venerdì 24 giugno 2016

Siamo stati in audizione a Roma presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie !

Cari amici voglio condividere con voi quanto è accaduto a Roma nel corso della audizione alla commissione parlamentare:
Ci aspettavamo di essere liquidati dopo pochi minuti ed invece l' audizione ha avuto una durata superiore ai 40 minuti in cui abbiamo potuto esporre quanto avevamo scritto sul documento, ma anche molte altre cose non comprese nella sintesi scritta. Ci sono state parecchie domande sulla questione poste in particolar modo dalla senatrice Puppato ma anche dal senatore Bratti e da altri componenti la commissione stessa .
Abbiamo avuto modo di percepire che molte delle cose che abbiamo posto all'attenzione dei commissari non fossero da loro conosciute.
La conferma di ciò è arrivata nel pomeriggio quando Giorgio Zampetti ha avuto modo di interloquire con il Senatore Bratti
Credo che questo sia un passo importante per la nostra battaglia e vi voglio ringraziare tutti per il lavoro e la tenacia che sempre avete dimostrato.
Con affetto 
Piergiorgio
Questo il nostro lavoro inviato alla Commissione :  ALLA COMMISSIONE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
La situazione di inquinamento ambientale da sostanze perfluoroalchiliche in Veneto
Pregiatissimo Presidente Bratti,
Onorevoli componenti della Commissione,
1. Premessa
I temi sottoposti alla Commissione sono estremamente importanti e urgenti per il terriotorio veneto, dal momento che si tratta di problematiche, quelle connesse alla presenza nell'ambiente di sostanze perfluoro-alchiliche, tutt'altro che nuove e che risalgono alla fine degli anni '70. È infatti nel 1977 che viene alla luce il primo caso accertato di inquinamento da composti fluorurati, quando l'allora Rimar (Ricerche Marzotto ora Miteni S.p.A ) contamina le falde dei comuni di Creazzo, Sovizzo e Monteviale, costringendo i tre comuni all'abbandono delle loro fonti di approvvigionamento idrico per l'acqua potabile. Una interrogazione dell’Onorevole Edoardo Ronchi, discussa alla Camera dei Deputati nella seduta del 14 luglio 1988, faceva significativo riferimento a carichi di peci fluorurate (si tratta dei residui derivanti dal trattamento delle sostanze in discorso) smaltite dalla società Rimar Chimica S.p.A. (Ricerche Marzotto ora Miteni S.p.A.) nel 1987 attraverso la ditta di autotrasporti Cremonini F.lli s.n.c. di Affi (VR). Dalla docu-mentazione prodotta, allegata all'interrogazione, risultava che l’autotrasportatore veronese (privo di autoriz-zazioni idonee a svolgere tali attività) nell’estate del 1987 aveva recapitato due ingenti carichi di rifiuti tos-sici (uno di 134,2 tonnellate e l’altro di 18,3 tonnellate), provenienti dalla società Rimar appunto, presso il porto commerciale di Pisa. Carichi successivamente imbarcati sulla nave M/N Line (battente bandiere della Germania Federale) con destinazione a Port Koko in Nigeria. Risulterà in seguito che in quella località sa-ranno rinvenuti ingenti cumuli di rifiuti tossici abbandonati senza controllo nei pressi della costa.
Le sostanze perfluoralchiliche tornano di nuovo all'attenzione generale il 25.03.2013, quando il CNR de-nuncia, attraverso la pubblicazione di uno studio condotto nel bacino del Po, come nel bacino dell’Agno Fratta Gorzone, anche a monte dello scarico del Collettore Arica, si rilevassero concentrazioni di pfoa molto elevate, spesso superiori a 1000ng/litro. Valori che, come si evince dal rapporto dell'istituto, destavano una certa preoccupazione dal punto di vista ambientale. Cosi come destava ancora più preoccupazione, la concentrazione di queste sostanze nelle acque potabili campionate da punti di erogazione pubblica e privata, paventando un possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevevano queste acque.
