Gli studi della Regione Veneto sulla popolazione esposta ai PFAS non sono scientificamente attendibili
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Gli
studi della Regione Veneto sulla popolazione esposta ai PFAS non sono
scientificamente attendibili
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Il comitato direttivo ISDE Veneto ha esaminato la documentazione
presentata durante la conferenza stampa del 22.7.2016 in cui sono stati esposti
i risultati degli studi condotti dal Sistema Epidemiologico Regionale (SER) e
dal Registro Tumori del Veneto (RTV)per valutare lo stato di salute della popolazione espostaalla contaminazione da PFAS.Nelcomunicato stampa N° 1006 del
22/07/2016 della Regione Veneto si legge che: “ Sul piano oncologico ed epidemiologico, l’inquinamento da sostanze
perfluoro alchiliche (PFAS) emerso nel 2013 in una vasta area del Veneto, ma in
atto presumibilmente da almeno 20 anni, non ha portato al momento a rilevare un
peggioramento del trend di salute dei cittadini nei territori maggiormente
esposti.” Del tutto analoga la valutazione dei risultati dello studio
presentato dal Registro Tumori il 28 ottobre, riguardante la popolazione dei 21
comuni definiti come esposti a PFAS :“In
conclusione, tutte le diverse tipologie di analisi effettuate non documentano
una maggiore incidenza di tumori maligni nelle popolazioni considerate,
rispetto ai valori medi regionali”( Comunicato nr. 1479-2016).
Non
condividiamo le conclusioni del SER e del RTV per i seguenti motivi: (chi è interessato può scaricare il pdf
È allarme inquinamento allo scarico del
tubo collettore. Ieri, nel primo pomeriggio, le guardie provinciali si
sono recate in località Sule, a Cologna, per controllare aspetto, odore,
colorazione e condizioni del fiume Fratta, nel punto in cui il
collettore del Consorzio Arica immette i reflui dei cinque depuratori
dell’Ovest vicentino (Trissino, Arzignano, Montecchio Maggiore,
Montebello Vicentino e Lonigo). «Abbiamo ricevuto una telefonata dal
presidente della Provincia Antonio Pastorello che ci segnalava la
preoccupante situazione del corso d’acqua, che presenta una colorazione
color catrame», riferisce la comandante della Polizia provinciale Anna
Maggio. Due agenti si sono quindi precipitati nel Colognese per
effettuare un sopralluogo. «Ho chiesto loro di fare un campionamento
delle acque reflue per capire quali siano le sostanze contenute e la
loro eventuale tossicità», afferma Pastorello. «Così non si può più
andare avanti, siamo davvero stanchi». «Stileremo una relazione e la
invieremo al presidente», avverte Maggio, «per quanto riguarda le
analisi chimiche, invece, è compito dell’Arpav rendere noto quali siano
gli elementi presenti nel corso d’acqua. Finora ci hanno riferito di non
aver mai trovato valori fuori dalla norma».
Lo scarico
del tubo collettore, è giusto precisarlo, è autorizzato dalla Regione e
controllato periodicamente dall’Arpav. Ma queste garanzie sembrano non
bastare più a Pastorello. Prenderò due bottigliette di acqua del Fratta e
le invierò per Natale al governatore del Veneto Luca Zaia e al ministro
dell’Ambiente Gian Luca Galletti», sbotta il presidente della
Provincia. «Ci dicono che la qualità della vita nella provincia
scaligera si è abbassata, che siamo all’80° posto per l’ecologia. Tutto
questo grazie ai Pfas e ai rifiuti della concia, prodotti altrove e
scaricati qui da noi», osserva. «Verona non è e non deve diventare una
seconda Terra dei fuochi».
Nel
pomeriggio, Pastorello ha invitato a recarsi allo scarico anche i
colleghi sindaci dell’Unione, i cui territori sono interessati
dall’inquinamento del Fratta: Manuel Scalzotto di Cologna, Alessia
Segantini di Zimella e Stefano Marzotto di Pressana. «È giusto che la
gente sappia che cosa c’è in quell’acqua nerastra, ne va della nostra
salute», dichiara Segantini. «Siamo stufi di essere la pattumiera del
Vicentino e a questo punto non ci fidiamo più di nessuno. Bisogna
correre ai ripari al più presto», sbotta Marzotto. P.B.
