venerdì 19 luglio 2019

«Pfas, la Regione non studia i danni causati»

«Pfas, la Regione non studia i danni causati»


Una passata protesta dei genitori No Pfas in piazza San Pietro a Roma
Una passata protesta dei genitori No Pfas in piazza San Pietro a Roma


La Regione, dopo averne deliberato la realizzazione più di tre anni fa, non ha mai dato corso alla ricerca scientifica che può stabilire quali sono le malattie provocate dall’esposizione ai Pfas. È quanto è emerso nell’audizione della commissione parlamentare d’inchiesta sulle Ecomafie che si è svolta a Roma. A rispondere alle domande dei parlamentari è stata chiamata Eugenia Dogliotti, direttrice del dipartimento Ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità. «Lo studio di coorte residenziale sul nesso tra esposizione esterna, dose interna ed effetti sulla salute per ogni residente, previsto dalla delibera di giunta regionale 661 del maggio 2016, non è mai partito», ha sottolineato. «Stiamo parlando di una ricerca che avrebbe dato un senso ai vari studi promossi dalla Regione finora e che permetterebbe di stabilire l’esistenza di eventuali nessi di causalità fra la presenza dei Pfas nell’organismo e l’insorgere di patologie», ha affermato Alberto Zolezzi. Costui è un membro della commissione appartenente ai Cinque Stelle, ma è anche un medico ospedaliero mantovano. «Lo studio di coorte avrebbe dovuto interessare un campione della popolazione della zona rossa (che comprende tredici Comuni del basso ed est Veronese, oltre ai territori vicini del Vicentino e del Padovano, ndr), mettendolo a confronto con residenti delle aree non esposte alla contaminazione: avrebbe dovuto essere la ricerca più ampia del genere mai realizzata al mondo», ha continuato il deputato. «Se lo studio fosse stato avviato subito», ha proseguito, «potremmo già avere i risultati per arrivare ai quali servono presumibilmente un paio d’anni e questi risultati potrebbero avere un rilievo non solo scientifico». L’indagine chiusa dalla Procura di Vicenza con la richiesta di nove rinvii a giudizio per avvelenamento delle acque e disastro innominato cita come unico nesso di causalità legato ai Pfas quello con i disturbi legati al ciclo del colesterolo. Con la probabile scoperta che le sostanze perfluoro-alchiliche sono fonte di altre patologie, le inchieste in corso (ce ne sono altre due) potrebbero assumere connotati diversi. «Proporrò agli altri componenti della commissione, ma anche ai comitati dei cittadini, di adire la Corte di giustizia europea, visto che si sono verificati dei palesi problemi per quanto riguarda la tutela dei diritti dei cittadini», ha aggiunto Zolezzi. Il quale si dice comunque pronto ad agire anche da solo. La questione è d’altro canto già diventata un motivo di discussione in Regione. I rappresentanti della minoranza Cristina Guarda, Civica per il Veneto, Patrizia Bartelle, Italia in Comune, e Piero Ruzzante, Liberi e Uguali, hanno infatti diffuso una nota in cui chiedono a Zaia di spiegare il motivo per cui lo studio epidemiologico non è mai stato avviato. Nella sua audizione la rappresentante dell’Iss ha poi fatto riferimento a una pubblicazione dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nel 2018 ha individuato un’associazione causale tra l’esposizione ai Pfas ed effetti sulla risposta alle vaccinazioni, livelli più elevati di colesterolo e valori nel siero dell’enzima alanina transferasi. L’Efsa ha invece ritenuto insufficienti le evidenze di una correlazione con difetti nello sviluppo, neurotossicità, malattie del fegato e cancro. Ulteriori indicazioni dovrebbero arrivare dagli approfondimenti in corso in Veneto, sulla tossicità dei Pfas e sul rapporto tra dose interna e salute, ma è anche vero che non ci sono indagini epidemiologiche in atto nelle aree della Toscana e del Piemonte in cui sono state accertate situazioni di contaminazione, per quanto di portata inferiore rispetto a quella veneta. Dal punto di vista delle soglie di concentrazione nell’acqua potabile, Dogliotti ha spiegato che a livello internazionale le valutazioni di diverse agenzie stanno portando a valori molto diversi. «L’inquinamento da Pfas è un problema complesso e sottovalutato, nonostante in Veneto la contaminazione tocchi picchi altissimi», è stato il commento del presidente della commissione Stefano Vignaroli. Che ha aggiunto: «Dall’audizione è anche emerso che la ricerca sui nuovi Pfas a catena corta, per i quali al momento non esistono tecniche di abbattimento consolidate, è ancora molto indietro». •
Luca Fiorin

Pfas, l’Istituto Superiore di Sanità rende nota la dettagliata “Valutazione dell’Esposizione Alimentare”




Pfas, l’Istituto Superiore di Sanità rende nota la dettagliata “Valutazione dell’Esposizione Alimentare”




