Pfas, il ministero
vuole rivedere
i limiti per gli scarichi
Il gruppo di lavoro dovrà definire i valori limite nazionali per lo scarico dei Pfas e di altre sostanze chimiche. Al momento, in Italia non ci sono limiti per questi composti, salvo che in Veneto. Le sostanze Perfluoro Alchiliche (Pfas) sono usate come impermeabilizzanti per pelli, tessuti, carta, pentole, ma sono sospettate di danneggiare crescita e fertilità degli esseri umani e di favorire il cancro. In Italia l’emergenza è esplosa nel 2013, quando il Cnr ha scoperto una vasta contaminazione delle falde nelle province di Vicenza, Verona e Padova.
Dell’inquinamento sono accusate le gestioni passate dell’industria chimica Miteni di Trissino (Vicenza). Dal 2009 l’azienda fa parte del gruppo Icig, impegnato in lavori di bonifica. Il mese scorso però, l’Arpav veneta ha rilevato nelle falde del vicentino la presenza di una varietà di Pfas, il GenXD, trattato dalla Miteni. L’azienda si difende dicendo che si tratta di tracce minime.
Il ministero dell’Ambiente tuttavia ha deciso di intervenire nella vicenda e fissare dei limiti per queste sostanze che valgano per tutto il paese. Compito non facile, visto che sono le Regioni ad avere competenza sui valori degli scarichi. Di qui la convocazione di un tavolo che metta insieme enti locali ed istituzioni tecniche, per definire para
metri comuni. «La presenza dei Pfas -, scrive il Ministero in un comunicato -, interessa l’intero territorio nazionale: le Agenzie regionali protezione Ambiente di Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Friuli, Liguria, Sicilia e Umbria stanno effettuando dei monitoraggi».
I risultati sono attesi per la fine del 2018. Per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S), «non possiamo permetterci di ignorare che siamo di fronte a una contaminazione delle falde da Pfas che solo in Veneto interessa almeno 300 mila persone, ed è nostra responsabilità intervenire, nel rispetto dei ruoli, per assicurare la tutela ambientale».
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