Prevenzione
e abbattimento degli inquinanti, monitoraggio e prevenzione della
diffusione nell’ambiente di pfas, interventi per l’abbattimento delle
sostanze perfluoro alchiliche, sostituzione della fonte di
approvvigionamento di Almisano al fine di garantire l’utilizzo potabile
dell’acqua in falda connettendo tutte le reti acquedotto, ad oggi
separate l’una dall’altra. Sono queste le linee guida stilate
nell’accordo sottoscritto tra i tre Consigli di Bacino – Bacchiglione,
Valle del Chiampo e Bacino Veronese – che regolano il servizio idrico
integrato nelle aree interessate da inquinamento di pfas, per trovare
una soluzione definitiva al problema emerso nel 2013, e fin da allora
contenuto.
Da oggi quindi i tre consigli di bacino lavorano in squadra: nasce infatti il tavolo tecnico per la condivisione della
pianificazione delle attività di sostituzione delle fonti di acqua
potabile inquinate dai Pfas, sostanze perfluoro alchiliche. Un
protocollo di intesa, un “accordo di programma Pfas” per la
pianificazione congiunta delle opere di adeguamento delle reti e degli
impianti di acquedotto, al fine di porre in essere tutte le misure
necessarie a tutela della qualità della risorsa idrica distribuita.
Oggi è stato annunciato un primo elenco condiviso di interventi sugli
acquedotti da inserire nell’accordo integrativo sui Pfas, che entro la
fine dell’anno diventerà definitivo. Prossima data sul calendario è a
marzo 2017, quando si entrerà nella fase di progettazione degli
interventi prioritari.
Obiettivi del tavolo tecnico sono inoltre la promozione delle
attività di integrazione delle singole pianificazioni territoriali, sia
quadriennali che di lungo termine, condividendo tutte le necessarie
informazioni tecniche, economiche e amministrative; l’integrazione delle
attività di progetto, garantendo un unico programma operativo per
realizzare le opere necessarie; la coordinazione tutte le attività di
monitoraggio della fase di progettazione e realizzazione delle opere e
la corretta circolazione di informazioni. Le complesse attività tecniche
di pianificazione sono necessarie per individuare le soluzioni
ottimali: sia per la sostituzione delle fonti inquinate, che per
l’eventuale interconnessione delle reti esistenti e di
nuova realizzazione.
Per risolvere la crisi innescata dall’inquinamento delle falde nella
zona tra Vicenza, Padova e Verona, la soluzione a lungo termine e
definitiva è l’interconnessione delle reti di acquedotto, che
consentirà l’integrale sostituzione delle fonti di approvvigionamento a
rischio e la tutela degli abitanti dei 29 comuni interessati.
In totale le opere fino ad oggi individuate richiedono 179,19 milioni
di euro, espandibili a 239 milioni. Una prima fonte di finanziamento è
il governo, che ha già stanziato, con il via libera del Cipe, 80
milioni.
Sono 13 i comuni nell’Ato Bacchiglione interessati dall’inquinamento
da pfas. Gli interventi già attivati hanno un costo totale di 1,99
milioni di euro, mentre in futuro, sempre per quanto riguarda le opere
previste in accordo di programma integrativo pfas, gli
interventi avranno un costo di 59,15 milioni. Anche nell’Ato
Bacchiglione si lavorerà per interconnettere gli acquedotti (in
particolare attraverso il potenziamento della condotta consortile e dei
rilanci e serbatoi in Riviera Berica, l’interconnessione dei sistemi di
acquedotto e potenziamento Bertesina Moracchino sempre per la Riviera
Berica, il potenziamento della rete di adduzione e interconnessione con
il sistema di acquedotti di Acque Vicentine, l’estensione e il
potenziamento delle reti dell’area di Montagnana e del Basso Vicentino,
il collegamento idropotabile della centrale di produzione di Piacenza
d’Adige al Montegnanese, il potenziamento del sistema di adduzione di
Vicenza Ovest e della Zona Industriale e interventi sulla condotta Valle
dell’Agno. “Anche nell’ultima assemblea dei sindaci a novembre –
spiega Francesco Corvetti, direttore del Consiglio di Bacino
Bacchiglione – abbiamo affrontato la questione. Il presidente Antonio
Dalle Rive ha comunicato ai sindaci le attività che stiamo svolgendo
nell’ambito del tavolo tecnico. Non sarà facile, ci vorranno anni, ma
siamo determinati a risolvere il problema alla radice”. I comuni
vicentini interessati sono Alonte, Asigliano Veneto, Pojana
Maggiore, Orgiano, Agugliano, Campiglia dei Berici, Noventa
Vicentina, Sossano, Sarego, Grancona, San Germano dei Berici, Vicenza
(zona industriale).
