martedì 21 gennaio 2020

Pfas, l'Arpav si costituisce parte civile al processo Miteni Accolta la domanda dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto

Pfas, l'Arpav si costituisce parte civile al processo Miteni

Pfas, l'Arpav si costituisce parte civile al processo Miteni

Accolta la domanda dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto
Riceviamo da Arpav e pubblichiamo:
"Nell’udienza tenutasi stamane dinnanzi al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale Penale di Vicenza, è stata accolta l’istanza dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto di costituirsi parte civile nel processo Miteni, domanda formalizzata dall’avvocato Fabio Calderone, del foro di Padova, lo scorso novembre. Luca Marchesi, direttore generale Arpav, esprime soddisfazione per la decisione odierna che riconosce il costante impegno dell’Agenzia ambientale veneta nella tutela dell’ambiente e della popolazione. L’azienda è imputata per aver concorso all’avvelenamento della falda acquifera destinata al consumo umano nel sottosuolo dell’azienda e delle acque superficiali e potabili, nonché di aver provocato il relativo disastro ambientale. Oltre ad Arpav sono state accolte anche le richieste di altre istituzioni pubbliche, fra cui la Regione del Veneto e la Provincia di Vicenza e numerosi Comuni del territorio. Sono state accolte le istanze volte a far entrare nel processo, quali responsabili civili, due multinazionali, la giapponese Mitsubishi Corporation Inc. e la lussemburghese International Chemical Investitors S.E. Nel 2013 Arpav aveva identificato nel sito dell’azienda la principale causa dell’inquinamento nella produzione di sostanze perfluoroalchiliche. L’ingente attività tecnico scientifica svolta dall’Agenzia in tutti questi anni a presidio dell’inquinamento da Pfas ben oltre i compiti istituzionali è oggetto della richiesta di risarcimento al momento quantificata in oltre sette milioni di euro, oltre al danno all’immagine. La prossima udienza è fissata per il 23 marzo"


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i Pfas interferiscono con il recettore della vitamina D, inducendo una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D stessa

"I Pfas favoriscono lo sviluppo dell'osteoporosi": la ricer



L’importante rivista scientifica “Endocrine” ha pubblicato i risultati di una indagine condotta su oltre cento giovani. E non sono certo positivi: come spiega il professor Carlo Foresta: «Abbiamo dimostrato che i Pfas inducono un maggior rischio di osteoporosi attraverso l’interferenza dell’azione della vitamina D sui suoi recettori».

Il convegno sulla vitamina D

Oltre cinquecento esperti si riuniranno il 25 settembre a Padova, in un convegno presieduto dal professor Carlo Foresta, per discutere del frequente riscontro di ridotti livelli di vitamina D in Italia. L’80% della popolazione italiana è carente di vitamina D e sono sempre più evidenti e note le ricadute di questa deficienza non solo come causa della osteoporosi, ma come fattore che associa molte patologie come malattie degenerative, come l’alzheimer, il parkinson, le patologie polmonari e il diabete. La vitamina D per l’80% si forma attraverso l’esposizione al sole ed è contraddittorio che nei paesi mediterranei come l’Italia e la Spagna si sia verificata una condizione generalizzata di ipovitaminosi D. Eppure, nonostante l’incredibile incremento nell’utilizzo di farmaci per la supplementazione di vitamina D, passati dal 63° posto nel 2012 al 6° posto nel 2018 nella classifica dei farmaci più acquistati in Italia, le patologie correlate a bassi livelli di vitamina D continuano ad aumentare. Durante il convegno i più importanti esperti di queste tematiche discuteranno dei meccanismi che sono alla base delle patologie indotte dalla ridotta vitamina D e dei risultati che si ottengono trattando i pazienti con le diverse formulazioni di vitamina D.

Screening

Il convegno si inquadra nel progetto più ampio di prevenzione delle malattie dell’osso che vede Padova, tra le più avanzate città in questo settore attraverso la proposta dello screening gratuito dell’osteoporosi maschile, in fase di attuazione presso la Fondazione Foresta Onlus. Fino al 30 novembre uomini sopra i 70 anni potranno infatti effettuare lo screening prenotando la visita al numero verde 800 100123. Durante il convegno, il professor Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia presso l’Università degli Studi di Padova, esporrà per la prima volta studi originali riguardanti la relazione tra inquinanti ambientali e vitamina D.

