mercoledì 2 marzo 2016

I giochini della politica sulla contaminazione da Pfas in Veneto

Giovani Drogo 
Quattro mesi fa avevo scritto questo pezzo sull’interrogazione al Consiglio Regionale del Veneto di Andrea Zanoni a proposito dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) delle acque potabili e di alcuni fiumi della Regione. Le Pfas sono un tipo di sostanze chimiche con caratteristiche persistenti, bioaccumulabili e tossiche classificate come cancerogene di livello 2b che inoltre alterano il normale funzionamento del sistema endocrino (per questo vengono chiamati anche interferenti endocrini) e quindi con la regolazione della produzione di ormoni e il normale funzionamento del sistema ormonale. Oggi se ne sono accorti anche Beppe Grillo e Jacopo Berti portavoce pentastellato a palazzo Ferro Fini.

Decine i comuni coinvolti nel vicentino padovano e veronese

A dire il vero alle autorità di controllo regionali la questione dell’inquinamento era nota da tempo; nel 2013 l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale (ARPAV) aveva pubblicato un’indagine compiuta in seguito di una comunicazione da parte del Ministero dell’Ambiente sullo stato dell’inquinamento da sostanze perfluorocalchiliche nelle provincie di Vicenza, Padova e Verona individuando la sorgente della contaminazione in corrispondenza dell’area di pertinenza dello stabilimento chimico Miteni Spa di Trissino dalla quale tramite il torrente Agno si propaga il flusso di contaminazione in falda. Le analisi del 2013 avevano dimostrato che il flusso di propagazione in falda si sviluppa dal comune di Trissino (nel vicentino) per poi aprirsi in due (una verso est e una verso sud) in prossimità di Montecchio. La propagazione pare essere avvenuta sia tramite i corsi d’acqua superficiali che quelle sotterranei. Sono decenni che le sostanze inquinanti, utilizzate per trattare prodotti in Goretex e Teflon, potrebbero essere finite nel ciclo alimentare umano: una volta contaminate le falde acquifere i PFAs possono entrare nella catena alimentare e per questo sono stati analizzati numerosi alimenti destinati al consumo umano sia di origine animale che vegetale. Le dimensioni del fenomeno di contaminazione avevano spinto l’ARPAV a parlare di valenza europea, stiamo parlando di un’area di estensione superiore ai 150 km² che interessa circa 350 mila persone. Il problema non riguarda la rete idrica pubblica ma i pozzi privati dai quali viene attinta l’acqua per l’uso domestico e l’irrigazione dei campi.

Manca un piano di controllo valido

È stata nel frattempo resa nota la documentazione prodotta dalla Commissione Tecnica Regionale PFAS riunitasi il 13 gennaio 2016.
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Nel corso della riunione sarebbe emerso, stando al documento, che l’emergenza relativa alla presenza di sostanze inquinanti nelle falde acquifere non sarebbe sotto controllo. Il che significa che mancano gli strumenti di verifica necessari a stabilire l’esatta estensione del fenomeno. Il problema non è dovuto non solo alla pericolosità delle sostanze e al fatto che non sia stato dato seguito ad azioni di tutela della salute della popolazione che vive nelle aree coinvolte ma anche al fatto che i dati raccolti non sarebbero affidabili, sarebbero stati raccolti in maniera non omogenea tra loro e si presterebbero a strumentalizzazioni di carattere non scientifico.
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Come ha scritto ieri Zanoni su Facebook è ancora presto per emettere un giudizio, emerge però chiaramente che gli enti preposti alla sorveglianza si stanno rimpallando le responsabilità adducendo come motivazioni la mancanza di fondi e di organico: la situazione è drammatica e lo si capisce leggendo il documento dove risulta chiaro il rimpallo di responsabilità che lascia attoniti. Il verbale pero’ è una delle campane e come sempre in queste faccende prima di emettere un giudizio bisognerebbe sentirle tutte.
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A questo punto anche i vecchi campioni, per quanto raccolti in maniera diversa dalle diverse ULSS potrebbero tornare utili per un nuovo esame della situazione. Il problema è che questi campioni potrebbero essere stati eliminati. Anche riguardo alla contaminazione alimentare viene ribadito che gli alimenti più contaminati sono uova e pesci. Viene inoltre fatto riferimento alla possibilità che questi alimenti possano essere stati distribuiti su tutto il territorio nazionale. Al di là del timore danno d’immagine per la Regione Veneto se questo venisse confermata potrebbe far diventare un’emergenza regionale un problema su scala nazionale. C’è infine il giallo dei dati che l’Assessore regionale Coletto ha detto di aver inviato all’Istituto Superiore di Sanità. Dati che però non sarebbero mai arrivati.
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A confermare la paura che la situazione possa essere strumentalizzata questo è il sobrio titolo del Blog di Grillo
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interferenti endocrini inquinamento alimentare veneto

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