Per quel che riguarda il Bacino Valle del Chiampo, invece, gli
interventi avranno un costo complessivo di 29 milioni di euro. Qui sono
due comuni interessati: Lonigo e Brendola. Ad oggi gli interventi
attivati hanno un costo totale di 2,625 milioni di euro. Quelli proposti
riguardano il prolungamento della condotta Valle dell’Agno Montecchio
Maggiore Centrale Madonna di Lonigo, il prolungamento della dorsale
dell’acquedotto verso la centrale Madonna dei Prati a Brendola, la
dismissione dei pozzi esistenti e il collegamento delle reti con il
nuovo sistema acquedottistico del Veneto Occidentale. Per Alessandra
Maule, direttrice del Consiglio di Bacino Valle del Chiampo “oltre alla
collaborazione dei consigli di bacino, questo tavolo vede il
coinvolgimento dei gestori. Una sinergia che entrerà nell’accordo
integrativo per la tutela delle risorse idriche del bacino del
Fratta-Gorzone che dovrebbe essere approvato e inserito come allegato
verso gennaio, se vengono raggiunte tutte le condizioni previste per i
vari firmatari”. Per Giorgio Gentilin, sindaco di Arzignano e presidente
di questo consiglio di bacino, “indipendentemente dalle appartenenze
politiche si sta affrontando la questione per intraprendere la strada
giusta. Abbiamo investito e reinvestito molte risorse. E si continuerà a
investire”.
6 dicembre alle ore 23:09 · Lonigomerito della domanda del consigliere Luca Lazzari
il sindaco di Lonigo ha reso pubblica la lettera che ha inviato a tutti
i sindaci dei comuni inquinati da Pfas. Nella mia registrazione che
purtroppo è terminata prima della fine dell'intervento risposta del
sindaco si sentono comunque i pochi comuni che hanno aderito e sono:
Cologna Veneta, Zimella, Pressana, Noventa e il sindaco Variati chiede
lumi prima di aderire
Il
sindaco ha poi continuato la sua risposta dicendo che lo studio Negri è
dotato di sofisticati strumenti in grado di misurare anche altri
inquinanti della nostra acqua e che visto la risposta dello studio sui
tumori della regione veneto legata ai Pfas
perciò negativa lui ha deciso di avvalersi di uno studio indipendente
che ci dica cosa provocano queste sostanze. Purtroppo avendo aderito
pochi comuni ci sono anche pochi soldi ha continuato
Questa
è la lettera di proposta di costituzione di un comitato scientifico in
collaborazione con lo studio Negri di Milano che il sindaco di Lonigo,
Luca Restello, ha inviato a tutti i sindaci dei comuni inquinati
Ambiente - Guarda
(AMP) "CIPE dà via libera agli 80mln contro inquinamento da PFAS. La
Regione ci dica ora come intende spenderli"
(Arv) Venezia 1 dic. 2016 -
“Ora i fondi ci sono, la Regione non ha più scuse e deve trovare
immediatamente le fonti di approvvigionamento alternative per gli
acquedotti contaminati”.
Questa la richiesta avanzata dalla consigliera regionale Cristina Guarda (AMP)
nel commentare “la notizia che il CIPE ha approvato in via definitiva i
Piani Operativi Ambiente, comprendenti gli 80 milioni di euro che il
Governo stanzierà per finanziare misure di contrasto all’inquinamento da
PFAS nelle acque delle province di Vicenza e Verona”.
“Si
tratta di un ottimo risultato – afferma Guarda – ottenuto grazie al
lavoro di squadra che ha visto coinvolti la sottoscritta, l’On. Filippo
Crimì e il Governo. Le promesse sono state quindi mantenute e la Regione
ora non può più dire che mancano i soldi”.
“Ora che i fondi ci sono - continua l’esponente di Alessandra Moretti Presidente - Zaia e la sua Giunta ci dicano quali
sono i progetti definitivi per le nuove fonti di approvvigionamento per
l’acquedotto di Lonigo e per mettere in sicurezza tutto il resto del
territorio contaminato. Sono passati tre anni da quando l'Istituto
Superiore di Sanità scrisse alla Regione per chiedere che, oltre ad
adottare misure di urgenza, l’Ente avrebbe dovuto progettare una nuova
rete di acquedotti per la distribuzione di acqua non contaminata e per
evitare quindi i pesanti costi dei filtri”.
“A
questo punto - conclude Cristina Guarda - i cittadini hanno il diritto
di sapere se la Regione è pronta ad agire immediatamente oppure no. Agli
slogan la Regione faccia seguire i fatti, perché è in ballo la salute
dei veneti!”.