2. Problemi e criticità
1) A tutt’oggi, nonostante l’applicazione di filtri a carboni attivi da parte dei gestori degli acquedotti pubblici, queste sostanze vengono rilevate in maniera crescente man mano che si esaurisce il sistema di fil-traggio, con la necessità di ingenti interventi di manutenzione e cambio filtri che comportano, oltre ad una gestione particolarmente complessa del sistema, il dispendio di notevoli risorse economiche da parte dei ge-stori del servizio idrico. Elementi che evidenziano il carattere emergenziale della misura dei filtri che, anche secondo il parere dell’Istituto Superiore di Sanità, dovrebbe essere riservata al breve periodo, qualora non fosse praticabile l’adozione di approvvigionamenti alternativi. Alla data attuale, inoltre, ci sono ancora mi-surazioni di pfoa e pfos che superano in maniera consistente il valore di 100 ng/l, valore fissato dalle autorità tedesche quale obbiettivo di qualità a lungo termine (esposizione per tutta la vita) genericamente indicato per le sostanze non genotossiche. Ancora più preoccupanti sono le concentrazioni di pfas in molti pozzi privati adibiti anche all’uso umano nel territorio interessato, pozzi per i quali ad oggi non esiste ancora un mo-nitoraggio completo da parte degli enti preposti.
2) Mancano ancora indicazioni precise sull’uso delle acque superficiali contaminate destinate all'irriga-zione di colture agricole, né si è a conoscenza, al momento, di progetti per convogliare acque non contami-nate da utilizzare nel settore agricolo, per evitare ulteriore diffusione delle sostanze contaminanti.
3) Destano preoccupazione le quantità di pfas riscontrate all’uscita del Collettore Arica, ubicata nel fiume Fratta all’altezza Del Comune di Cologna Veneta (Vr) che, a detta del dottor Restaino di Arpa Veneto, si possono calcolare in 200 kg annui; misura, pari a circa 0,540 kg/giorno, che calcolata in ng/giorno (nano-grammi al giorno) giunge allo scioccante numero di 540 miliardi di ng/giorno. Anche in questo caso non è ancora stata posta in essere alcun tipo di ordinanza per evitare l’uso irriguo di tale corso d’acqua. Attual-mente l’unica “fonte di abbattimento” di queste sostanze in uscita dal collettore Arica, è rappresentata dall'immissione di una diramazione del canale irriguo LEB (Lessinio-Euganeo-Berico), situata poco più a valle dell’uscita del collettore stesso. Il canale, come da concessione, garantisce l'immissione di 6 mc/sec di acqua per 365 giorni all'anno senza interruzione e senza variazioni di portata (condizioni che spesso mettono in difficoltà gli altri usi idrici che dipendono dal canale stesso, soprattutto nei momenti di maggiore siccità in cui le portate si riducono). Si tratta, di fatto, di una diluizione dello scarico del collettore, che riduce i valori di concentrazione di pfas nel tratto di fiume a valle, non intervenendo però in nessun modo sui sopracitati quantitativi di sostanze scaricate nel corso d'acqua. Importante sottolineare, infine, che i cinque depuratori di: Trissino, Arzignano, Montecchio Maggiore, Montebello e Lonigo, che confluiscono nello stesso collettore, non sono in grado di trattenere le sostanze perfluoroalchiliche.
4) Mancano ancora dati precisi sulla contaminazione delle matrici alimentari, nonostante un primo studio posto in essere dalla Regione Veneto, dimostrava una contaminazione in almeno il 10% degli alimenti campionati su tutto il territorio esposto alla contaminazione da pfas. Studio che però, a detta dello stesso I-stituto superiore di sanità , deve essere integrato con ulteriori dati ed indagini. I risultati comunque sembre-rebbero evidenziare come le sostanze in questione siano entrate nella catena alimentare, con gravi conse-guenze anche per la salute umana. Nessuna indicazione però è giunta dagli enti preposti sulle eventuali pre-cauzioni da adottare nel caso di contaminazione.