Mappa pfas
La Direzione Prevenzione dell’Area Sanità e Sociale della Regione del Veneto ha ricevuto dall’Istituto Superiore di Sanità il documento dal titolo “Valutazione dell’Esposizione Alimentare e Caratterizzazione del Rischio – Pfoa e Pfos”. Di seguito una sintesi del documento riportata dalla Regione (qui la sua versione completa).
NOTE METODOLOGICHE
La valutazione dell’esposizione:
  • è relativa alla popolazione generale appartenente a 5 fasce d’età (bambini, adolescenti, adulti, anziani e molto anziani), in 3 zone (zona rossa A, zona rossa B, Veneto/Nord-Est) ed è rappresentata attraverso 9 scenari;
  • è relativa all’assunzione per via alimentare, mediante la dieta, di acqua ed alimenti;
  • fa riferimento ai valori di assunzione tollerabile settimanale (TWI) identificati da EFSA nel 2018, relativa al PFOA ed al PFOS, considerati singolarmente.
  • utilizza i dati del monitoraggio della regione Veneto, effettuato nel 2016-2017, sugli alimenti di origine vegetale e animale “locali”, campionati nell’area rossa A e B;
  • per stimare l’esposizione alimentare della popolazione del Veneto sono stati utilizzati i dati di contaminazione degli alimenti presenti nel database EFSA.
In sintesi:
Nella valutazione dell’ISS si sottolinea che l’acqua è il principale veicolo dell’esposizione e a tal proposito evidenzia che l’intervento sulla rete acquedottistica ha prodotto una drastica diminuzione dell’esposizione e oggi l’esposizione stimata è indistinguibile da quella di baseline (popolazione del Nord-Est) anche per l’area rossa A.
Per le famiglie dell’area rossa A che fanno uso di pozzi autonomi a scopo idropotabile l’esposizione permane elevata.
Negli scenari che considerano il consumo nell’area rossa A di prodotti alimentari di produzione locale, le uova ed i prodotti a base di uova rappresentano una percentuale importante dell’esposizione, seguiti dalla carne bovina; per la zona rossa B invece i contributi percentuali dei vari alimenti sono sovrapponibili allo scenario 1 cioè quello di baseline.
Il consumo di alimenti di origine locale, determina per gli adulti un avvicinamento alle TWI che comunque non viene superato nell’esposizione media, mentre per quei pochi soggetti che evidenziano un consumo molto elevato di alcuni alimenti, è 1,6 volte superiore al TWI. L’impatto è minore nel caso dei bambini.
Il rischio è stato calcolato confrontando i dati di esposizione con i TWI di PFOA (6ng/kg p.c./settimana) e PFOS (13 ng/kg p.c./settimana), per tutti gli scenari di esposizione e i gruppi di popolazione.

RISULTATI per PFOA

Nello Scenario 1 baseline (Consumi del Nord-Est), i livelli di PFAS negli alimenti e nell’acqua potabile corrispondono a quelli medi europei utilizzati da EFSA nel 2018: la principale fonte di esposizione per bambini ed adolescenti è il latte vaccino, seguito da acqua, uova e prodotti a base di uova; la principale fonte di esposizione negli adulti e negli anziani è l’acqua seguita da latte vaccino, uova e prodotti a base di uova e pesce. L’esposizione della popolazione adulta è pari al 40% circa del TWI (arriva all’80% nel 95° percentile); nei bambini l’esposizione è 1,2 volte il TWI.
Scenari 2, 3 e 5: la principale fonte di esposizione al PFOA in zona rossa A è l’acqua in maniera più marcata per gli adulti rispetto ai bambini.
Scenario 4 (popolazione della zona rossa A e B che consuma alimenti come da medie europee e acqua di acquedotto): l’esposizione è indistinguibile da quella stimata per la popolazione del Veneto/Nord-Est (scenario 1); per tutte le fasce d’età tutti gli alimenti contribuiscono all’esposizione come nello scenario 1.
Per la popolazione della zona rossa (scenario 5) che consuma alimenti come da medie europee e acqua di pozzo a scopo idropotabile: l’esposizione è elevata nella zona rossa A (2,5 volte il TWI negli adulti e 5,4 volte il TWI per i bambini).
Scenario 8 (popolazione della zona rossa che consuma alimenti locali e acqua di rete): per la zona rossa A l’esposizione media negli adulti si avvicina al TWI ma non lo supera (è 1,6 volte nel 95° percentile).

RISULTATI per PFOS

Gli alimenti contribuiscono in maggior percentuale all’esposizione ai PFOS, specialmente il pesce ed i prodotti ittici e le uova. L’acqua contribuisce meno.
Sia nella zona A che nella zona B: l’uso di acqua di rete non fa superare il TWI.
Nello scenario 6 prima dell’intervento dei filtri l’esposizione media degli adulti eguagliava il TWI. Successivamente nello Scenario 8: con l’uso di acqua di rete insieme al consumo di alimenti locali l’esposizione media degli adulti è inferiore al TWI.
In tutti gli scenari: l’esposizione dei bambini è inferiore a quella degli adulti.