L'intervento
del prof. Gianni Tamino al Convegno sui Pfas :Dopo gli allarmi quali Progetti? a Montagnana. Spiega molto bene che
la causa di questo inquinamento da Pfas arriva dalla Miteni prima Rimar e
spiega come la concia abbia mandato attraverso il tubo tutto il
problema del l'inquinamento da cromo e nitrati a Cologna Veneta. Il
danno che ci hanno creato qui inquinandoci l'acqua potabile è davvero
enorme e contiamo su tutti voi cittadini dei comuni inquinati per avere
giustizia.
Condividiamo e ringraziamo i medici dell'ISDE per queste osservazioni
Il
comitato direttivo della sezione veneta dell’associazione Medici per
l’Ambiente- ISDE Italia ha analizzato i risultati dello studio del
Registro Tumori del Veneto (RTV) ,
oggetto dell’articolo comparso il 28 ottobre 2016 sull’edizione on line
del vostro giornale dal titolo “Pfas, incidenza tumori nella media nei
21 Comuni interessati”. A nostro parere, in realtà si tratta di una
pseudo-notizia, data in pasto con grande risalto mediatico all'opinione
pubblica, spesso a torto preoccupata più dei tumori che di altre
malattie altrettanto gravi, per nascondere la notizia vera, e cioè che
nell'area contaminata da PFAS ci si ammala e si muore di più rispetto
alla media regionale per malattie non tumorali. I PFAS sono
innanzitutto interferenti endocrini, perturbatori del metabolismo degli
zuccheri e dei grassi. Questo meccanismo potrebbe essere alla base
dell'aumento della mortalità in entrambi i sessi nei comuni ad alta
esposizione ai PFAS per diabete mellito, infarto acuto del miocardio,
ictus cerebrale e solo nelle donne, anche per malattia di Alzheimer e
cancro nel rene, con percentuali variabili dal 12 al 30 percento in più.
Questo eccesso di mortalità è stato osservato dai ricercatori
ISDE-ENEA in uno studio retrospettivo di mortalità, cui ISDE Veneto ha
collaborato, per gli anni 1980-2010. I risultati del nostro studio sono
stati in seguito confermati per le stesse malattie (tranne il cancro
renale) e con le stesse percentuali (12-30% in più) anche da uno studio
compiuto dagli epidemiologi della regione per gli anni 2007-2014, studio
che finora non è mai stato pubblicato per esteso sui siti
istituzionali. In compenso, sono stati scomodati i media per annunciare
che sostanze, che forse cancerogene non sono, non hanno provocato
aumento dei cancri nelle zone interessate. Infatti, fra tutti i PFAS,
soltanto uno, il PFOA, è stato classificato come possibilmente
cancerogeno per l’uomo. La maggioranza dei PFAS, se non tutti, invece,
sono unanimemente riconosciuti dalla comunità scientifica come
interferenti endocrini e probabile concausa di malattie croniche e
degenerative, quali sono quelle appena ricordate. Tornando allo
studio sull’incidenza delle malattie tumorali nella zona rossa, ci preme
stigmatizzare come, dei 21 comuni considerati ad alto rischio, solo la
metà sono stati esposti veramente ad elevate concentrazioni di PFOA nel
2013. Gli altri comuni, stando ai dati ufficiali, non avevano nel 2013,
anno di riferimento dello studio del RTV, concentrazioni di PFOA
superiori ai limiti che sarebbero stati poi fissati nel 2014. Infine, i
risultati riferiti ad un solo anno e su una popolazione di 100.000
abitanti circa NON possono essere considerati significativi, checché ne
dicano i ricercatori del RTV. È importante che i lettori sappiano che,
l’AIRTUM (l’associazione dei registri tumori italiani), per considerare
validi i dati forniti dai singoli registri, richiede dati riferiti ad un
milione di abitanti e/o ad almeno cinque anni consecutivi. Entrambi i
criteri, lo abbiamo visto, non sono stati rispettati nello studio del
RTV. E come chiunque può facilmente costatare visitando il sito
dell’AIRTUM, gli ultimi dati del RTV validati sono fermi al 2006.
Esistono, pertanto, seri dubbi che i dati sull’incidenza tumorale degli
anni 2008-2009 dell’intera regione, utilizzati come confronto, siano
stati confermati e validati dalle istituzioni competenti. A nostro
parere, la notizia molto più grave e importante è l'eccesso di morbilità
e mortalità ancora in atto nelle zone ad alta contaminazione da PFAS
per malattie non neoplastiche, per ipercolesterolemia e malattie della
tiroide. Le autorità sanitarie locali e regionali e i sindaci,
quindi dovrebbero immediatamente applicare il principio di precauzione
previsto dalle leggi europee e interrompere l’esposizione alle
principali fonti di contaminazione per l’uomo: l’acqua potabile e gli
alimenti contaminati. Ma questo significa avere il coraggio di prendere
decisioni e attuare provvedimenti dolorosi e impopolari che non portano
voti, ma che sono i soli in grado di tutelare veramente la salute
umana, cioè proibire l’uso di acqua inquinata e la produzione e
commercializzazione di prodotti agricoli e alimentari provenienti dalle
zone esposte, assicurando nel contempo fonti di approvvigionamento
alternative non contaminate per gli esseri umani, l’agricoltura e gli
animali da allevamento.