5) Per quanto riguarda il biomonitoraggio umano, si è dimostrato che nei territori più esposti (i Comuni di Brendola, Sarego e Lonigo in provincia di Vicenza) le persone testate evidenziano elevate e preoccupanti concentrazioni di pfas nel sangue di gran lunga superiori rispetto alle persone testate al di fuori delle zone di controllo. Non si è a conoscenza, nemmeno in questo caso, di alcuna particolare indicazione di tipo pre-ventivo-sanitario, promanata dalle autorità competenti, a tutela della salute umana. Nessuna indicazione di carattere preventivo sanitario è stata inoltre offerta alle fasce più esposte della popolazione (anziani, malati donne incinte e bambini) nonostante la pluriennale esposizione all’inquinamento da sostanze perfluoroal-chiliche che tali categorie hanno certamente subito.
6) La regione Veneto ha annunciato una serie di iniziative volte al monitoraggio e allo screnning della popolazione esposta; azioni che comporteranno un notevole sforzo economico da parte dello Stato con ovvi riflessi anche sui cittadini in termine impositivi. Legambiente e il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas ri-tengono invece sia più appropriata e molto meno dispendiosa una prima indagine conoscitiva utilizzando i dati già in possesso delle varie Ulss territorialmente coinvolte (dati di incidenza della malattie, registro tu-mori, registro decessi, ricoveri ospedalieri, ect.) per poi, eventualmente, effettuare un’indagine più appro-fondita sulle popolazioni che espongano tassi di incidenza di malattie legate all’esposizione ai pfas. A tal proposito si ricordi lo studio al quale hanno lavorato gli esperti dr.ssa Marina Mastrantonio, dr.ssa Raffaella Ucelli, dr. Paolo Screpanti di Enea e dal dr. Edoardo Bai, dr. Vincenzo Cordiano e dr. Paolo Crosignani di Isde e presentato a Roma il 5 maggio 2016. Elaborato, realizzato attingendo ad esigui fondi, che ha eviden-ziato i seguenti dati:
a) un eccesso di mortalità standardizzata per diabete mellito;
b) infarto acuto del miocardio, malattie cerebrovascolari, malattia di Alzheimer e cancro del rene nei comuni che nel 2013 avevano livelli di PFOS superiori a 30 ng/l
e/o PFAS totali >500 ng/L rispetto a quelli senza PFAS nella loro acqua potabile.
c) l'eccesso di mortalità varia dal 12 al 30% per le varie patologie e si conferma costante per tutto il periodo preso in considerazione, cioè 1980-2009, suggerendo che l'esposizione all'acqua contaminata da PFAS possa rappresentare un rischio ancora attuale per i residenti in un'ampia fascia del Veneto con una probabile incidenza di gravi patologie mediche nelle popolazioni esposte alla presenza dei perfluoroalchilici.
7) Con una indagine di questo tipo, si avrebbe anche un rilevante contenimento degli investimenti eco-nomici attualmente previsti dalla Regione per queste attività, favorendo, ad esempio, gli investimenti neces-sari alla sostituzione delle fonti di approvvigionamento idrico contaminate, sia per l’uso potabile che irriguo. Infatti appare poco utile controllare lo stato di salute delle popolazione esposte e allo stesso tempo lasciare che continuino ad alimentarsi con acque e cibi contaminati. Risparmio di investimenti che potrebbero essere destinati pure al finanziamento di studi e progetti di bonifica per la falda contaminata che, lo si ricorda, ri-sulta essere la più estesa del Paese.
8) Presenza sul territorio di aziende (ad esempio cartiere) che, per esigenze produttive, necessitano di importanti quantitativi d’acqua che viene prelevata da falde gravemente inquinate, e successivamente smal-tita senza essere sottoposta a trattamenti in grado di trattenere i perfluoroalchilici. Importante sottolineare inoltre che probabilmente l’inquinamento da pfas, anche a causa delle numerose discariche presenti sul terri-torio, è molto più esteso di quello finora rilevato (con particolare riferimento al territorio trevigiano).
9) Verosimile è l’utilizzo dei fanghi di depurazione quale ammendante agricolo (casi analoghi sono stati oggetto di indagini giudiziarie). Situazione, questa, che se accertata comproverebbe una ancora più estesa contaminazione da perfluoroalchilici e ben oltre le zone attualmente monitorate. Unica misura idonea appare a tal proposito il divieto di spargimento di tali sostanze in agricoltura.
