“Da un anno le aziende agricole delle aree maggiormente
colpite dall’inquinamento da Pfas convivono con lo spettro della
chiusura dei pozzi privati che erogano le acque utilizzate per
l’allevamento e la coltivazione. Non solo in questi mesi la Giunta Zaia
ha lasciato nel limbo queste realtà: ora, fonti attendibili raccontano come l’Assessore all’agricoltura stia predisponendo un intervento che lascia a dir poco perplessi”.
Lo afferma in una nota la consigliera regionale Cristina Guarda (AMP) che spiega “come l’iniziativa a cui starebbe lavorando l'Assessore regionale all'agricoltura Giuseppe Pan consisterebbe nell’attingere
risorse previste dal Piano di Sviluppo Rurale per destinarle a sostegno
delle aziende agricole nell’acquisto di impianti di filtraggio delle
acque. Questo, malgrado sia proprio il comparto industriale ad
essere responsabile dell'inquinamento da Pfas e altre sostanze, non solo
della falda ma anche delle acque superficiali. Insomma, dopo il danno, per gli agricoltori si profila pure la beffa.
Si tratta di una disparità di trattamento inaccettabile: per tamponare i
danni dell'industria si utilizzano le risorse europee per
l'agricoltura”.
“L’Assessorato all’agricoltura – chiede la
consigliera - dovrebbe trovare soluzioni più rispettose per gli
agricoltori: fondi di altra provenienza per salvaguardare i pozzi
agricoli ed interventi decisi per tutelare l'acqua superficiale usata
per scopi irrigui. A scopo esemplificativo, occorre investire con determinazione nel ‘Consorzio Leb’ (Consorzio di bonifica di II° grado Lessinio Euganeo Berico), una
risorsa idrica artificiale creata proprio per fornire acqua alle
attività agricole che operano dal basso veronese, vicentino fino al
rodigino. Una realtà che da anni cerca di estendere
l'erogazione di acqua ‘Pfas-free’ per scopi irrigui anche al territorio
contaminato, fino a Lonigo, in attesa che la Regione provveda ad
autorizzare la maggiore portata idrica che da tempo il Consorzio
chiede”.
“Senza dimenticare – ricorda Guarda - quanto sia
scandaloso che dei 26 mc/sec di acqua a scopi irrigui concessi in
proroga, addirittura 6 mc/sec, il Leb debba destinarli alla diluizione
dell’inquinamento da Pfas (e non solo) nel punto in cui il tubo
collettore Arica scarica nel fiume Fratta Gorzone i reflui dei
depuratori dell'industria dell'ovest vicentino; non basta fare proroghe
su proroghe dell'attuale, ma è necessario accogliere la proposta del Consorzio di aumentare la concessione d'acqua almeno del 20%,
così da sfruttare al massimo la capacità di portata del prezioso Leb,
impiegandolo per contenere le conseguenze dell'inquinamento da Pfas. La
Giunta prenda dunque in seria considerazione questa soluzione,
utilizzando le opere già esistenti”.
“Vale infine la pena ribadire – conclude Cristina Guarda - che
quelli del PSR sono finanziamenti europei che hanno un preciso
obiettivo di crescita del settore agricolo e che non possono essere
usati come tappabuchi delle inadempienze delle industrie.
Servono maggiori attenzioni e tutele nei riguardi dell’agricoltura, che
si trova seriamente alle prese con le difficoltà di comparti come quelli
dei cereali, delle carni, del latte e dell’ortofrutta. Un settore,
quest’ultimo, che peraltro immette sul mercato prodotti che, secondo i
dati attualmente a disposizione, riguardanti l’incidenza della catena
alimentare inquinata da Pfas sulla salute umana, risultano essere di
basso impatto. Quindi, è doveroso che la Giunta regionale si attivi per
porre in essere azioni più oculate e non ulteriormente penalizzanti per
l’agricoltura”.
Pfas, la Regione
monitorerà
le donne in attesa
Non è solo un, per
quanto inquietante, allarme quello relativo alla relazione fra patologie
che possono riguardare donne in gravidanza e neonati e l’inquinamento
delle acque da Pfas. Ora, infatti, da Venezia vengono annunciate misure
straordinarie volte a tenere sotto controllo gestanti e bambini in
tenera età.
STUDI E CONTROMISURE. A parlare per primo in maniera ufficiale del nesso fra l’inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche e alcune patologie riguardanti gravidanze e nascite era stato il segretario generale della Sanità regionale Domenico Mantoan: lo aveva fatto in un documento risalente al 17 novembre, e poi rimasto riservato, che era stato indirizzato a pochi addetti ai lavori, ovvero agli assessori regionali Luca Coletto, Giampaolo Bottacin e Giuseppe Pan, alla segreteria della programmazione regionale e al presidente della Provincia di Vicenza Achille Variati.
In tale testo, del quale L’Arena ha dato notizia il 6 gennaio e che consisteva nella relazione conseguente a un incontro svoltosi il 21 ottobre della commissione tecnica regionale sui Pfas, veniva citato uno studio realizzato dal Registro nascite, Coordinamento malattie rare, della Regione che si diceva essere stato concluso ancora alla fine di settembre 2016 e protocollato il successivo 17 ottobre.
Lo studio, secondo quanto scritto nella relazione, evidenzia in particolare un incremento della pre-eclampsia (sindrome nota anche come gestosi) e del diabete gestazionale nelle donne in gravidanza e, per quanto riguarda i bambini, di nati con peso molto basso o piccoli o con alcune malformazioni maggiori, come anomalie del sistema nervoso e del sistema circolatorio e cromosomiche.