Vincenzo Cordiano, presidente della sezione di Vicenza e referente per
il Veneto dell'Associazione Medici per l'Ambiente - ISDE Italia onlus
22 OTT - Gentile Direttore,
abbiamo letto con molto interesse l'articolo del 7 ottobre 2016 dal titolo "Contaminazione
da PFAS in Veneto. Il punto delle azioni di prevenzione e ricerca
svolte dall'ISS" firmato dalla dottoressa Loredana Musmeci”. Nell'articolo si fa il punto sulle “azioni di prevenzione e ricerca svolte dall'ISS" con il coordinamento della dottoressa Loredana Musmeci
e si ricordano i provvedimenti messi in atto dalla Regione Veneto che
hanno consentito di ridurre le concentrazioni mediane di PFOA e PFOS, i
due più noti fra tutti le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), rispetto
alle concentrazioni iniziali riscontrate nel 2013.
Con questa nota vorremmo richiamare la sua attenzione e quella delle
autorità competenti sul fatto che, nonostante gli sforzi profusi e le
ingenti risorse pubbliche impiegate, sia in termini economici che di
personale, oltre 100.000 residenti nei comuni della "zona rossa"
continuano a bere acqua "potabile" con concentrazioni di queste sostanze
notevolmente superiori a quelle massime permesse negli Stati Uniti.
La tabella allegata* riporta una lista parziale dei Comuni in cui,
ancor oggi - stando ai rapporti di prova ufficiali più recenti – le
concentrazioni di PFOA e PFOS vigenti negli Stati Uniti sono
abitualmente superate in Veneto. Pertanto, continuiamo ad essere molto
preoccupati anche perché ci risultano incomprensibili le ragioni che
hanno spinto il gruppo di lavoro diretto dalla dottoressa Musmeci a
proporre limiti fra i più elevati al mondo, cioè 500 ng/litro per il
PFOA e 30 ng/litro per il PFOS, quando negli Stati Uniti nel maggio di
quest'anno i valori limite per le concentrazioni del PFOA sono stati
ridotti da 400 ng/litro per il PFOA e 200 ng/litro per il PFOS a 70
ng/litro per entrambe le molecole. Inoltre, come ricordato
nell’articolo, quando PFOA e PFOS sono presenti contemporaneamente nelle
acque statunitensi, la loro somma non deve superare i 70 ng/L.
È anche importante ricordare ai vostri lettori che l'USEPA ha preso
questa decisione dopo aver analizzato i risultati degli studi più
recenti che hanno osservato l'insorgenza di effetti tossici sul feto in
via di sviluppo, sul sistema immunitario dei bambini, sul metabolismo
glicolipidico di bambini e adolescenti, sullo sviluppo neurocognitivo
infantile per esposizioni a livelli notevolmente inferiori rispetto a
quelli precedentemente considerati come "sicuri".
Del resto, la natura di interferenti endocrini e di possibili
cancerogeni dei PFAS, non permette di identificare una soglia di
sicurezza al di sotto della quale non si osservano effetti tossici, in
particolare in fasce di popolazione particolarmente suscettibili come le
donne in gravidanza, i bambini e gli adolescenti. Di conseguenza, come è
normale che succeda, via via che si acquisiscono i risultati degli
studi indipendenti i limiti vengono rivisti in senso più cautelativo.
Per esempio, è di alcune settimane fa, la decisione dei consulenti
scientifici dello stato del New Jersey di abbassare i limiti massimi di
PFOA nell’acqua potabile a 14 ng/L, mentre alcuni giorni addietro la
commissione tedesca per il biomonitoraggio umano ha consigliato che le
concentrazioni plasmatiche massime siano meno di 2 ng/mL per il PFOA e
meno di 5 ng/mL per il PFOS, valori che dovrebbero essere
sufficientemente protettivi per la salute umana, pur in assenza di prove
scientificamente valide a conferma di tali conclusioni.