3. Le azioni svolte da Legambiente e dal Coordinamento Acqua Libera dai Pfas
3.1 Iniziative giudiziarie
Nell’ottobre del 2014 Legambiente e Coordinamento Acqua Libera dai Pfas depositano alle Procure della Repubblica di Verona e Vicenza un esposto contro ignoti chiedendo agli organi inquirenti di verificare la sussistenza delle ipotesi delittuose di cui agli art. 434, 440 e 674 del C.P.; nello stesso esposto si chiede il sequestro preventivo ex art.321 c.p. degli impianti di scarico della Miteni, dei pozzi artesiani posti a valle dell’impianto e del collettore Arica in Cologna Veneta.
L’esposto è corredato da una relazione di consulenza tecnica redatta dal dr.Vincenzo Cordiano che attesta la pericolosità dell’esposizione ai pfas.
Nel marzo del 2016 Legambiente deposita alla Procura della Repubblica di Verona una seconda segnalazione chiedendo di valutare la sussistenza della nuova ipotesi introdotta dalla L.68/2015 di cui all’art. 452 quater c.p.
Tale azione giudiziaria è concertata con la società consortile a capitale pubblico Acque Veronesi s.c.a.r.l., società che gestisce il Servizio Idrico Integrato nella provincia di Verona, e con il Consorzio LEB, ente pub-blico avente come scopo la valorizzazione e razionalizzazione delle risorse idriche e comprensivo dei Con-sorzi di Bonifica Adige Euganeo, Alta Pianura Veneta e Bacchiglione.
3.2 Azioni dirette a fornire un quadro conoscitivo sulla vicenda
Il 25 Febbraio 2014 Legambiente organizza in Cologna Veneta (VR) un primo convegno dal Titolo “IN-QUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE DA PFAS. Durante tale convegno il Direttore di Arpav Vicenza dott. Vincenzo Restaino conferma l’allarme lanciato dall’associazione ambientalista sull’inquinamento da perfluoroalchilici descrivendo un inquinamento delle falde acquifere ultra decennale facendolo risalire almeno al 1977 data della prima contaminazione accertata da sostanze fluorurate.
Il 28 maggio 2014 nella sede del circolo Legambiente di Perla blu di Cologna Veneta si costituisce il Coor-dinamento Acqua libera dai Pfas, un coordinamento che ad oggi riunisce 15 tra gruppi e associazioni e semplici cittadini del territorio interessato dall’inquinamento da pfas.
Nel settembre dello stesso anno una delegazione del Coordinamento con il Presidente Regionale di Legam-biente Veneto Luigi Lazzaro incontra i vertici regionali Veneti di Ambiente e Sanità, presenti anche i vertici Arpav; scopo dell’incontro è capire a che punto sono le azioni di contrasto all’inquinamento messe in atto dalla Regione Veneto.
Il 26 febbraio 2015 Legambiente ed il Coordinamento Acqua Libera dei Pfas organizzano una seconda as-semblea pubblica a titolo “INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE DA PFAS A CHE PUNTO SIAMO”; nel corso del Convegno viene presentato uno” Studio preliminare sui possibili effetti sulla salute, dell’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche nelle provincie di Padova Rovigo, Venezia, Vicenza e Verona” redatto dalla dr.ssa Marina Mastrantonio di Enea, dal dr. Edoardo Bai di Isde dal Dott.Vincenzo Cordiano di Isde e dal dr. Paolo Crosignani, già direttore della UO Complessa di Epidemiologia Ambientale e registro Tumori dell’Istituto Tumori di Milano.
Le conclusioni dello studio offrono dati fortemente indicativi di un rischio cancerogeno e di altre malattie per la popolazione esposta. Si rileva inoltre che, al di là della realizzazione di ulteriori studi, è necessario ridurre al minimo l’esposizione della popolazione mediante provvedimenti sull’acqua potabile e sulle emis-sioni in aria dell’azienda.
