Miteni, situazione tesa Sarà settimana di fuoco
                    Non è andata bene. Dopo tre ore e mezza di 
confronto, ieri pomeriggio in prefettura, resta tesissima la situazione 
per la Miteni di Trissino, l’azienda chimica al centro del caso 
dell’inquinamento da Pfas in decine di Comuni vicentini, veronesi e 
padovani. Il prefetto vicentino Umberto Guidato, d’accordo con 
l’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan e il sindaco trissinese 
Davide Faccio, aveva convocato un summit in prefettura per affrontare le
 tensioni createsi dopo l’annuncio improvviso della proprietà Icig di 
Miteni prima di aver chiesto il fallimento, e poi - dopo lo sciopero di 
una settimana fa - di aver avviato il licenziamento di tutti e 121 i 
dipendenti (in questa lista peraltro c’è lo stesso ad Antonio Nardone), 
accusandoli di non permettere lo svuotamento di tutte le sostanze 
pericolose presente nello stabilimento chimico.
TAVOLI SEPARATI. Un’accusa rimandata al mittente con forza dai 
sindacati, che ieri si sono presentati in forze in prefettura con i 
segretari provinciali e di categoria (Giampaolo Zanni-Cgil, Grazia 
Chisin-Uil e Riccardo Camporese per Ust-Cisl) e con le Rsu aziendali. 
Miteni non voleva sedersi allo stesso tavolo dei sindacati, e così le 
istituzioni hanno attivato due confronti diversi. Già dopo oltre un’ora,
 uscendo per impegni urgenti, era stato il sindaco e presidente della 
Provincia Francesco Rucco ad anticipare: «La situazione è critica, si 
procede per tavoli separati, da una parte Miteni con l’ad Nardone e 
Confindustria e dall’altra i sindacati: il tavolo è disunito, non c’è 
stata volontà di confronto e si rischiava di far saltare tutto». C’erano
 tutte le istituzioni, al tavolo, perfino il Governo rappresentato dal 
ministro Erika Stefani (che a Trissino è stata anche vicesindaco), la 
Regione, il Comune e poi Vigili del fuoco, Ulss-Spisal, Arpav.
LO SCONTRO. Dopo tre ore e mezza, come detto, il confronto su due tavoli
 è terminato. Ma i sindacati ne sono usciti coi volti scuri, come 
testimoniava Renato Volpiana della Rsu che ha chiarito alcuni punti: i 
dipendenti si sono già attivati per conto loro nel tenere in sicurezza 
lo stabilimento. Miteni ha promesso che lunedì presenterà un piano di 
“svuotamento” delle sostanze pericolose presenti in fabbrica, ma le Rsu 
chiedono risposte all’azienda perché ritengono che la situazione non sia
 garantita: «Hanno spiegato che si sono dimessi 18 tecnici che avevano 
ruoli importanti. Per questo - spiega l’assessore Donazzan - abbiamo 
chiesto al tavolo con Miteni che nel piano di messa in sicurezza degli 
impianti ci sia anche il carico di lavoro, cioè a chi verranno affidati i
 vari compiti». Non c’è solo questo, nelle richieste dei lavoratori 
ovviamente: «Noi chiediamo salute, prospettive occupazionali e di 
ricollocazione, e il pagamento degli arretrati» rimarca Volpiana. Sugli 
arretrati peraltro, conferma Donazzan, è il Tribunale a decidere perché 
Miteni è già in concordato e ora chiede la procedura fallimentare «per 
cui ci sarà la nomina di un curatore che avrà poteri».
GIORNATE INCANDESCENTI. Alla fine ne è emerso una sorta di calendario di
 fuoco. Già lunedì infatti Miteni è tenuta dalle indicazioni date dalle 
istituzioni e dal Comitato tecnico a presentare un piano di bonifica 
dell’area: lo farà, è stato assicurato. Ma mercoledì Miteni presenterà 
appunto anche il piano per la messa in sicurezza definitiva a tappe 
degli impianti: saranno le istituzioni (Provincia, Arpav, Vigili del 
fuoco, Spisal) a esaminarlo e dire se va bene. Infine è emerso però il 
colpo più duro: Miteni ha comunicato che già giovedì 8 ci sarà l’udienza
 in Tribunale per il fallimento che ha chiesto. E questo fa infuriare i 
sindacati, che confermano lo stato di agitazione, perché lo stesso 
giorno è già convocato un tavolo dalla Regione sulla situazione 
occupazionale. «Io proprio al tavolo separato ho ufficializzato la 
richiesta a Miteni di ritirare le lettere di licenziamento», rimarca 
l’assessore Donazzan che giovedì incontrerà appunto i sindacati. Ma non 
c’è stata risposta. E la prospettiva è che, passati i 75 giorni di legge
 per le trattative, si finisca tutti a un tavolo al Ministero del 
lavoro.
IL RISCHIO. L’ad Nardone ieri ha sorpreso tutti annunciando che ci 
sarebbe un nuovo compratore per Miteni, con una proposta vincolante sul 
tavolo. Ma non risulta che la notizia sia stata data alle istituzioni. 
Anzi, purtroppo è sempre più chiaro che con il fallimento la Miteni (e 
anche l’eventuale compratore) si sfila dalla bonifica del sito di 
Trissino, per la quale pare che ieri si sia ipotizzato un costo fino a 
100 milioni che finirà sulle spalle degli enti pubblici, in attesa che 
la magistratura possa definire responsabilità precise ed eventuali sue 
azioni giudiziarie. •  
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