La ricerca

Le ricerche condotte dal gruppo di ricerca coordinato da Foresta e guidato dal professor Andrea Di Nisio hanno dimostrato che i Pfas interferiscono con il recettore della vitamina D, inducendo una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D stessa, che si manifesta con una minor mineralizzazione ossea. Questi risultati, oltre a chiarire i meccanismi attraverso i quali i Pfas interferiscono con l’attività di questo importante ormone, suggeriscono un possibile ruolo per questi inquinanti nella patogenesi dell’osteoporosi, la principale patologia correlata ai ridotti livelli di vitamina D. A questo scopo, i ricercatori hanno valutato la densità dell’osso in 117 giovani maschi di età compresa tra 18 e 21 anni esposti all’inquinamento da Pfas. Spiega il professor Foresta: «Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non esposti a questo inquinamento è emerso che negli esposti la densità minerale ossea era significativamente inferiore ai controlli. Questi risultati suggeriscono un’interferenza dei Pfas sullo sviluppo scheletrico, così come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio. Nel 24% dei soggetti esposti si osservava infatti una maggior frequenza di osteopenia e osteoporosi, rispetto al solo 10% dei soggetti di controllo».



Cosa sono i Pfas

I composti perfluorurati (Pfas) sono sostanze chimiche di sintesi che vengono utilizzate per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa; possono essere presenti in pitture e vernici, farmaci e presidi medici. I Pfas sono ritenuti contaminanti emergenti dell’ecosistema data la loro elevata resistenza termica e chimica, che ne impedisce qualsiasi forma di eliminazione favorendone l’accumulo negli organismi. In alcune regioni del mondo (Mid-Ohio Valley negli Usa, Dordrecht in Olanda, e Shandong in Cina) ed in particolare in alcune zone della Regione Veneto è stato rilevato un importante inquinamento da Pfas nel territorio, soprattutto nelle falde acquifere delle Province di Vicenza, Padova e Verona


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Bonifica ex-Miteni: presentato il piano in Regione


Bonifica ex-Miteni: presentato il piano in Regione

Pfas: arrivato alla scadenza il progetto per il risanamento dell'aerea. Entro fine anno 

Il 31 dicembre è stato presentato via posta elettronica certificata alla Regione e a tutti gli enti coinvolti la lettera con la quale la società International Chemical Investors Italia 3 Holding S.r.l. trasmette il progetto di bonifica dell’area ex-Miteni.
Si tratta della risposta alla conferenza dei servizi dello scorso 17 ottobre 2019, durante la quale la Regione del Veneto, insieme a Comune di Trissino e Provincia di Vicenza e tutti gli enti coinvolti, avevano imposto alla proprietà dell’ex-Miteni di presentare i progetti di bonifica dell’area dell’ex-stabilimento produttivo di Trissino (VI) entro il 31 dicembre per poter intervenire quanto prima.
La proposta è stata ricevuta ed entro il mese di gennaio sarà sottoposta a valutazione di tutti gli enti coinvolti in una specifica conferenza dei servizi.


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Pfas: medici Isde, emergenza in Veneto è disastro sanitario 16 gennaio 2020

