiglieri comunali di Bassano della commissione ambiente e il vicesindaco Roberto Campagnolo hanno visitato l’impianto di quartiere Prè, che trasforma i rifiuti domestici in compost e in energia elettrica. Ogni anno vengono trattate 35 mila tonnellate di umido, 6 mila tonnellate di verde e vengono prodotti 10 milioni di kwh di energia elettrica. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

PFAS: ASSESSORE BOTTACIN SU CONCLUSIONI COMMISSIONE REGIONALE DI INCHIESTA, “VENETO MODELLO NAZIONALE DI VIRTUOSITÀ”

Mamma mia Bottacin e le sue dichiarazioni:“Altro che Regione immobile – replica Bottacin – Il Veneto, con il suo attivismo, ha sostituito anche l’inerzia altrui ". Ben detto attivismo dei comitati No Pfas HA SOSTITUITO L'INERZIA ALTRUI ovvero quella della Regione. Non è un vanto...ma una tua- vostra sconfitta caro Bottacin. Prevenzione????? Pua' ....siamo pieni di Pfas a CATENA CORTA ecc..bada a cosa dichiari. Ma non si può denunciare per falsa testimonianza?
regione.veneto.it

PFAS: ASSESSORE BOTTACIN SU CONCLUSIONI COMMISSIONE REGIONALE DI INCHIESTA, “VENETO MODELLO NAZIONALE DI VIRTUOSITÀ”

Comunicato stampa N° 1124 del 01/08/2018
 (AVN) – Venezia,  1 agosto 2018

“La relazione della commissione regionale di inchiesta sui PFAS ha fatto emergere in maniera chiara alcuni punti che per molti non erano per nulla scontati. A cominciare dall’assenza di una disciplina europea e statale in materia di limiti alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche”. Così  l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, commenta la relazione finale della Commissione d’inchiesta sull'inquinamento da PFAS, ringraziando i consiglieri per il lavoro svolto.

“Nel 2013, quando il Ministero comunicò alle Regioni la presenza diffusa di PFAS, mancavano limiti ambientali e limiti in relazione al loro utilizzo ad uso potabile. Un elemento che – osserva Bottacin – emerge con chiarezza dalla relazione, là dove ricorda che ‘la Regione Veneto, non avendo competenza a porre con proprie leggi, posto che lo Stato ha competenza legislativa e regolamentare esclusiva in materia ambientale , rivolse la richiesta al Ministero’". 

“Da allora si sono susseguite continue interlocuzioni con i ministeri della Salute e dell'Ambiente, ma entrambe le strutture governative di fatto si sono defilate – ricorda Bottacin - La Regione Veneto tuttavia non è rimasta inerte, ma è intervenuta ponendo valori di riferimento sulle acque potabili, sugli scarichi industriali e avviando una colossale opera di monitoraggio ambientale e sanitario, con vari approfondimenti tecnici che hanno reso oggi il Veneto un riferimento a livello nazionale e internazionale sulla conoscenza di queste sostanze”. 

Bottacin mette sotto i riflettori alcune incoerenze nella gestione della problematica sull’asse Roma-Venezia: “La Commissione parlamentare d'inchiesta sugli illeciti ambientale nella sua prima relazione - ricorda Bottacin - aveva tentato di sostenere che la Regione avrebbe potuto definire autonomamente dei limiti. In realtà, dopo due mie audizioni, nella seconda e ultima relazione ha dovuto correggere il tiro affermando che ‘in effetti il combinato disposto degli articoli 75 e 101 del d.lgs. 152/2006 non lascia spazio a dubbi che la competenza a fissare limiti per le nuove sostanze non presenti nelle suddette tabelle sia di esclusiva competenza statale’".

