sabato 4 novembre 2017
I fornitori di Miteni al centro della discussione in Ecomafie
Ieri sui media veneti facevano capolino le dichiarazioni di Manuel Brusco, l'esponente del M5S, a capo della commissione speciale Pfas istituita presso il consiglio regionale del Veneto. «Abbiamo incontrato i lavoratori, che sono toccati in modo diretto da questa situazione» aveva dichiarato Brusco alla stampa due giorni orsono. Tuttavia sono di ben altro tenore gli spunti che emergono da un'altra commissione. Ovvero quella bicamerale dedicata al ciclo dei rifiuti, più nota come Commissione ecomafie.
La seduta è quella del 15 settembre 2017 i cui verbali sono stati messi
in chiaro sul sito web di Montecitorio pochi giorni fa. Più nel
dettaglio sono stati messi in chiaro i verbali con le audizioni dei
manager di Miteni spa, la fabbrica di Trissino nel Vicentino, finita al
centro di un maxi caso di contaminazione da derivati del fluoro, i Pfas
appunto, che ha interessato tutto il Veneto centrale. Sulla vicenda
peraltro sta indagando la magistratura berica supportata dai Carabinieri
del nucleo ambientale regionale, il Noe.
Ma perché l'audizione dei manager Miteni è così importante? Anzitutto va
precisato che durante la sessione sono stati ascoltati l'amministratore
delegato Antonio Nardone e il dirigente responsabile della sicurezza
Davide Drusian: entrambi sono sotto indagine da parte della procura
della città palladiana.
A pagina 16 dello stenografico
c'è un passaggio significativo in cui il vice-presidente della
Ecomafie, il deputato del M5S Stefano Vignaroli (che in quel momento
assume l'incarico di presidente pro-tempore), chiede conto della filiera
degli scarti di lavorazione della Miteni, nonché del ciclo delle acque
di lavorazione, un aspetto che era stato sondato poco nel passato. A
rispondere è proprio il dottor Drusian: «Vengo al ciclo delle acque. Il
ciclo delle acque reflue è così gestito all’interno dello
stabilimento: tutte le acque dello stabilimento, acque di processo e
acque di dilavamento, vanno in un impianto di trattamento
chimico-fisico». Poi la descrizione assume una valenza più tecnica: «...
L’impianto di trattamento chimico-fisico è un impianto che neutralizza
l’acqua, perché ha una caratteristica di acidità. Una volta che
l’acqua è stata caratterizzata, si formano dei fanghi e l’acqua
successivamente viene inviata a dei filtri a sabbia e poi a dei filtri a
carbone e di qui viene immessa nella conduttura fognaria». Di seguito
c'è un passaggio che riguarda i Pfas nello specifico: «... Le acque che,
invece, provengono dall’impianto per fluorurati, ossia le acque che
possono contenere tracce di composti perfluoro-alchilici, prima di
essere trattate nell’impianto di trattamento interno, così come ve l’ho
appena descritto, vengono filtrate su delle resine cosiddette
copolimeri. Si tratta di resine specifiche per la rimozione dei composti
perfluoro-alchilici delle acque. I copolimeri, una volta che si sono
saturati, una volta che sono esauriti, li mandiamo a smaltimento,
purtroppo non in Italia, perché non ci sono impianti. Ci appoggiamo
alla piattaforma italiana che dopo va a smaltimento in Europa».
Ed è dopo questo passaggio che va in scena un vero e proprio scontro
dialettico tra Drusiàn e il deputato del M5S. Quest'ultimo infatti
chiede di sapere quali siano «le piattaforme» ovvero le società
incaricate del trasporto dall'Italia verso l'estero degli scarti di
lavorazione». Drusian cerca di procrastinare la risposta tanto che
Vignaroli mettendo in un certo qual imbarazzo il manager di Miteni,
questi sono i rumors giunti dalla commissione, è costretto a prendere
nuovamente la parola.
Dopo qualche istante Drusian è de facto obbligato a capitolare e a
rivelare i nomi: «Sadi era il vecchio nome di una che sta a Orbassano,
in provincia di Torino: adesso si chiama Ambienthesis. Andiamo, quindi,
all’Ambienthesis, che poi generalmente va a termocombustione, o può
andare all’impianto di Tredi, che si trova in Francia, a Lione, oppure,
ma più raramente, anche in Germania... Nel caso specifico dei
copolimeri, ossia delle resine esauste, essi fanno generalmente questa
strada. Vanno in Ambienthesis... Per i carboni attivi abbiamo due
possibilità. Una è con il fornitore che ci fornisce anche il carbone
vergine, un impianto a Ravenna che si chiama Cabot Norit, oppure li
possiamo mandare presso un altro impianto che va direttamente a
termo-distruzione. Anche questa è una piattaforma che si trova a
Milano. Fa parte del gruppo Suez. Era la vecchia Ecoltecnica, se non
ricordo male. Può andare o in Francia, o in Germania, in base alle
notifiche aperte per andare all’estero. I rifiuti che produciamo,
soprattutto i rifiuti chimici, vanno tutti all’estero a
termodistruzione. Ci appoggiamo alle piattaforme perché hanno le
notifiche per andare all’estero già aperte.
Ma chi sono i gruppi menzionati da Drusian? Il gruppo Sadi, in seguito divenuto Ambienthesis, fu al centro di uno dei più clamorosi scandali ambientali della Lombardia. É l'affaire Santa Giulia di cui parla diffusamente Bergamonews nel 2009, l'Espresso nel 2010 e ancora nel 2010 Il Fatto quotidiano.
Si tratta di una partita, al centro di un ginepraio giudiziario
infinito in ambito panale, civile ed amministrativo, la quale partita è
ancora a tutt'oggi in corso. Basti pensare alla querelle attorno
all'utilizzo dei terreni di riporto, considerati rifiuto da un
provvedimento del tar lombardo dell'anno passato.
Senza contare il fatto l'affaire Santa Giulia, almeno secondo gli
inquirenti, si è rivelato un intricato ordito di illeciti non solo
ambientali ma anche fiscali, il tutto condito con indagini che hanno
colpito un centinaio di persone tra cui alcuni nomi eccellenti. Anche
Paolo Barbacetto, noto giornalista d'inchiesta de Il Fatto, in più
occasioni ha approfondito l'argomento.
Il nome Ecoltecnica finisce invece in due distinti servizi, sempre
dedicati alla materia ambientale; il primo è del Corsera ed è datato 20
luglio 2009. Il secondo invece è firmato da Davide Milosa de Il Fatto e
porta la data del primo di aprile 2014. In quest'ultimo articolo compare
un'altra vecchia conoscenza delle cronache regionali venete e Lombarde,
la Daneco, al centro, tra le altre, dell'affaire Pescantina Ca' Filissine.
Rimane da capire adesso se la collaborazione di Miteni con i gruppi
menzionati da Drusian sarà considerata o meno imbarazzante dagli
attivisti che da mesi imputano alla Miteni un approccio non
sufficientemente rigoroso rispetto alla vicenda che la vede
protagonista. Una vicenda che ha avuto anche un risvolto internazionale.
Basti pensare alla trasferta italiana
di Robert Bilott (in foto il secondo da destra), l'avvocato americano
che ha patrocinato un gruppo di famiglie contaminate da Pfas, nella
vicenda cugina del caso Miteni, che ha toccato gli Usa diversi anni
orsono
Marco Milioni
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