Pfas: medici Isde, emergenza in Veneto è disastro sanitario

16 gennaio 2020 18:11
Fonte: Adnkronos
Roma, 16 gen. (Adnkronos Salute) - Il medici per l'ambiente-Isde scendono in campo sul caso Pfas (composti perfluorurati) in Veneto con un 'position paper' presentato oggi alla Camera dei Deputati. Un documento dedicato a questa sostanza chimica altamente tossica per l'uomo e alle azioni da intraprendere per fermare un'emergenza che coinvolge 350 mila veneti residenti tra le province di Vicenza, Padova e Verona. Zone dove sono stati trovati livelli di Pfas nell'ambiente superiori ai limiti. "Siamo di fronte ad una disastro sanitario che va affrontato il prima possibile", ha affermato Vincenzo Cordiano, specialista in ematologia e presidente di Associazione italiana medici per l'ambiente-Isde Veneto. "La Regione Veneto continua a prorogare gli interventi necessari e non realizza gli studi necessari per capire se c'è stato un danno alla salute della popolazione. La Regione non ci ha mai convocato, ma per il bene di tutti - insiste - l'acqua potabile deve essere priva di Pfas". Nel report dell'Isde si citano altri casi a livello internazionali simili a quello del Veneto. "E' stato dimostrato da studi svolti altri Paesi che i Pfas sono responsabili di un basso peso neonatale alla nascita, dell'alterazione del metabolismo tiroideo, del diabete gestazionale e di alcune neoplasie come il cancro al testicolo - ha aggiungo Cordiano - Il 24 gennaio presenteremo all'Ordine dei medici di Vicenza uno studio svolto insieme alla Fondazione Foresta Onlus sui danni da Pfas sulla fertilità maschile e sui segni di femminilizzazione presenti nei giovani maschi". Ma l'inquinamento di falde e terreni con Pfas non è un problema solo del Veneto. "Nel 2018 le analisi dell'Ispra sulla presenza di Pfas nelle acque in 302 stazioni in 20 Regioni e Province autonome ha verificato la loro presenza in tutte le Regioni investigate", ha evidenziato Pietro Paris, responsabile della Sezione sostanze pericolose dell'Ispra intervenuto alla presentazione del 'position paper'. Nel documento, l'Isde evidenzia la necessità di "proibire l'utilizzo di acqua destinata a uso umano contenente Pfas alle donne in gravidanza, ai bambini, negli asili nido, nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e nei luoghi pubblici, accelerando altresì la messa in opera dei nuovi acquedotti, la sola misura in grado di mettere veramente in sicurezza la salute dei cittadini". I medici per l'ambiente chiedono anche "una legge nazionale obblighi a dosare le Pfas prima che siano sparse sui terreni agricoli, vietandone l'uso come ammendanti qualora la ricerca sia positiva, indipendentemente dai livelli riscontrati. È necessario che sia garantita la trasparenza assoluta e che i consumatori siano adeguatamente informati". L'Isde auspica "l'avvio di studi osservazionali su soggetti che già assumono per altre patologie questi farmaci teoricamente in grado di modulare l'escrezione di Pfas ed, eventualmente, studi d'intervento qualora emerga un possibile beneficio dall'approccio farmacologico". L'Isde è poi "disponibile a collaborare con il ministero della Salute e le altre istituzioni offrendo i risultati della revisione della letteratura su questo aspetto specifico e a partecipare a questi studi". Secondo Paris, "nella definizione di Pfas vengono raccolte oltre 4 mila sostanze chimiche che non si trovano in natura ma sono state prodotte dall'uomo. Sostanze che si trovano in quasi tutti i settori industriali e in tantissimi prodotti di consumo quotidiano - ha spiegato Paris - I Pfas sono un problema perché sono composti che possono danneggiare la riproduzione umana, sono interferenti endocrini e anche cancerogeni. Ma purtroppo la conoscenza dei loro effetti sull'uomo è ancora lacunosa". "La minaccia più grande di queste sostanze - ha ricordato Paris - è che si bioaccumulano negli organismi e diventano un contaminante ambientale; alcuni possono persistere anche 1000 anni nel suolo. Le misure disponibili dimostrano che un particolare Pfas, il PfhxS, può rimare nel sangue fino a 8,5 anni. Il regolamento europeo Reach ha cambiato le cose e ha stabilito che non c'è un livello sicuro per i Pfas, questo significa che i test di tossicità per l'uomo che si basano su periodi brevi non vanno più bene e si devono cambiare. Inoltre il regolamento Ue definisce i Pfas sostanze 'estremamente pericolose' e molti studi li definiscono 'sostanze chimiche perenni'. Gli oceani - ha concluso - sono il grande serbatoio dei Pfas, ma si trovano anche in aree remote perché hanno un trasposto a lunga distanza. Sono impossibili da rimuovere, non conoscono confini e barriere amministrative e dunque si possono solo vietare".

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