«Pfas, la Regione non studia i danni causati»
La Regione, dopo averne deliberato la realizzazione più di tre anni fa, non ha mai dato corso alla ricerca scientifica che può stabilire quali sono le malattie provocate dall’esposizione ai Pfas.
È quanto è emerso nell’audizione della commissione parlamentare d’inchiesta sulle Ecomafie che si è svolta a Roma. A rispondere alle domande dei parlamentari è stata chiamata Eugenia Dogliotti, direttrice del dipartimento Ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità.
«Lo studio di coorte residenziale sul nesso tra esposizione esterna, dose interna ed effetti sulla salute per ogni residente, previsto dalla delibera di giunta regionale 661 del maggio 2016, non è mai partito», ha sottolineato.
«Stiamo parlando di una ricerca che avrebbe dato un senso ai vari studi promossi dalla Regione finora e che permetterebbe di stabilire l’esistenza di eventuali nessi di causalità fra la presenza dei Pfas nell’organismo e l’insorgere di patologie», ha affermato Alberto Zolezzi. Costui è un membro della commissione appartenente ai Cinque Stelle, ma è anche un medico ospedaliero mantovano.
«Lo studio di coorte avrebbe dovuto interessare un campione della popolazione della zona rossa (che comprende tredici Comuni del basso ed est Veronese, oltre ai territori vicini del Vicentino e del Padovano, ndr), mettendolo a confronto con residenti delle aree non esposte alla contaminazione: avrebbe dovuto essere la ricerca più ampia del genere mai realizzata al mondo», ha continuato il deputato.
«Se lo studio fosse stato avviato subito», ha proseguito, «potremmo già avere i risultati per arrivare ai quali servono presumibilmente un paio d’anni e questi risultati potrebbero avere un rilievo non solo scientifico».
L’indagine chiusa dalla Procura di Vicenza con la richiesta di nove rinvii a giudizio per avvelenamento delle acque e disastro innominato cita come unico nesso di causalità legato ai Pfas quello con i disturbi legati al ciclo del colesterolo. Con la probabile scoperta che le sostanze perfluoro-alchiliche sono fonte di altre patologie, le inchieste in corso (ce ne sono altre due) potrebbero assumere connotati diversi.
«Proporrò agli altri componenti della commissione, ma anche ai comitati dei cittadini, di adire la Corte di giustizia europea, visto che si sono verificati dei palesi problemi per quanto riguarda la tutela dei diritti dei cittadini», ha aggiunto Zolezzi. Il quale si dice comunque pronto ad agire anche da solo.
La questione è d’altro canto già diventata un motivo di discussione in Regione. I rappresentanti della minoranza Cristina Guarda, Civica per il Veneto, Patrizia Bartelle, Italia in Comune, e Piero Ruzzante, Liberi e Uguali, hanno infatti diffuso una nota in cui chiedono a Zaia di spiegare il motivo per cui lo studio epidemiologico non è mai stato avviato.
Nella sua audizione la rappresentante dell’Iss ha poi fatto riferimento a una pubblicazione dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nel 2018 ha individuato un’associazione causale tra l’esposizione ai Pfas ed effetti sulla risposta alle vaccinazioni, livelli più elevati di colesterolo e valori nel siero dell’enzima alanina transferasi. L’Efsa ha invece ritenuto insufficienti le evidenze di una correlazione con difetti nello sviluppo, neurotossicità, malattie del fegato e cancro. Ulteriori indicazioni dovrebbero arrivare dagli approfondimenti in corso in Veneto, sulla tossicità dei Pfas e sul rapporto tra dose interna e salute, ma è anche vero che non ci sono indagini epidemiologiche in atto nelle aree della Toscana e del Piemonte in cui sono state accertate situazioni di contaminazione, per quanto di portata inferiore rispetto a quella veneta.
Dal punto di vista delle soglie di concentrazione nell’acqua potabile, Dogliotti ha spiegato che a livello internazionale le valutazioni di diverse agenzie stanno portando a valori molto diversi.
«L’inquinamento da Pfas è un problema complesso e sottovalutato, nonostante in Veneto la contaminazione tocchi picchi altissimi», è stato il commento del presidente della commissione Stefano Vignaroli. Che ha aggiunto: «Dall’audizione è anche emerso che la ricerca sui nuovi Pfas a catena corta, per i quali al momento non esistono tecniche di abbattimento consolidate, è ancora molto indietro». •
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