Il 2 ottobre 2015 Legambiente ed il Coordinamento incontrano il Dott. Adolfo Fiorio, Direttore del diparti-mento di Prevenzione (sian) dell’ULSS 5 di Arzignano; incontro richiesto dopo che le prime comunicazioni di tale ente fornivano ai detentori di pozzi privati un’errata indicazione rispetto ai limiti di perfomance adot-tati dalla Regione Veneto.
Nello stesso mese di ottobre Legambiente ed il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas incontrano le rappre-sentanze sindacali della Miteni nel tentativo di coinvolgere gli stessi dipendenti nell’opera di sensibilizza-zione sul gravissimo problema dell’inquinamento da pfas.
Il 17 dicembre 2015 Legambiente ed il Coordinamento organizzano il terzo convegno in Cologna Veneta a titolo “INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE DA PFAS UN DISASTRO AMBIENTALE”. Nel corso dell’incontro vengono presentate le due petizioni con raccolta firme rivolte a tutti i cittadini ed indirizzate ai vertici Regionali e ai Ministeri di Ambiente e Sanità per richiedere l’allacciamento a fonti non contaminate degli acquedotti inquinati da pfas e la fissazione dei limiti di legge per la presenza dei perfluoroalchilici nelle acque di falda e di scarico, limiti da equiparare alle normative mondiali più restrittive attualmente in vigore.
Il 20 marzo 2016, due giorni prima della seduta straordinaria del Consiglio Regionale del Veneto avente all’ordine del giorno la “questione pfas”, Legambiente ed il Coordinamento inviano a tutti i consiglieri re-gionali una missiva recante una serie di richieste, che vengono chiamati a presentare direttamente durante la seduta consiglio. Le richieste della lettera sono:
a) avvio immediato di uno screening epidemiologico su tutta la popolazione interessata dalla contaminazione, affidando l’incarico a tecnici indipendenti come avvenuto negli Stati Uniti nell’analoga vicenda “ Dupont”;
b) avvio di un’indagine su di un ampio e rappresentativo campione di alimenti con immediata pubblicità delle risultanze al fine di preservare la salute dei cittadini delle zone colpite e di tutto il territorio nazionale;
c) sostituzione delle fonti di approvvigionamento idrico degli acquedotti contaminati;
d) attivazione della Regione Veneto al fine di un intervento deciso presso i Ministeri competenti affinchè fossero fissati dei limiti per Pfas nelle acque di falda. Limiti allineati ai più restrittivi vigenti in altre nazioni (ad esempio negli Stati Uniti il limite è di 70ng/L);
e) valutazione di richiedere lo stato di calamità ambientale;
f) adottare le opportune azioni giudiziali sia in sede civile che penale affinchè vengano individuati e perse-guiti i responsabili della grave compromissione ambientale e individuate ulteriori responsabilità negli enti di controllo;
g) costituzione di una commissione d’inchiesta in seno al Consiglio Regionale e di un tavolo di confronto con tutti gli enti pubblici e privati interessati al problema.
Il 14 maggio 2016 Legambiente ed il Coordinamento Acqua libera dai Pfas organizzano a Lonigo (VI) il quarto convegno sul problema Pfas dal titolo “LIBERIAMO LE NOSTRE ACQUE DAI PFAS - L’ACQUA E UN BENE PRIMARIO - CHI INQUINA PAGHI”; nell’occasione viene presentato lo Studio di Enea e Isde che, rafforzando in maniera decisa lo studio preliminare già presentato nel dicembre del 2015, conferma l’aumento di determinate patologie nella popolazione esposta alla contaminazione da pfas. Nello stesso convegno interverranno il Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Onorevole Barbara Degani e il Presidente di Coldiretti Veneto Martino Cerantola.
In questi tre anni Legambiente ed il Coordinamento Acqua libera dai Pfas sono intervenuti in decine di con-vegni, manifestazioni ed incontri sul tema confrontandosi spesso con le amministrazioni locali e con gli enti preposti alla salute e alla prevenzione pubblica. Nello stesso periodo è continuata ininterrottamente la cam-pagna informativa rivolta alla cittadinanza sulla portata gravissima della contaminazione.