Francesca Russo, che è a capo della Direzione prevenzione, sicurezza alimentare e veterinaria regionale, adesso annuncia: «Da questo mese inizieremo a mettere in piedi un percorso di presa in carico e valutazione delle donne gravide e dei bambini che risiedono nell’area a rischio».
I DATI NOTI. Secondo quanto riferisce la dirigente regionale, dalle schede di dimissione ospedaliera e i certificati post parto registrati nell’area maggiormente esposta alla contaminazione, che comprende 21 Comuni (tredici del Basso Veronese, sette del Vicentino e uno del Padovano), risulta un tasso significativamente più elevato rispetto alla media regionale, è quasi il doppio, di diabete gestazionale, una prevalenza di casi di bassissimo peso alla nascita e situazioni, per quanto rare, di malformazioni.
«Bisogna capire se la causa di questa situazione sono davvero i Pfas (cosa che si è verificata in un inquinamento analogo a quello veneto che è avvenuto negli Stati Uniti, ndr) applicando un protocollo di studio specifico che è in fase di predisposizione», precisano a Venezia.
LE REAZIONI. Dopo il sollevamento registrato in Regione da parte delle forze di opposizione M5S e Pd dovuto principalmente al fatto che i dati citati da Mantoan non erano stati resi pubblici, e dopo esposti presentati dalle forze ambientaliste, ora prende posizione anche uno degli specialisti che hanno seguito dall’inizio la vicenda Pfas. Vincenzo Cordiano, di Isde medici per l’ambiente di Vicenza. «Quanto si è ora saputo costituisce la dimostrazione che è necessario controllare anche, anzi per primi, i bambini», afferma il dottor Cordiano. «La Regione ha messo in piedi un monitoraggio sullo stato di salute della popolazione esposta ai Pfas che, secondo quanto deliberato, è fatto bene ma che, purtroppo, esclude quelle fasce d’età, inferiori ai 14 anni e superiori ai 65, che invece dovrebbero essere poste sotto controllo».
«Per questo», conclude Cordiano, «l’auspicio è che a Venezia decidano di ampliare i controlli all’intera popolazione e che essi vengano avviati subito, per evitare che i risultati siano alterati dall’allungarsi dei tempi».
STUDI E CONTROMISURE. A parlare per primo in maniera ufficiale del nesso fra l’inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche e alcune patologie riguardanti gravidanze e nascite era stato il segretario generale della Sanità regionale Domenico Mantoan: lo aveva fatto in un documento risalente al 17 novembre, e poi rimasto riservato, che era stato indirizzato a pochi addetti ai lavori, ovvero agli assessori regionali Luca Coletto, Giampaolo Bottacin e Giuseppe Pan, alla segreteria della programmazione regionale e al presidente della Provincia di Vicenza Achille Variati.
In tale testo, del quale L’Arena ha dato notizia il 6 gennaio e che consisteva nella relazione conseguente a un incontro svoltosi il 21 ottobre della commissione tecnica regionale sui Pfas, veniva citato uno studio realizzato dal Registro nascite, Coordinamento malattie rare, della Regione che si diceva essere stato concluso ancora alla fine di settembre 2016 e protocollato il successivo 17 ottobre.
Lo studio, secondo quanto scritto nella relazione, evidenzia in particolare un incremento della pre-eclampsia (sindrome nota anche come gestosi) e del diabete gestazionale nelle donne in gravidanza e, per quanto riguarda i bambini, di nati con peso molto basso o piccoli o con alcune malformazioni maggiori, come anomalie del sistema nervoso e del sistema circolatorio e cromosomiche.
Francesca Russo, che è a capo della Direzione prevenzione, sicurezza alimentare e veterinaria regionale, adesso annuncia: «Da questo mese inizieremo a mettere in piedi un percorso di presa in carico e valutazione delle donne gravide e dei bambini che risiedono nell’area a rischio».
I DATI NOTI. Secondo quanto riferisce la dirigente regionale, dalle schede di dimissione ospedaliera e i certificati post parto registrati nell’area maggiormente esposta alla contaminazione, che comprende 21 Comuni (tredici del Basso Veronese, sette del Vicentino e uno del Padovano), risulta un tasso significativamente più elevato rispetto alla media regionale, è quasi il doppio, di diabete gestazionale, una prevalenza di casi di bassissimo peso alla nascita e situazioni, per quanto rare, di malformazioni.
«Bisogna capire se la causa di questa situazione sono davvero i Pfas (cosa che si è verificata in un inquinamento analogo a quello veneto che è avvenuto negli Stati Uniti, ndr) applicando un protocollo di studio specifico che è in fase di predisposizione», precisano a Venezia.
LE REAZIONI. Dopo il sollevamento registrato in Regione da parte delle forze di opposizione M5S e Pd dovuto principalmente al fatto che i dati citati da Mantoan non erano stati resi pubblici, e dopo esposti presentati dalle forze ambientaliste, ora prende posizione anche uno degli specialisti che hanno seguito dall’inizio la vicenda Pfas. Vincenzo Cordiano, di Isde medici per l’ambiente di Vicenza. «Quanto si è ora saputo costituisce la dimostrazione che è necessario controllare anche, anzi per primi, i bambini», afferma il dottor Cordiano. «La Regione ha messo in piedi un monitoraggio sullo stato di salute della popolazione esposta ai Pfas che, secondo quanto deliberato, è fatto bene ma che, purtroppo, esclude quelle fasce d’età, inferiori ai 14 anni e superiori ai 65, che invece dovrebbero essere poste sotto controllo».
«Per questo», conclude Cordiano, «l’auspicio è che a Venezia decidano di ampliare i controlli all’intera popolazione e che essi vengano avviati subito, per evitare che i risultati siano alterati dall’allungarsi dei tempi».




