martedì 21 maggio 2019

Pfas, l’Arpav: «Noi vittime di comportamenti omissivi» 18-05-2019


Pfas, l’Arpav: «Noi vittime di comportamenti omissivi»

Chiamati in commissione Territorio del Consiglio regionale per chiarire alcuni aspetti legati ai controlli effettuati nell’azienda ritenuta dall’Arpav la responsabile principale della contaminazione da Pfas, i vertici dell’agenzia regionale hanno scaricato ogni eventuale colpa sull’azienda. «Arpav è rimasta vittima del comportamento omissivo di Miteni», hanno affermato il commissario Arpav Riccardo Guolo, il direttore tecnico Carlo Terrabujo e il direttore della sede di Vicenza Paola Salmaso. «Siamo arrivati al paradosso, perché gli imputati sembriamo noi e non la ditta che ha inquinato», hanno aggiunto. «Il caso mediatico Pfas e la lettura di atti giudiziari, come se si trattasse di sentenze, stanno minando la credibilità di Arpav, con danni incalcolabili che si riversano anche sui lavoratori». Va ricordato che la Procura di Vicenza ha chiuso la sua inchiesta con 13 indagati, tutti legati a Miteni, ma c’è chi da tempo solleva dubbi sulle iniziative attuate da Arpav prima che il caso-Pfas esplodesse nel del 2013 grazie a controlli promossi dall’Unione Europea. Secondo quanto riporta una denuncia presentata a marzo da Greenpeace - che si rifà ad un verbale del Nucleo operativo ecologico di Treviso che ha svolto indagini per i magistrati berici – Arpav avrebbe saputo dell’inquinamento fin dal 2006 ma non avrebbe agito di conseguenza. In sostanza, Miteni avrebbe spacciato per pozzi di emungimento una barriera idraulica, che viene realizzata solo in caso di inquinamento ma l’Arpav non se ne sarebbe accorta. Secondo i vertici dellìagenzia, però, allìepoca sono state fatte tutte le verifiche previste sulle autorizzazioni dell’azienda - «non si è guardato nei capannoni perché allora non avevamo sospetti», hanno detto ieri - e comunque non si poteva sapere prima del 2013 dell’inquinamento, perché la procedura per il rilevamento dei Pfas l’ha messa a punto proprio l’Arpav quell’anno. «Già nel 2015, in documenti inviati da Miteni alle istituzioni, si parla chiaramente di barriera idraulica, e questo è stato evidenziato dal Noe», hanno sottolineato ieri, a nome delle Mamme no Pfas, la legnaghese Michela Zamboni e la vicentina Michela Piccoli. D’altro canto, i consiglieri regionali Stefano Fracasso ed Andrea Zanoni, Pd, Cristina Guarda, lista Moretti, Piero Ruzzante, Leu, e Patrizia Bartelle, Italia in Comune, dopo l’audizione in commissione dei vertici Arpav, hanno diffuso una nota in cui affermano che «ci sono aspetti che rimangono da chiarire» e dicono che «è necessaria una ulteriore attività d’indagine». «Le criticità sollevate e le richieste di chiarimento a cui non è stata data risposta non ci consentono di dichiarare che non c’è stata alcuna leggerezza nei controlli su sito già sottoposto a Direttiva Seveso e causa di gravi contaminazioni passate», dicono i consiglieri. I quali chiedono l’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta sul caso-Pfas. Ieri, invece, l’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin ha incontrato i lavoratori di Miteni, che è in fallimento, ribadendo che saranno presi in carico dal punto di vista sanitario, anche al termine del rapporto di lavoro con l’azienda, con controlli particolari, anche su Pfas di più recente utilizzo. •
LU.FI.

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