martedì 4 dicembre 2018

Pfas, la Miteni fallita attira sette possibili acquirenti

Pfas, la Miteni fallita attira sette possibili acquirenti

Solo due sarebbero italiani. Intanto i dipendenti chiedono la «categoria protetta lavoratori contaminati»

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La Miteni
La Miteni
VICENZA Miteni fallita ma comunque appetibile sul mercato, tanto da muovere l’attenzione di società straniere. Sarebbero sette (solo due italiane) quelle che avrebbero messo gli occhi sull’azienda chimica di Trissino, anche solo per acquisirne una parte, un settore, una produzione. Pensando ad una nuova vita dell’azienda chimica Miteni della multinazionale Icig, una ri-partenza, ma senza Pfas, Pfoa e Gen-X, senza il relativo inquinamento al centro di un’inchiesta della procura di Vicenza. Eppure le manifestazioni di interesse mostrate alla proprietà e quindi al curatore fallimentare non si sarebbero tradotte finora in proposte vincolanti. Per quanto queste ci potrebbero essere presto, almeno da parte di una società straniera che secondo indiscrezioni avrebbe già preso contatti con il curatore, Domenico De Rosa. Il quale quotidianamente - con il tribunale cabina di regia - si confronta con la Provincia e gli altri enti territoriali per arrivare allo svuotamento degli impianti e serbatoi di Trissino nella massima sicurezza. Ma anche per dare un futuro, una prospettiva, ai centoventuno lavoratori per i quali Miteni aveva già attivato la procedura di licenziamento collettivo.
Malati da Pfas: nuova categoria «protetta»
E proprio per i centoventuno dipendenti che ieri curatore e Rsu - i sindacati interni - erano a Roma, per un passaggio informale con un funzionario del ministero del Lavoro. Le rappresentanze sindacali insistono a chiedere (al Servizio sanitario nazionale o regionale, eventualmente per il tramite del ministero della Salute), l’istituzione di una «categoria protetta lavoratori contaminati Pfas», con l’entrata in quiescenza anticipata del personale più anziano, «più a lungo contaminato da Pfas e anagraficamente più problematico da ricollocare». Ed è proprio con i lavoratori e cittadini che ieri sera a Montecchio Maggiore si è tenuto un incontro per affrontare l’emergenza dell’azienda chimica di Trissino dopo il fallimento dichiarato dal tribunale di Vicenza, il 9 novembre. L’appuntamento – dal titolo «Allarme rosso, i cittadini incontrano i lavoratori, caso Pfas-Miteni» - è stato promosso dal Movimento No Pfas che intende costituire un comitato di sostegno legale ai lavoratori e ai cittadini «che vorranno fare cause civili e penali contro la Miteni e i corresponsabili di questo grande e incommensurabile disastro ambientale e sanitario».
Fabbrica da svuotare
Disastro che non si vuole aggravare ulteriormente tanto che – in virtù dei rischi per la sicurezza dell’ambiente e dei lavoratori - sembra del tutto tramontata l’idea di produrre sul posto le sostanze (poi da vendere). Ci si limiterebbe quindi a svuotare serbatoi e impianti dalle sostanze chimiche pericolose da trattare come rifiuto speciale, da portare altrove. Motivo per cui non ci sarebbe bisogno dell’esercizio provvisorio, ipotesi questa di cui si era parlato in prima battuta fin dalla dichiarazione di fallimento. Tra l’altro nel frattempo sarebbero mutate delle condizioni che pregiudicherebbero la lavorazione delle sostanze a Trissino: sarebbero infatti necessari il ripristino, l’adeguamento e la manutenzione di alcuni impianti per riattivare l’intera macchina produttiva. Il che, tra l’altro, rappresenterebbe anche un ulteriore costo da affrontare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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