Nessun “ravvedimento” da parte di Miteni, ma la volontà addirittura di ricorrere al Tar contro i nuovi limiti imposti sui Pfas (le sostanze perfluoroalchiliche) dal Ministero dell’Ambiente alla Regione. La prospettiva è stata avanzata dall’amministratore delegato dell’azienda di Trissino (Vicenza), Antonio Nardone, durante la visita dei cittadini allo stabilimento chimico per allontanare i sospetti dall’essere la principale responsabile della contaminazione del suolo e delle acque.
Eppure il 20 maggio 2016 Studio 3A aveva chiesto dei chiarimenti proprio a Miteni perché fugasse tutti i dubbi e i patemi d’animo dei propri assistititi sui possibili effetti dell’inquinamento che ha toccato sopratutto le province di Verona, Vicenza e Padova. Domande legittime perché la popolazione di questi territori chiede giustamente delle risposte, quali effetti potrebbero avere i Pfas sulla salute a breve e lungo periodo, di accertare eventuali responsabilità per trovare assieme una soluzione. Si domanda troppo? Invece siamo arrivati a fine luglio ma non è giunta alcuna risposta dalla azienda alla richiesta d’incontro di Studio 3A.
Nardone, di contro, ha parlato di regole non uguali per tutti; in pratica, secondo il decreto uscito dal ministero, al Veneto sarebbero state imposte delle regole diverse rispetto agli altri e, se fossero applicate, la stessa Miteni sarebbe costretta a sospendere la produzione e a chiudere.
Invece di adeguarsi, o fare il possibile per farlo, si contrattacca, con la solita “minaccia” dei posti di lavoro. Anziché pensare alla salute come bene primario, tenendo presente innanzitutto il principio di precauzione, la priorità va data al profitto.
Studio 3A non vuole colpevolizzare nessuno ma prende atto delle inchieste giudiziarie e dei numerosi provvedimenti presi dai Comuni interessati dalla contaminazione da Pfas, emanati per contenere i rischi per i cittadini. E accoglie con estremo rammarico questa linea dura adottata dalla multinazionale.