CONCLUSIONI

Il PFOA è il composto più importante, specialmente per la popolazione in zona rossa A, per l’esposizione ed il rischio. Il principale veicolo di esposizione è l’acqua ad uso idropotabile, gli alimenti prodotti localmente contribuiscono in maniera inferiore. I gruppi di popolazione in cui permangono esposizioni elevate di PFOA sono quelli della zona rossa A che consumano acqua di pozzo: in questo caso i livelli di esposizione dei bambini sono circa il doppio di quelli degli adulti.
Nel caso del PFOS, l’esposizione alimentare complessiva vede un maggiore contributo in termini percentuali degli alimenti e minore dell’acqua, ma in termini di esposizione media in rapporto al TWI si rilevano meno criticità, l’esposizione media dei bambini è inferiore a quella degli adulti.
Il sottogruppo di popolazione con esposizione più elevata è rappresentato dai soggetti che consumano alimenti locali/autoprodotti, soprattutto alimenti di origine animale e contemporaneamente consumano a scopo potabile acqua di pozzo autonomo: in tal caso si possono raggiungere livelli espositivi elevati, soprattutto di PFOA, nella zona rossa A.

PROPOSTA DI ULTERIORI ATTIVITA’ A TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA

La Regione del Veneto intende riprendere la collaborazione con IZS Venezie, Arpav e ISS, sviluppando metodiche analitiche più sensibili, al fine di ridurre l’incertezza e fornire elementi di conoscenza per controllare la filiera produttiva e consentire un immediato rapporto con il TWI; si stanno valutando le seguenti azioni:
    • un Piano di monitoraggio degli alimenti, non trasformati e trasformati, anche di provenienza extra-regionale, che compongono la dieta tipica della popolazione del Nord-Est e sono in commercio nella Regione Veneto; questo consentirà di ottenere stime più veritiere della contaminazione delle matrici alimentari in commercio nel territorio regionale e nazionale e di raffinare quindi le stime di esposizione della popolazione veneta (attualmente basate sui valori di contaminazione medi europei, che non necessariamente sono rappresentativi di quelli del Veneto).
    • un Piano di sorveglianza focalizzato sulle zone dell’Area Rossa che erano risultate più critiche nel precedente Piano di monitoraggio, esaminando nel dettaglio le pratiche agrozootecniche in relazione alla contaminazione delle matrici alimentari e prevedendo anche un monitoraggio protratto nel tempo al fine di valutare il variare della contaminazione con i cambiamenti delle pratiche agrozootecniche.
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domenica 7 luglio 2019

Incendio Brendola: analisi Arpav arrivate, Benzene alle stelle





Incendio Brendola: analisi Arpav arrivate, Benzene alle stelle

Probabile miglioramento con l'arrivo della pioggia



Fonte Immagine: web


Il tremendo incendio scoppiato ieri pomeriggio nel vicentino continua a preoccupare i residenti della provincia di Vicenza. Le analisi dell'ARPAV, arrivate ieri sera dopo le ore 23, hanno evidenziato livelli di Benzene alle stelle. Il furioso incendio alla Isello Vernici di Brendola ha disperso nell'aria molti inquinanti: secondo le analisi di Arpav la concentrazione di benzene è risultata pari a 120 e 115 microgrammi al metro cubo (quando per questa sostanza, "il riferimento normativo - si legge - per l'aria in ambiente esterno è di 5 microgrammi al metro cubo riferito però ad una media annuale"). Nella giornata di oggi si conosceranno i risultati del "prelievo di microinquinanti organici (diossine, pcb, IPA)" con un campionatore. A preoccupare pero' non è solo l'aria ma anche il fiumicello Brendola, dove si sono riversate le sostanze tossiche "lavate" via dagli idranti dei pompieri. Un miglioramento della situazione potrebbe essere favorito dai temporali possibili tra oggi e domani. 

Incendio in una fabbrica di vernici a Brendola. Disastro ambientale

Elena Mazzoni-responsabile nazionale ambiente PRC-Sinistra Europea
Incendio in una fabbrica di vernici a Brendola. Disastro ambientale
Rischio elevato di disastro ambientale a Brendola, in provincia di Vicenza, dove un incendio è scoppiato in una fabbrica di vernici, per cause in via di accertamento.
L’ Arpav sta procedendo ai campionamenti dell’aria mentre scattano le solite raccomandazioni a chiudere porte e finestre, non stare all'aria aperta e non mangiare frutta e verdura esposta.
La nube nera, che fuma da ore, rischia di essere piena di diossine e altre sostanze tossiche per la salute, perché hanno bruciato per ore solventi.
La Regione Veneto dichiari subito lo stato di emergenza, in una regione già devastata da Pfas e cementificazione selvaggia.
Vengano tutelati i lavoratori, i più esposti alle esalazioni ed al rischio di perdere il posto di lavoro.
Elena Mazzoni- responsabile nazionale ambiente Partito della Rifondazione Comunista
Gabriele Zanella-responsabile regionale ambiente Veneto
Rifondazione Comunista - Federazione di Vicenza