4. Le proposte di Legambiente
Legambiente ed il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas chiedono ai pregiatissimi Onorevoli di questa Commissione di attivarsi, per quanto di loro competenza, affinché:
1. nel territorio inquinato da sostanze perfluoroalchiliche le fonti di approvvigionamento degli acque-dotti contaminati vengano sostituite, individuando tempi, modalità e risorse economiche per attuare gli in-terventi necessari quanto prima;
2. vengano adottate iniziative di legge ed atti di indirizzo ai Ministeri competenti affinché nel nostro ordinamento vengano stabiliti dei limiti alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque, recependo limiti improntati al criterio di massima precauzione e le indicazioni derivanti dalle attuali normative interna-zionali maggiormente cautelative e stringenti;
A supporto di queste proposte ci sono oggi 10 mila firme di persone residenti nei territori interessati, che hanno aderito alla petizione di Legambiente e Coordinamento Acqua Libera dai Pfas.
Riteniamo inoltre prioritario:
3. costituire una commissione di indagine che approfondisca le cause e l'estensione dell'inquinamento nonché l'impatto sanitario dello stesso nella popolazione residente nelle zone interessate;
4. approvare mozioni di indirizzo al Governo e ai Ministeri competenti per l'adozione di un piano per il risanamento e la bonifica di tutta l'area compresa nel bacino dell'Agno – Fratta – Gorzone
5. dal punto di vista sanitario appare ineludibile uno studio sui lavoratori ed sugli ex lavoratori della so-cietà Miteni (probabile fonte dell’inquinamento in discorso): i primi esposti al rischio legato alla produzione di sostanze perfluoalchiliche.
6. occorre porre fine alla immissione nei corpi ricettori e, comunque, nelle acque di falda di queste so-stanze da parte dell’azienda Miteni Spa di Trissino (VI) che, giova ribadirlo, viene ritenuta da Arpav la prin-cipale fonte di inquinamento.
7. Accanto a ciò consegue la necessaria bonifica dei siti contaminati da parte della stessa azienda sulla base del principio “chi inquina paga”. Per la bonifica è prioritaria, a nostro avviso, l'individuazione di even-tuali sorgenti di contaminazione ancora presenti nel suolo e nel sottosuolo e un'accurata valutazione delle possibili soluzioni, alla luce delle difficoltà dettate dall'estensione della falda interessata e del territorio co-involto dalla contaminazione;
8. Sotto altro profilo appare stringente la necessità di potenziamento degli organi statali preposti al con-trollo e alla prevenzione sul territorio con adeguato censimento dei siti potenzialmente contaminati. Si tratta infatti di un territorio oltremodo negletto a causa del massiccio impatto inquinante derivante dal comparto chimico, industriale e conciario del bacino del Chiampo e da un’economia agricola di modello intensivo che utilizza abbondantemente prodotti fitofarmaci e fitosanitari.
9. Alla stregua del ricordato principio del “chi inquina paghi”, si chiede infine alle istituzioni regionali e dello Stato di dare mandato ai loro uffici legali affinché vengano intraprese, a fianco di Legambiente e del Coordinamento Acque Libere dai Pfas, le opportune azioni sia in sede civile che penale nei confronti dei responsabili.
Ringraziamo per l’attenzione che ci è stata concessa.
Roma 22 giugno 2016
Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto
Piergiorgio Boscagin, presidente del circolo di Legambiente Perla Blu di Cologna Veneta (Vr) e portavoce del Coordinamento Acqua Libera dai Pfas
Luca Tirapelle, presidente Centro di Azione Giuridica di Legambiente Veneto

1 commento:

  1. Ottimo lavoro. Adesso se si vuole ottenere qualcosa, bisogna accusare DIRETTAMENTE, facendo NOMI e COGNOMI dei RESPONSABILI che SAPEVANO e NON hanno FATTO NIENTE. A cominciare dai politicanti regionali e provinciali + procure di oggi e del passato (1976)e solo x ultimi i responsabili Uls e controllori e fornitori di acqua, che sono a comando dei politicanti avvelenatori e che sono messi in quella poltrona proprio x quello

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