In questo articolo ancora nel 2015 si informava di una class action fatta dai comitati in difesa del terriorio sul Brenta anche per i prelievi d'acqua per la conduttura dell'acquedotto del Veneto proprio a Carmignano sul Brenta :
Class action salva-Brenta contro cave e acquedotti
Fronte comune dei comitati
locali e dei politici di Cittadella, Carmignano, Piazzola e Fontaniva
per fermare la riapertura dell’escavazione e il pompaggio dalle falde
di Silvia Bergamin
CITTADELLA. «Tutti a difesa del Brenta e del territorio». Passa la linea di un asse tra i Comuni e i comitati ambientalisti alla riunione “Giù le mani dal Brenta” mercoledì a Santa Croce Bigolina.
L'incontro ha visto la partecipazione di oltre cento persone e arriva dopo la prima tappa di luglio, a Carmignano di Brenta, che ha dato il via a una mobilitazione spontanea che sembra aver già trovato ascolto. Nelle relazioni introduttive l'ex segretario della Pro Loco Giuliano Basso e l'ex sindaco di Carmignano Paolo Rigon, protagonisti da lustri di importanti lotte contro lo scavo selvaggio del fiume, hanno inquadrato nel mirino due progetti della Regione contro i quali è già stato depositato un esposto. «I progetti riguardano il prelievo di acque a Camazzole e la “difesa” della sponda sulla sinistra Brenta, lungo via Casoni, tra Cittadella, Carmignano e Fontaniva. Sul primo ci sono diversi problemi: si va a prelevare acqua solo a Camazzole, si butta denaro pubblico inutilmente, non sono stati costituiti gli organi di controllo, non si è decisa nessuna difesa della sponda e non sono chiari i progetti della ricarica della falda».
Per Cittadella è cruciale il secondo progetto, che prevede di portare via qualcosa come 600 mila metri cubi di ghiaia «in cambio di un argine di 600-700 metri. Si rischia di spianare per chilometri uno straordinario habitat naturale», denunciano Rigon e Basso.
«I Comuni sono gli ultimi a essere coinvolti», ha osservato il sindaco di Fontaniva Lorenzo Piotto. Secondo l'ex sindaco di Piazzola sul Brenta, Renato Marcon, «è opportuno sia un ente terzo, come il consorzio di bonifica, a istituire il tavolo tecnico». Presente anche l'assessore cittadellese Pio Luigino Campagnolo, il quale ha fatto sapere che «l'inizio dei lavori per l'opera su via Casoni è previsto il prossimo anno, a marzo, e il cantiere, secondo il progetto della Regione, durerà 18 mesi. Ho a cuore il Brenta, certo, ma mi preoccupano anche le migliaia di camion di ghiaia che attraverseranno le nostre strade. E dove verrà portata?»
Alla fine pare
un accordo si sia trovato: le amministrazioni comunali coinvolte e il gruppo che ha sollevato il problema, di Carmignano e Santa Croce Bigolina, entro settembre siederanno attorno a un tavolo tecnico in Comune a Fontaniva per concordare una linea di azione comune.
NEL 2016 un intervista al sindaco di Carmignano sul Brenta
Intervista al Sindaco di Carmignano di Brenta Alessandro Bolis che lamenta una serie di perplessità in merito al progetto per la realizzazione del MO.S.A.V. (Modello Strutturale degli Acquedotti del Veneto) dichiarando che non è in discussione l’obiettivo, in quanto l’acqua rimane il bene principale per ogni cittadino, ma teme conseguenze per un territorio già devastato in passato.
Nello specifico le opere che sono state iniziate in questi giorni nell’area golenale del fiume Brenta rientrano nel progetto di attuazione nello Schema Acquedottistico del Veneto Centrale (S.A.VE.C.), mediante il quale è prevista l’interconnessione degli acquedotti alimentati dalle falde del Medio Brenta, del Sile dell’Adige e del Po, la cui progettazione, unitamente alla costruzione, è affidata in concessione alla Società Veneto Acque S.p.A. In particolare, il S.A.VE.C. prevede la realizzazione di due anelli acquedottistici alimentati per l’80% da nuovi prelievi nell’area del Medio Brenta.