“Risulta pertanto evidente – prosegue l’assessore regionale - che quando nel 2013 il CNR ha presentato lo studio sulla presenza di PFAS in molte Regioni d'Italia, anche il Veneto, come tute le altre Regioni coinvolte, avrebbe potuto rimanere in attesa dei limiti statali prima di agire. Invece la Regione Veneto ha denunciato immediatamente alle autorità competenti, tramite Arpav, gli illeciti rilevati, compreso il disastro ambientale. Ha individuato poi, ancora tramite Arpav, la fonte primaria di emissione. Ha imposto ai gestori del servizio idrico integrato il montaggio di filtri a carboni attivi per garantire la massima sicurezza per i cittadini esposti, pur ‘non essendoci rischio immediato’, secondo quanto riportato nello studio del CNR. Ha attivato due accordi con le università di Verona e di Padova volti all'abbattimento delle concentrazioni di Pfas nelle acque attraverso soluzioni alternative all’applicazione dei filtri. Ha avviato studi epidemiologici e biomonitoraggi attraverso il Servizio Epidemiologico regionale, il Registro Tumori del Veneto, il Registro Nascita, l'Istituto Superiore della Sanità, coinvolgendo illustri luminari del settore. E ha avviato il piano di monitoraggio degli alimenti”.

“Non solo – continua Bottacin -  nel contempo la Regione ha anche messo in moto ‘il più imponente piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta alle sostanze perfluoroalchiliche’. È stata infatti avviata l'aferesi, attività riconosciuta dal Centro Nazionale Sangue e dal Centro Regionale Attività Trasfusionali, che è stata poi bloccata inspiegabilmente dal Ministero della Salute, inviando i carabinieri del NAS in Regione”. 

“In contemporanea la Regione Veneto ha utilizzato lo strumento dell'Autorizzazione integrata ambientale – elenca l’assessore -  per porre dei limiti, assenti a livello statale, sugli scarichi industriali. Ciò ha sottoposto la Regione a numerosi ricorsi (sempre onerosi, uno addirittura per 98 milioni di euro),  proprio in virtù del fatto che non esistono limiti di legge. Inoltre, la Regione ha stabilito il "limite zero" per gli acquedotti della zona rossa e ha imposto a tutti i gestori del servizio idrico integrato di attrezzarsi per la predisposizione del filtraggio di tutta l'acqua del Veneto a scopo preventivo”. 

“Pur essendo competenza per legge del Comune, abbiamo inoltre – aggiunge Bottacin - creato un Comitato tecnico con Comune  e Provincia per la messa in sicurezza e bonifica del sito Miteni, a cui avevamo invitato anche il Ministero, anche se quest’ultimo ha tuttavia deciso di non partecipare a tale comitato”.

“Altro che Regione immobile – replica Bottacin – Il Veneto, con il suo attivismo, ha sostituito anche l’inerzia altrui”.

A fronte di tanto impegno – ammette Bottacin – c’è l’amarezza per gli attacchi subiti, le accuse infondate, le minacce e gli esposti  ricevuti. Sono stato oggetto di ben 34 ricorsi, magari tra loro opposti, per eccesso di potere o per inadempienza, ma non mi sono mai demoralizzato. I fatti, riepilogati nella relazione conclusiva della commissione, dimostrano che strumentalizzare politicamente una questione che riguarda la salute dei cittadini sia sempre un errore.  La brutta vicenda dei PFAS dimostra che il Veneto sul tema della prevenzione ambientale è diventato un modello nazionale, a cui si guarda anche da oltre frontiera”.

Pfas, i politici veneti ci risparmino le guerre sulla nostra pelle


Pfas, i politici veneti ci risparmino le guerre sulla nostra pelle

Dossier della Regione Veneto in discussione a Palazzo Ferro Fini: prima dei voti dei cittadini c’è di mezzo la loro salute



