mercoledì 1 aprile 2015

Colombara: fin dove si estende l’area di inquinamento delle acque?

Colombara: fin dove si estende l’area di inquinamento delle acque?

Di Edoardo Pepe Lunedi 30 Marzo alle 16:55 | 0 commenti
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Raffaele Colombara, Consigliere Comunale di Vicenza per la Lista Variati ha presentato un'interrogazione sull'inquinamento acque da PFAS ponendo l'attenzione sulle “aree contaminate non coincidenti, viste le affermazioni dell’ex direttore ARPAV di Vicenza: “L'area contaminata individuata potrebbe essere diversa da quella sanitaria e non è detto che le due siano coincidenti”. Colombara chiede al Comune chiarezza sull’area di inquinamento e sulle azioni di prevenzione e contrasto.

Interrogazione: 
Un nuovo capitolo nell’emergenza Pfas, la vicenda dell'acqua inquinata dal fluoro scoppiata due anni fa: l’allarme, gli interventi di filtraggio, le rassicurazioni, le analisi, i campionamenti di ARPAV e lo screening sulle persone.
Ora gli esposti e un allargamento della contaminazione.
In una recente seduta della Commissione Ambiente del Comune di Montecchio Maggiore (10 marzo 2015) è emerso che la falda contaminata dai Pfas si sta allargando: l'area ha raggiunto i 180 chilometri e interessa 29 Comuni di cui venti vicentini. Nel corso dell’audizione Vincenzo Restaino, ex direttore del dipartimento provinciale ARPAV di Vicenza e attuale di quello di Padova, ha affermato che lo studio condotto da ARPAV ha un valore ambientale e non sanitario: nel precisare quest’affermazione ha dichiarato che “l'area contaminata individuata potrebbe essere diversa da quella sanitaria e non è detto che le due siano coincidenti” (Giornale di Vicenza, 12 marzo 2015, pag.30).
I rilevamenti effettuati dall'ARPAV hanno messo in evidenza un inquinamento da perfluorati alchilici che interessa le falde acquifere e gli acquedotti di una larga fascia di comuni della provincia di Vicenza.
Della gravità della situazione testimonia anche una indagine effettuata da alcuni epidemiologi, i dottori Edoardo Bai, Marina Mastrantonio dell'Enea, Paolo Crosignani, già direttore  della U.O. OCCAM (OCcupational  CAncer Monitoring) dell’Istituto Tumori di Milano, che hanno correlato un aumento di varie patologie neoplastiche e non con rilevamenti elevati di perfluorati alchilici.
Come afferma Vincenzo Cordiano, medico chirurgo e presidente dell’Associazione dei medici per l’Ambiente-ISDE Italia, sezione di Vicenza, “I risultati di questo studio sono importanti per vari motivi, soprattutto perché suggeriscono che i PFAS potrebbero essere dannosi per la salute umana e dell’ambiente anche a concentrazioni inferiori ai limiti “obiettivo” stabiliti per i PFAS in Italia. Inoltre i risultati di questo studio rendono non più procrastinabile l’avvio di un serio programma di screening sanitario dell’intera popolazione interessata dalla contaminazione, come richiesto fin dall’estate del 2013 da un gruppo di quaranta medici e biologi veneti affiliati all’ISDE. I medici e i ricercatori dell’ISDE ritengono che l’indagine epidemiologica e lo screening sanitario immediato debbano essere affidate a ricercatori indipendenti e non stipendiati dalla regione. Infatti, molti, se non tutti, dei soggetti incaricati dalla Regione di seguire la problematica dei PFAS, si sono sempre pronunciati per la non pericolosità di queste sostanze e continuano a sostenere in pubblico e in documenti ufficiali che l’acqua potabile contaminata da PFAS può essere tranquillamente bevuta da bambini e donne in gravidanza. Questo anche dopo che l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro (IARC) di Lione ha classificato il PFOA(addio perfluoroottanoico, assieme al PFOS uno dei più noti fra i PFAS) come cancerogeno di classe 2b. […] Dal 2006, per esempio, in Germania, è vietata la somministrazione di acqua contenente più di 500 ng/litro di PFAS totali ai bambini di età inferiore ai tre anni e alle donne gravide. In Italia, invece, si permette l’utilizzo di acque contenenti anche più di 1000 ng/L.”
Premesso infine che sulla questione sono stati presentati due esposti,
SI CHIEDE ALL’AMMINISTRAZIONE
·        Se sia possibile capire, viste le risultanze dello studio e le affermazioni dell’ex direttore ARPAV di Vicenza (“L'area contaminata individuata potrebbe essere diversa da quella sanitaria e non è detto che le due siano coincidenti”), se ci si debba attendere che vi siano altri pozzi inquinati, in particolare nella zona di Vicenza; in subordine, come si intenda tenere monitorata la situazione e quali eventuali provvedimenti si intendano prendere in caso di livelli anomali di inquinanti;
·        a tal fine si chiede che il Comune di Vicenza pubblichi nel proprio sito gli aggiornamenti relativi ai controlli dell'acqua potabile dei pozzi di prelevamento dell'acquedotto comunale, includendo i dati relativi agli inquinanti contenenti perfluorati alchilici;
·        che vengano pubblicati anche  i rilevamenti di PFAS nelle falde acquifere effettuati dall'ARPAV, al fine di individuare eventuali pozzi inquinati in zona;
·        vista l’azione di screening sui cittadini messa in atto dall’ULSS 5, che verifichi se l’ULSS 6 intenda procedere con analoga procedura a tutela della salute dei cittadini;
·        infine, quali azioni possa e intenda mettere in atto affinché vengano stabiliti dei limiti di legge alla concentrazione di PFAS nelle acque, limiti che ad oggi sono costituiti da semplici valori obiettivo provvisori come performance (0,5 microg/l) stabiliti dal Ministero, valori peraltro messi in discussione in merito al valore di soglia da talune ricerche.
 SI CHIEDE, inoltre,
·        cosa sia emerso dai risultati delle analisi dei pozzi effettuate dai privati;
·        quali azioni siano state poste in essere per aiutare i privati possessori di pozzi e se la Regione sia in qualche modo intervenuta, come richiesto in Consiglio Comunale lo scorso anno, col sovvenzionare i cittadini che hanno dovuto procedere a queste analisi;
·        infine, se l’Amministrazione abbia qualche notizia rispetto alle sorti del laboratorio ARPAV di Vicenza, a proposito del quale oramai da anni sentiamo promesse di ogni tipo giungere sia dalla Direzione Generale della stessa a Padova, sia dalla Regione, mai però concretizzate. Tale laboratorio in una situazione come l’attuale, come più volte ribadito, avrebbe garantito imparzialità e professionalità delle analisi.

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