La società Veneto Acque S.p.A., società il cui unico socio è la Regione Veneto, ha prodotto nelle varie fasi progettuali il “Progetto di derivazione delle falde del Medio Brenta” per l’attivazione di un prelievo complessivo di 1.950 l/s ( 950 + 200 l/s prelevati da Veneto Acque S.p.A. e 800 l/s, attualmente in essere, prelevati da ETRA e CVS ).
Il prelievo è effettuato interamente lungo la sponda destra della ex cava Giaretta, interessando territorialmente i Comuni di Carmignano di Brenta, Fontaniva e Cittadella.
Vista l’estensione territoriale dell’intervento di rinnovamento della rete idrica in questione, e in ragione del fatto che lo stesso comporta il coinvolgimento di molti Enti Pubblici, tra cui tredici Comuni, le Provincie di Padova e Vicenza oltre che A.A.T.O. Brenta, Etra S.p.a., il Consorzio di Bonifica Brenta, l’A.R.P.A.V. e, ovviamente, la Regione Veneto e Veneto Acque S.p.A., è stato all’uopo elaborato, tra tali Enti, un Accordo di Programma e deliberato di rispettivi organi preposti.
L’Accordo di Programma doveva essere quello strumento ideato per il conseguimento di obiettivi di qualità ambientali a fronte di un progetto che inevitabilmente avrà un forte impatto in un territorio già pesantemente violentato in un recente passato. E’ evidente che la zona interessata deve essere oggetto della massima attenzione e tutela innanzitutto dal punto di vista ambientale, visto che è sottoposta a tutela quale sito S.I.C./Z.P.S. IT3260018 “Grave e zone umide del Brenta”.
Per questo con l’Accordo di Programma si dovevano mettere in atto tutta una serie di strategie di lungo periodo che impegnasse gli Enti firmatari ad intraprendere, in relazione alle proprie specifiche responsabilità e competenze, azioni incisive al fine di tutelare i territori in cui l’intervento di captazione delle falde ricade.
Alle già importanti perplessità per un progetto di derivazione delle falde che per utilità pubblica vede coinvolti questi territori, si sono aggiunte poi, nel 2014, quelle relative al “ Progetto stralcio per il recupero dei rilevati in alveo” con il quale si ipotizzava di intervenire sul letto del fiume Brenta asportando un quantitativo di ghiaia pari a 70.000 mc, prevedendo una movimentazione di almeno 6000 camion all’interno dell’area naturalistica, al fine di utilizzare il materiale prelevato per costituire le arginature a protezione dei pozzi di prelievo.
I comuni interessati, dopo aver letto l’intera documentazione depositata hanno inviato alla Commissione esaminatrice e alla Regione Veneto una serie di dubbi e perplessità, senza però ricevere risposta alcuna.
La Regione purtroppo- urlano in coro i sindaci- non sembra aver colto la gravità delle problematiche fatte da chi vive e conosce il territorio, problematiche supportate da studi approfonditi, ed ha concluso con decreto la procedura di verifica di assoggetabilità ritenendo che, il progetto di derivazione dalle falde del Medio Brenta – Stralcio per il recupero del materiale e formazione dei derivati in alveo” presentato dalla Società Veneto Acque (si ricorda: il cui socio unico è la Regione medesima), andasse escluso dalla doverosa sottoposizione alla Valutazione di Impatto Ambientale. Qui l'intervista : http://www.accadeinzona.it/eventi/2016/04/08/creazione-nuovi-acquedotti-sulle-sponde-del-brenta-si-inizia-le-polemiche/
Nello scorso maggio 2017 l'assessore all'ambiente della regione Veneto, Giampaolo Bottacin in consiglio comunale straordinariosui pfas a Montecchio Maggiore annunciava:
“Veneto acque”,
3 vie per togliere
i pozzi con i Pfas
Piero Erle
«Quello che vogliamo capire al più presto è quali progetti sono realizzabili prima, per tempo ed efficacia. E intanto speriamo di avere le promesse risorse statali: la prossima settimane incontrerò di nuovo il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti». Così l’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottacin spiega l’incarico affidato dalla Regione alla sua società “Veneto acque” - fresca di cambio al vertice con la nomina dell’amministratore unico Gianvittore Vaccari - per individuare i progetti per la “messa in sicurezza delle fonti idropotabili contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche”, i famigerati Pfas.