Nella zona rossa i risultati del biomonitoraggio umano effettuato su
campioni di siero umano, su tessuti animali e su prodotti
dell’agricoltura (di cui si è occupato anche il suo giornale in un
precedente articolo)
evidenziano un quadro a nostro avviso molto serio e preoccupante,
essendo stata dimostrata l'avvenuta contaminazione, probabilmente
irreversibile, della catena alimentare, degli esseri umani,
dell'ambiente e degli animali selvatici. Sul campione di circa 500
soggetti selezionati per dosaggio dei PFAS nel sangue in Veneto sono
state riscontrate concentrazioni medie di 70 ng/ml di siero per il PFOA
(con un massimo di oltre 700 ng/l) e di 12 ng/ml per il PFOS nei
soggetti residenti nei comuni più esposti.
Pertanto, ancora più incomprensibile ci appaiono i motivi per i quali
nell'agosto 2015 si è consentito che i limiti delle concentrazioni
totali massime dei 12 PFAS nelle acque potabili fossero praticamente
raddoppiati, passando da 1030 ng/l a 2030 ng/l su espressa richiesta
dei gestori delle acque potabili. Facciamo fatica a credere che l’ISS,
ai suoi più alti livelli, davvero ritenga che la salute della
popolazione sia realmente protetta, stante l'elevata e persistente
contaminazione dell'acqua potabile e della catena alimentare.
A causa di tale contaminazione, per esempio, un bambino che mangiasse
soltanto un etto di pesce pescato nei dintorni di Vicenza, contenente da
37.000 a 57.000 ng/kg di PFOS (valori realmente riscontrati), potrebbe
superare di 2-3 volte la dose massima giornaliera tollerabile (TDI)
stabilita dall'EFSA, benché anche questa sia notevolmente superiore a
quella consentita negli Stati Uniti.
A noi risultano francamente misteriose le ragioni scientifiche che
hanno spinto le istituzioni italiane a stabilire limiti di
concentrazione nelle acque potabili fra i più alti al mondo, e
addirittura ad aumentarli, in seguito alla dimostrata inefficacia dei
filtri a carboni attivi utilizzati per depurare le acque dai PFAS a
catena corta. Negli Stati Uniti, invece, sempre per tutelare
adeguatamente la salute pubblica, i limiti massimi vigenti sono stati
ridotti di circa sei volte rispetto ai precedenti.
In conclusione noi riteniamo che, contemporaneamente all’adozione delle
migliori tecnologie in grado di eliminare immediatamente i PFAS dalle
acque potabili, andrebbero valutate anche la sospensione immediata
dell'erogazione dell'acqua contaminata nonché la proibizione della
produzione e commercializzazione di prodotti alimentari contaminati,
garantendo, ovviamente, la distribuzione gratuita di acqua potabile ai
cittadini, agli animali d’allevamento, alle industrie agro-alimentari.
Questo in attuazione del Principio di Precauzione previsto dalle leggi
europee, e apparentemente sconosciuto alle autorità italiane,
soprattutto dopo che lo studio indipendente ISDE-ENEA ha dimostrato un
eccesso di mortalità, con percentuali variabili dal 10 al 30%, negli
anni 1980-2009 per varie malattie multifattoriali che vedono i PFAS come
un possibile cofattore e dopo che uno studio del Sistema Epidemiologico
Regionale del Veneto ha confermato l’eccesso di mortalità per le stesse
patologie, con le stesse percentuali, per gli anni 2007-2014 e
un’aumenta prevalenza (10-20%) di ipercolesterolemia e ipotiroidismo,
condizioni classicamente associate all’esposizione a PFAS e ad altri
interferenti endocrini.
Vincenzo Cordiano Presidente sezione di Vicenza e Referente per il Veneto di ISDE Italia onlus
Edoardo Bai Comitato scientifico nazionale Legambiente
Piergiorgio Boscagin Portavoce del coordinamento Acqua libera da PFAS
*
Comune
Provincia
Data rapporto
PFOA (ng/L)
PFOS (ng/L)
PFOA +PFOS
(ng/L)
Albaredo d’Adige
VR
13/06/16
91
13
104
Cologna Veneta
VR
10/05/2016
163
19
182
Roveredo di Guà
VR
13/06/2016
162
17
179
Veronella
VR
18/07/2016
99
15
114
Zimella
VR
14/04/2016
143
15
158
Alonte
VI
15/09/2015
162
19
181
Lonigo
VI
06/10/2015
138
19
157
Brendola
VI
19/10/2015
91
0
91
Sarego (Pozzo S.Antonio)
VI
31/05/2016
89
0
89
Centrale di Madonna di Lonigo*
PD, VI
1/05/2016
123
15
138
Fornisce i comuni di Agugliaro, Alonte, Asigliano, Campiglia dei
Berici, Orgiano Pojana Maggiore in provincia di Vicenza e i comuni di
Montagnana, Megliadino San Fidenzio Urbana, in provincia di Padova
Detox, una nuova rivoluzione industriale parte da Prato
Affrontare un problema alla radice è una bella sfida, ma quando ci
si riesce la soluzione è molto più efficace. Per questo, negli ultimi
mesi, abbiamo lavorato intensamente con il distretto di Prato
e il risultato - che abbiamo presentato oggi durante una conferenza
stampa a Milano - è un impegno davvero unico nel suo genere.