Condividi
Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Il 31 luglio nel pomeriggio o più probabilmente il 1° agosto in mattinata il consiglio regionale veneto discuterà in aula il dossier Pfas, frutto del lavoro della Commissione d’inchiesta regionale. Si tratta di 477 pagine che ricostruiscono la storia dell’inquinamento più esteso d’Italia, cominciato negli anni Settanta e che continua tuttora. Un inquinamento che coinvolge quasi 300 mila persone e i territori vastissimi di quattro province: Vicenza, Verona, Padova e Rovigo. Si è scoperto, appena un mese fa, che anche le vongole del Delta del Po contengono quantità di pfoa dieci volte superiori a quelle certificate dal Cnr cinque anni fa.
Il passaggio in aula è un momento cruciale perché rappresenta il primo momento istituzionale di sintesi delle attività passate e soprattutto la pietra angolare di quelle future di contrasto a questo mega inquinamento. Finora la Regione Veneto ha adottato una serie di provvedimenti singoli, che vanno dal controllo del sito inquinante, la Miteni di Trissino, fino al monitoraggio sanitario della popolazione, operazione complessa e in corso; dal divieto di mangiare il pesce pescato nelle acque del bacino Fratta-Gorzone al confronto al vetriolo con il Ministero dell’Ambiente sulle competenze di Roma e Venezia. Tutto insieme, dal decreto di cinque righe ai ponderosi pareri legali, dalle relazioni di vari organi regionali agli studi commissionati ad enti statali, come per esempio l‘istituto superiore di Sanità. Ora tutte queste attività diventano, prima ancora che base di un programma, politica pura. Cosa naturale, ma in questo caso pericolosissima.
Perché? Perché stavolta non si parla di infrastrutture, finanziamenti, confini sulla Marmolada o risibili questioncelle da campanile, stavolta si parla della salute della popolazione e delle condizioni di un territorio, entrambe questioni che purtroppo non si risolveranno nel giro di qualche mese e neppure in una legislatura. Sono problemi talmente sovra-politici che occorre affrontarli con una sovra-politica. La pelle delle persone non ha colore politico, è innanzitutto la pelle. Le campagne avvelenate non sono feudi di questo o quel partito, sono il bene comune di una popolazione. I tempi non sono quelli delle elezioni, delle legislature, del cursus honorum dei politici: parleremo di Pfas almeno per un’altra generazione, forse di più. Saranno i figli o i nipoti degli attuali consiglieri e assessori e presidenti a toccare con mano gli effetti – a tutt’oggi sconosciuti nel loro esito finale ma fortunatamente scoperti e indagati – di questo disastro ambientale senza pari.
Il confronto politico, naturale e necessario, non può ignorare che il contesto è diverso da tutti i precedenti conosciuti. Il demone in agguato è la conquista dei voti e il suo strumento è la demagogia, attività mai sopita ma in questi ultimi tempi assurta a fasti impensabili. Ne facciano a meno, i signori della Regione, almeno per questa volta. Ci sono già stati segnali, di questo sfruttamento a fini politici di una vicenda che chiede innanzitutto di essere affrontata e non strumentalizzata. Qui si tratta di acchiappare i Pfas, non i voti.