I FILTRI COSTANO TROPPO. Come noto, l’allarme Pfas è scoppiato nella primavera di quattro anni fa, e la Regione ha subito imposto ai gestori di acquedotto di intervenire per ridurre nell’acqua potabile la concentrazione di inquinanti (che prima non era mai stata misurata). Già a settembre i valori dell’acqua nei rubinetti erano «al di sotto dei livelli di performance indicati dall’Iss-Istituto superiore di sanità». La tecnica efficace è stata quella storica dei filtri a carboni attivi: installati nelle centrali di acquedotto «consentono di rispettare i livelli di performance stabiliti dall’Iss per le acque potabili». Con due problemi: comunque i filtri «non sono in grado di consentire la totale assenza di tali composti dalle acque potabili distribuite in rete», e in più occorre «una frequente sostituzione dei filtri installati, con un costo gestionale che si riflette necessariamente in misura non trascurabile» sulle bollette. Quindi i filtri non possono essere una soluzione definitiva. Anche perché l’inquinamento della falda in zona Chiampo e aree del Vicentino e Padovano non vedrà una soluzione di bonifica a breve.
IL PIANO. La conclusione è stata indicata da tempo dai tecnici: chiudere il prelievo dai pozzi di Almisano (500 litri al secondo circa) e portare con nuove tubazioni alla centrale di Lonigo altra acqua “pulita” del Veneto creando una rete che colleghi tra loro pozzi e centrali già esistenti. Sono già sei gli incontri fatti tra Regione, Veneto acque e i gestori del servizio idrico. È stata quindi individuata una triplice soluzione, all’interno del grande Modello strutturale degli acquedotti varato dalla Regione nel 2000. Primo, il prelievo dell’acqua nell’area del Brenta a Carmignano, dove “Veneto acque” sta potenziando il sistema veneto, con una condotta che porti poi l’acqua a ovest lungo l’A4 fino a Lonigo. Secondo, portare acqua dal sud verso Almisano, utilizzando strutture già esistenti. Terzo, una condotta dal Veronese.
LE PRIORITÀ. Sarà Veneto acque, a breve, a dire quali sono le soluzioni su cui puntare prima. Sembra tramontata una priorità per il “tubo” veronese. «Sarà Veneto acque a indicare la priorità, ma al momento - spiega l’assessore Bottacin - pare che sia più avanzata l’ipotesi dell’approvvigionamento dal sud, mentre quella più efficace è quella dell’utilizzo delle falde sotto il Brenta». C’è il problema risorse, ovviamente. Veneto acque ha 88 milioni di finanziamento Bei per realizzare il piano acquedotti “ordinario” «ma questa è una situazione straordinaria e va detto che la Regione ha già speso circa 500 milioni per la vicenda Pfas, mettendo assieme i fronti sanitario, acquedottistico, ambientale. Li abbiamo chiesti al Governo, e a fronte di 20 miliardi di tasse venete che restano a Roma merita certo che ci venga data una riposta per un’emergenza come questa. Ci hanno annunciato 80 milioni per gli acquedotti: il dialogo con il ministro Galletti c’è, mi auguro possano arrivarci al più presto - conclude Bottacin - per iniziare gli interventi individuati come priorità dalla nostra azienda».