Venti aziende tessili del distretto tessile di Prato, il più grande
in Europa, che vanta una tradizione centenaria, si sono unite alla
campagna Detox di Greenpeace. Queste aziende hanno già
eliminato diversi gruppi di sostanze chimiche pericolose dai processi
produttivi e sono pronte a fare di più.
Ma non sono sole. Confindustria Toscana Nord
ha annunciato, attraverso la pubblicazione di un piano operativo,
l’impegno a sostenerle nel percorso verso l’eliminazione di tutte le
sostanze tossiche entro il 2020, investendo risorse umane ed economiche
per registrare i progressi, garantire la trasparenza e garantire a tutti
quei marchi della moda che producono a Prato, ma soprattutto a noi
consumatori, dei prodotti liberi da sostanze tossiche.
Stiamo dando vita insieme a loro a una futura filiera produttiva completamente libera da sostanze tossiche come i PFC,
composti tossici persistenti e bioaccumulanti, i ritardanti di fiamma
bromurati e clorurati, composti organostannici e ammine associate a
coloranti azoici che possono essere dannosi per il sistema riproduttivo
umano e causare tumori.
Siamo molto colpiti dalla determinazione e dall’interesse delle aziende che hanno sottoscritto Detox.
Lo standard d’eccellenza adottato da Prato sarà il metro di giudizio
su cui basarsi per valutare i futuri impegni del settore. Quali scuse
avranno, da oggi in poi, marchi della moda come Gucci, Prada o Armani
per non impegnarsi alla totale trasparenza della filiera e garantire dei
prodotti Detox? I loro stessi fornitori oggi hanno mostrato un livello di ambizione che sarebbe stato naturale aspettarsi da loro.
La nostra organizzazione viene spesso vista da diversi settori
industriali come una “minoranza etica” da cui difendersi poiché
perseguiamo obiettivi troppo diversi. Ma dopo soli cinque anni la
campagna #Detox ha portato 35 aziende e multinazionali
– circa il 15 per cento della produzione globale di abbigliamento –
alla decisione di produrre senza inquinare. L’impegno delle aziende
pratesi, e il sostegno di Confidustria Toscana Nord, ci confermano che Detox può diventare uno standard per rivoluzionare (e ripulire) uno dei settori più inquinanti al mondo.
Chiara Campione, Senior Campaigner e Corporate Lead, Greenpeace Italia
Sintesi del
Convegno Dibattito: “L’inquinamento scorre senza limiti “ Lonigo 28 ottobre
2016
Il Convegno è stato organizzato dal ViVerBio
GAS Lonigo con il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas di cui fa parte dalla sua
costituzione. Un altro importante convegno su acqua e aria inquinate era stato
organizzato dal nostro gruppo GAS nel marzo 2014 subito dopo quello di Perla
Blu Legambiente di Cologna Veneta e in tutti e due i convegni uno dei relatori
era il dottor Vincenzo Cordiano che, sin dal luglio 2013, dopo che eravamo
stati informati dal CNR di questo inquinamento, fece pressione perchè non si
continuasse a bere l’acqua, visto che per molti anni l'avevamo bevuta inquinata
con le sostanze perfluoro alchiliche. Nel maggio del 2014, come ha ben
introdotto la nostra moderatrice Margherita Chiappini, si è formato il
Coordinamento Acqua Libera dai Pfas costituito dal nostro gruppo Gas, da Perla
Blu Legambiente e da altre importanti associazioni e gruppi, nonchè da singoli
cittadini del territorio inquinato. Il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas
nasce con l’intento di riuscire ad ottenere, appunto, l’acqua libera da queste
sostanze e fin da subito ha presentato un esposto alla magistratura (novembre
2014). Le adesioni al nostro coordinamento sono, tra l’altro, in continua
crescita.
Ciò che
volevamo far sapere con questo convegno, come è già indicato dal titolo "
L'inquinamento scorre senza limiti", e come ha spiegato molto bene
Margherita, è che questo inquinamento non si fermerà e proseguirà nei prossimi
anni, con il rischio di contaminare ancora pozzi di acqua buona e in nuovi
comuni.