Eppure i politici ci stanno provando, da una parte e dall’altra, secondo la più classica contrapposizione tra maggioranza e opposizione. Solito schema: «siamo stati bravi» proclama la maggioranza, «ritardi e inefficienze», controbatte l’opposizione, entrambi con il pallottoliere del favore dell’elettorato sotto il banco, sulle ginocchia. Non con il disastro Pfas, per favore.
La Regione Veneto ha nominato prima una Commissione tecnica poi una commissione d’inchiesta. La Commissione tecnica è poi diventata «Ambiente e Salute», coordinata dal direttore generale dell’Arpav Nicola Dell’Acqua, nominato poi dal Ministero dell’Ambiente commissario straordinario per il problema Pfas. I materiali forniti da questa commissione sono stati prodotti fuori dalla politica. La commissione d’inchiesta regionale è costituita di nove membri, in rappresentanza di altrettanti partiti o gruppi consiliari, ed è presieduta dal cinquestelle Manuel Brusco. Ha messo insieme il dossier conclusivo diviso in due parti: la collazione dei documenti relativi all’annosa vicenda (storia, analisi, normativa, monitoraggi sanitari) e audizioni durate due mesi, dai tecnici alla stessa Miteni. Del dossier fa parte anche un cd-rom con una serie di documenti e una sintesi di 30 pagine.
La relazione finale è stata approvata a maggioranza dalla stessa commissione d’inchiesta, e qui si ritorna al punto: perché a maggioranza se tutti, trasversalmente, vi hanno utilmente partecipato? Hanno votato contro – per esempio – il consigliere Andrea Zannoni (Pd) e la consigliera Cristina Guarda (Alessandra Moretti Presidente, cioè Pd), proprio loro che durante le audizioni, riportate integralmente nella relazione, sono stati i più attivi, i più ficcanti, i più indagatori. Perché votare contro un lavoro di cui sono stati fondamentali protagonisti? Significa che già lì è subentrata la logica politica, il dualismo maggioranza/minoranza che antepone gli interessi di parte a quelli generali.
È stata contestata «l’incompletezza» della relazione soprattutto in virtù del fatto che non conteneva una riga sull’inquinamento sopravvenuto da GenX. Del quale peraltro s’è saputo a lavori della commissione ultimati. E in ogni caso sarebbe bastato non chiedere ma fare un supplemento d’indagine al volo. Fatta salva la libertà di critica, ciò che va salvaguardato è l’interesse generale. Perché rischiare di depotenziare un buon lavoro di base, ancoraggio delle future decisioni, un lavoro giudicato più approfondito del documento simile prodotto dalla Commissione bicamerale sulle eco-mafie, ragionando in termini di puro tornaconto politico di parte? Vale per tutti, dalla Lega al Pd e perfino per l’originale posizione del consigliere Berlato.
Speriamo di non assistere in aula a guerre calcolate con la logica dell’acchiappavoti. Non si tratta di auspicare inciuci, trasversalismi, pastette o rapporti contronatura. Si tratta di essere utilmente coesi per decidere non il valore di uno strumento conoscitivo, ma le azioni da intraprendere per gestire un’emergenza che sarà sfuggente per anni e anni. Su queste azioni ci potrà essere battaglia politica, ricordandosi che nel sangue di 300 mila veneti assieme al resto scorre anche un punto di domanda. Che non è «per chi voterò?», ma starò bene?».