«Quello che vogliamo capire al più presto è quali progetti sono realizzabili prima, per tempo ed efficacia. E intanto speriamo di avere le promesse risorse statali: la prossima settimane incontrerò di nuovo il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti». Così l’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottacin spiega l’incarico affidato dalla Regione alla sua società “Veneto acque” - fresca di cambio al vertice con la nomina dell’amministratore unico Gianvittore Vaccari - per individuare i progetti per la “messa in sicurezza delle fonti idropotabili contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche”, i famigerati Pfas.
I FILTRI COSTANO TROPPO. Come noto, l’allarme Pfas è scoppiato nella primavera di quattro anni fa, e la Regione ha subito imposto ai gestori di acquedotto di intervenire per ridurre nell’acqua potabile la concentrazione di inquinanti (che prima non era mai stata misurata). Già a settembre i valori dell’acqua nei rubinetti erano «al di sotto dei livelli di performance indicati dall’Iss-Istituto superiore di sanità». La tecnica efficace è stata quella storica dei filtri a carboni attivi: installati nelle centrali di acquedotto «consentono di rispettare i livelli di performance stabiliti dall’Iss per le acque potabili». Con due problemi: comunque i filtri «non sono in grado di consentire la totale assenza di tali composti dalle acque potabili distribuite in rete», e in più occorre «una frequente sostituzione dei filtri installati, con un costo gestionale che si riflette necessariamente in misura non trascurabile» sulle bollette. Quindi i filtri non possono essere una soluzione definitiva. Anche perché l’inquinamento della falda in zona Chiampo e aree del Vicentino e Padovano non vedrà una soluzione di bonifica a breve.
IL PIANO. La conclusione è stata indicata da tempo dai tecnici: chiudere il prelievo dai pozzi di Almisano (500 litri al secondo circa) e portare con nuove tubazioni alla centrale di Lonigo altra acqua “pulita” del Veneto creando una rete che colleghi tra loro pozzi e centrali già esistenti. Sono già sei gli incontri fatti tra Regione, Veneto acque e i gestori del servizio idrico. È stata quindi individuata una triplice soluzione, all’interno del grande Modello strutturale degli acquedotti varato dalla Regione nel 2000. Primo, il prelievo dell’acqua nell’area del Brenta a Carmignano, dove “Veneto acque” sta potenziando il sistema veneto, con una condotta che porti poi l’acqua a ovest lungo l’A4 fino a Lonigo. Secondo, portare acqua dal sud verso Almisano, utilizzando strutture già esistenti. Terzo, una condotta dal Veronese.
LE PRIORITÀ. Sarà Veneto acque, a breve, a dire quali sono le soluzioni su cui puntare prima. Sembra tramontata una priorità per il “tubo” veronese. «Sarà Veneto acque a indicare la priorità, ma al momento - spiega l’assessore Bottacin - pare che sia più avanzata l’ipotesi dell’approvvigionamento dal sud, mentre quella più efficace è quella dell’utilizzo delle falde sotto il Brenta». C’è il problema risorse, ovviamente. Veneto acque ha 88 milioni di finanziamento Bei per realizzare il piano acquedotti “ordinario” «ma questa è una situazione straordinaria e va detto che la Regione ha già speso circa 500 milioni per la vicenda Pfas, mettendo assieme i fronti sanitario, acquedottistico, ambientale. Li abbiamo chiesti al Governo, e a fronte di 20 miliardi di tasse venete che restano a Roma merita certo che ci venga data una riposta per un’emergenza come questa. Ci hanno annunciato 80 milioni per gli acquedotti: il dialogo con il ministro Galletti c’è, mi auguro possano arrivarci al più presto - conclude Bottacin - per iniziare gli interventi individuati come priorità dalla nostra azienda».
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