Il Sindaco
di Lonigo, Restello, nel suo intervento ha ribadito che lui sostiene la nostra
campagna di raccolta firme e ha ricordato che lui è stato l'unico sindaco a non
aver firmato un’istanza di Arica contro il decreto della regione del 22 luglio
2016sui limiti di scarico. Ci ha
spiegato, inoltre, chel'acqua che esce
dal rubinetto è resa potabile perchè filtrata. In relazione a questa
affermazione il dottor Cordiano ha chiesto come mai i limiti sono molto più
alti rispetto ad altri stati come esempio Germania o Stati Uniti? Il sindaco ha
risposto che i limiti
posti per la presenza di pfas nelle acque e i sistemi posti in essere per
contrastare l’inquinamento non sono i migliori ma i più sostenibili sotto
l'aspetto economico, così come ci aveva esplicitamente detto il responsabile
del Sian Ulss n 5, dottor Fiorio, nell’ottobre 2015. Il sindaco ha continuato
affermando che affiderà
perciò il problema allo studio di Milano del dottor Negri.
Secondo il
dottor Cordiano che ha studiato i documenti di altri scienziati e medici queste
sostanze ci hanno fatto male e continueranno a farci male - per esempio, è
molto grave che ne vengono a contatto donne incinte e bambini - perchè sono
interferenti endrocrini e possono essere anche cancerogene visto che gli studi
fatti su animali lo hanno dimostrato e sono, perciò, da ritenersi cancerogene
di tipo B. In seguito, Cordiano ha anche chiesto perchè qui in Italia non si
possa sospendere l'erogazione dell'acqua cosiddetta potabile e ha fatto degli
esempi di città negli Stati Uniti nelle quali, quando vengono scoperte queste
sostanze nell'acqua, la prima cosa che fanno è bloccare l'erogazione
dell'acqua.
Piergiorgio
Boscagin nella sua relazione ha presentato il lavoro fatto finora dal
Coordinamento con due esposti, varie assemblee e raccolta firme che presto
saranno presentate sia al ministero dell’ambiente e sia alla regione. Ha elencato
chi fa parte del coordinamento (trovate qui la lista su Il
Coordinamento Acqua Libera dai pfas e i referenti territoriali)Ha, poi, letto ciò che abbiamo
chiesto come Legambiente e Coordinamento alla Commissione Bicamerale
d'Inchiesta sugli Illeciti dei Rifiuti durante un audizione il 22 giugno
scorso. La trovate qui in allegato. http://acqualiberadaipfas.blogspot.it/2016_06_01_archive.htm
Alla fine
abbiamo posto delle domande come coordinamento al sindaco - trovate anche
queste in allegato - (ci mancano ancora delle risposte dal Sindaco).
Il sindaco
dopo la relazione del dottor Cordiano si è alzato di scatto dicendo che non
accetta le tesi mediche di Cordiano, che è impossibile sospendere l'acqua a 17
mila cittadini e che queste sostanze non sono cancerogene.
La nostra
considerazione è che non ci
si deve concentrare solo sulla cancerogenicità dei PFAS ma anche sulle altre
patologie che gli stessi provocano. Non cadiamo nel tranello per cui se non c'è
rischio cancro sia acqua di rose. Vogliamo acqua potabile e buona che significa
esente da qualsiasi prodotto di sintesi chimica.
Una delle risposte del sindaco era un’esortazione a tutti a cambiare
abitudini, a non aspettare dall’alto (istituzioni) che arrivino le soluzioni e
i provvedimenti i quali possono subire lungaggini burocratiche e giochi di
potere.
La nostra risposta a queste affermazioni era, se vogliamo, insita
nell’introduzione di Margherita Chiappini che ha presentato la realtà del GAS
formato da persone, cittadini che si organizzano e incidono nella fetta di
società in cui vivono. Questo però non toglie che come cittadini, appunto, non
si debba pretendere dalle nostre istituzioni le risposte secondo le
responsabilità a cui sono chiamate.
Al nostro convegno erano stati invitati tutti i sindaci dei comuni dello
studio SER ed erano presenti tre sindaci. Sono stati invitati anche i
Consiglieri regionali e comunali che finora si sono occupati dell'inquinamento
ed erano presenti Cristina Guarda e Manuel Brusco per la regione e tanti
consiglieri comunali di minoranza e qualche assessore. Nessuno della Coldiretti
e della RSU della Miteni che avevamo invitato - anche se il responsabile RSU
della Miteni ci ha risposto che non poteva causa di un altro impegno importante
ma che sta seguendo l'evoluzione della questione e spera sia fatta giustizia.
ViVerBio GAS Lonigo e Coordinamento Acqua libera dai Pfas
Iniziato il nostro convegno a Lonigo e Margherita spiega cos'è il nostro gruppo Gas e presenta i relatori