Pfas e Genx, lavoratori Miteni: le testimonianze [VIDEO]


Pfas e Genx, lavoratori Miteni: le testimonianze [VIDEO]

Condividi
Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Ieri si è svolto il sit-in alla Miteni di Trissino (Vicenza) azienda chimica in cui si trattano sostanze perfluoroalchiliche come Pfas e GenX. Iniziativa organizzata dalle RSU aziendali e dalle categorie dei chimici di Cgil-Cisl-Uil di Vicenza e provincia. In passato il sito produttivo aveva molto probabilmente provocato l’inquinamento che interessa tutto l’Ovest Vicentino e la parte bassa delle province di Verona e Padova.
Di recente è stato rilevata in zona la dispersione di una determinata quantità di GenX. Qui la testimonianza di tre lavoratori: Vito, Denis e Marco, che temono per la loro salute e quella dei loro familiari, sono per la difesa dell’ambiente, e non vogliono che la fabbrica chiuda.


Pfas, sit in dei sindacati alla Miteni di Trissino: «Preoccupati per la salute»

Pfas, sit in dei sindacati alla Miteni di Trissino: «Preoccupati per la salute»

Pubblicato il 20 luglio 2018 in Lavoro, Vicenza
Miteni  
Mentre la commissione regionale d’inchiesta sull’inquinamento Pfas conclude i lavori e sulla base di una poderosa relazione tecnica, che evidenzia rischi per la salute di 300 mila cittadini e 130 lavoratori Miteni esposti, questi ultimi si fanno sentire. La mattina del 20 luglio le Rsu dell’azienda chimica di Trissino (Vicenza) hanno tenuto un sit in di fronte all’ingresso della fabbrica accusata di aver diffuso per anni nelle falde le sostanze perfluoroalchiliche Pfas e GenX, considerate dagli studiosi “interferenti endocrini”.
Con i delegati Cgil Cisl e Uil c’era anche il segretario generale della Cgil di Vicenza Giampaolo Zanni: «Quella di oggi – spiega – è una iniziativa dei lavoratori per far emergere la situazione che stanno vivendo. Diverse le loro preoccupazioni che noi del sindacato unitariamente rilanciamo. Sono preoccupati per la loro salute, sono preoccupati per la situazione lavorativa attuale, che ha ricadute sulle retribuzioni a causa della messa in concordato preventivo della Miteni. E sono preoccupati per il loro futuro in caso di provvedimenti “gravi” verso l’azienda».
«Ricordo – aggiunge Zanni – che ad oggi nel nostro Paese non esistono più ammortizzatori sociali in grado eventualmente di “accompagnare” questi lavoratori verso un’altra collocazione. La Cgil in particolare oltre a rappresentare queste preoccupazioni dei lavoratori, ha assolutamente la necessità di rappresentare le istanze dei cittadini. Io stesso abito in questa zona, ho figli e sono preoccupato di possibili risvolti negativi sulla salute nostra e delle future generazioni».
Diverse le azioni necessarie secondo Zanni: «È necessario capire come intervenire con l’approvvigionamento idrico, anche se si è fatto molto ma tanto c’è ancora da fare. Esiste anche la problematica che riguarda i prodotti della terra e quindi gli alimenti prodotti in questa zona: non abbiamo sicurezze. Più in generale dobbiamo impegnarci a salvaguardare l’ambiente dei territori dell’ovest vicentino, del Basso Padovano e del Basso Veronese».
Renato Volpiana, esponente Rsu della Miteni, esprime il disagio di chi ci lavora: «Se le cose dovessero aggravarsi fino a giungere ad un blocco delle lavorazioni o peggio ancora ad un fermo totale dell’attività – spiega – noi ci rivolgeremo ai Ministri del lavoro, della salute e dell’ambiente perché dalle autorità regionali non abbiamo avuto risposte soddisfacenti. È necessario trovare un equilibrio tra produzione e rispetto dell’ambiente in cui viviamo, come hanno imposto le autorità nazionali e regionali»

Regione Veneto, relazione sui Pfas: «tardiva e generica»

Regione Veneto, relazione sui Pfas: «tardiva e generica»

Condividi
Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
La Commissione straordinaria d’inchiesta sui Pfas del Consiglio regionale ha depositato la relazione finale, dalla quale è escluso il tema GenX. Come scrive Cristina Giacomuzzo sul Giornale di Vicenza a pagina 11, si tratta di un dossier di 500 pagine che dovrà essere approvato in consiglio regionale il 31 luglio. La commissione era presieduta da Manuel Brusco (M5S). Due consiglieri hanno votato contro 2 di questi hanno votato contro.
Si tratta della vicentina Cristina Guarda (Amp) e del trevigiano Andrea Zanoni (Pd): «non potevamo fare diversamente -spiegano -. Quella relazione è una testimonianza “storica”, non attuale tanto è vero che nel frattempo è emerso il caso GenX che non è neppure citato. Sul tema questa maggioranza non ha messo la giusta attenzione. Il report è sicuramente un documento importante, ma privo di una qualsiasi conclusione politica e di obiettivi. E manca – concludono – di una relazione che valuti la situazione nel suo complesso». Il direttore regionale dell’area sanità Domenico Mantoan spiega che le sostanze inquinanti possono essere dannose sul lungo periodo. I dati infatti mostrerebbero «un 20% in più di decessi per le malattie cardiovascolari».

Pfas, il super dossier regionale in procura

Pfas, il super dossier regionale in procura il 18 luglio 2018

Pfas, il super dossier regionale in procura

Un carteggio pesantissimo sulla condotta della Miteni sarebbe stato inviato dall'assessorato alla Sanità agli inquirenti: l'indiscrezione arriva da Venezia. Frattanto le mamme "No Pfas" intervengono sul caso GenX: "Fuori i documenti. Chiederemo lumi ai magistrati"


Potrebbe interessarti: http://www.padovaoggi.it/cronaca/pfas-super-dossier-regionale-procura-montagnana-18-luglio-2018.html
Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/PadovaOggi/199447200092925